La Cina ci è vicina, Francesco Wu: «Siamo preparati ad aiutarvi perché ci siamo passati prima»

Wu (Uniic): «Eravamo più informati e abbiamo capito prima il problema»

comunità cinese
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C’è una comunità che si è barricata in casa già da due settimane. Ma che silenziosamente sta aiutando più di tutti il sistema sanitario di Milano.

 

La comunità cinese: «Noi al vostro fianco»

E’ quella cinese, che conosce più di tutti il dramma dell’emergenza coronavirus. Proprio ora che la Repubblica Popolare sta mettendo la testa fuori dalla quarantena, in città il quartiere intorno a via Paolo Sarpi è a dir poco spettrale. Le donazioni si moltiplicano. «Avremo sicuramente superato il milione di euro», racconta a Mi-Tomorrow Francesco Wu, presidente di Uniic (Unione Imprenditori Italia Cina).

Comunità cinese, parla Francesco Wu

Quale aiuto concreto state offrendo?
«Sono anch’io colpito da una miriade di iniziative che stanno partendo da piccole associazioni cinesi presenti qui in città. Siamo mobilitati, in particolare, per il Sacco, per il Niguarda e per la Regione».

Anche dalla Cina arrivano aiuti…
«Certo, sono in arrivo 2.500 tamponi. E ci stiamo muovendo anche per altri territori, come ad esempio in Piemonte, in Toscana e a Roma. Superiamo abbondantemente il milione di euro se mettiamo insieme tutto, qualcosa di paragonabile a quello che stanno facendo grandi aziende italiane per il sistema sanitario».

E’ questione di sensibilità dovuta a quanto la Cina ha vissuto nelle scorse settimane?
«Di sicuro, posso dire che il governo cinese ha dato priorità all’Italia per la fornitura di respiratori polmonari. I primi mille sono in arrivo e sono identici a quelli utilizzati a Wuhan. E 4.000 tamponi, 20.000 tute protettive e 100.000 mascherine ad elevata tecnologia e 2.000.000 milioni di mascherine ordinarie. Questo è materiale è in partenza dalla Repubblica Popolare».

Perché Chinatown ha chiuso prima di ogni decreto?
«Abbiamo capito prima il problema rispetto al resto della popolazione. Non perché siamo più intelligenti, ma perché eravamo più informati su quello che era accaduto in Cina. Avevamo capito subito che responsabilmente non bisognava contribuire al contagio».

E gli italiani faticano ancora a capirlo?
«Ho ascoltato le parole del premier Giuseppe Conte. L’Italia vuole fare le cose in modo graduale altrimenti probabilmente la popolazione non riesce a comprendere la portata dell’emergenza. Anziché metterci tre settimane, bastavano forse dieci giorni. Ci vuole coraggio in questi casi».

Quando riaprirete le attività in via Sarpi?
«Quando la situazione sarà davvero tranquilla senza rischi».

Siete preoccupati per le ricadute economiche?
«Pagheremo una certa cocciutaggine dei politici italiani e, come tutti, avremo bisogno di aiuti. Ci aspettiamo tanti fallimenti, ma tutto dovrà ripartire presto altrimenti avremo un’altra epidemia, stavolta economica».

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