Fase 2, più facile a dirsi: siamo davvero pronti per ripartire?

Tour per la città nell’unico giorno di pioggia degli ultimi tempi, che non sembra però aver chiarito le idee sul post lockdown: siamo davvero pronti per ripartire?

Fase 2. Milano ha tanta voglia di ripartire: sì. Milano è pronta per farlo: un po’ meno. Lunedì scorso è stato un giorno importante per la metropoli che, a due settimane dalla data stabilita per il teorico termine del lockdown, ha visto riaprire alcune attività commerciali ritenute in questo momento di prima necessità, come negozi di abbigliamento per bambini e cartolerie.

 

Fase 2, il nostro reportage per Milano

In realtà il desiderio di rimettersi in moto a Milano si è avvertito già da prima di Pasqua, quando altri esercizi autorizzati hanno aperto bottega nonostante la situazione contagi fosse ancora critica e il decreto vietasse ancora inderogabilmente ai cittadini di uscire di casa, se non per necessità impellenti. Bakery e bar, negozi di telefonia, ottici sono aperti già da un pezzo.

Primi tentativi. In un insolito lunedì di pioggia – insolito, dopo circa due mesi di sole ininterrotto -, corso San Gottardo è apparso piuttosto vivo e trafficato. Lunghe code fuori dai minimarket e dagli alimentari, ma anche tanto “via vai” con cani al seguito, con sacchetti della spesa, a passeggio. Più gente rispetto a qualche settimana prima, sì, ma a primo colpo d’occhio poco è cambiato tra i negozi aperti.

Una bakery di una celebre catena internazionale è aperta con le porte spalancate e l’unico dipendente in servizio alle prese con le pulizie e la sistemazione della merce ammette che «siamo aperti già da un paio di settimane, ma entra poca gente. Misure di sicurezza? Ah non so, io faccio entrare al massimo due persone per volta, per rispettare la distanza». Idee poco chiare, il minimo indispensabile.

Chi sì, chi no. Di fronte ancora un negozio aperto, di un’altra catena. Questa volta ci accoglie subito un cartello che impone l’ingresso ad un massimo di due persone, munite di protezione per le vie respiratorie e il mantenimento della distanza di 150 centimetri tra i clienti.

Entriamo. La commessa è rigorosamente dotata di mascherina e guanti. Spiega che hanno aperto da pochi minuti e che è entrato un solo cliente, al quale comunque ha offerto guanti e gel igienizzante.

Più avanti, un negozio di ortopedia sportiva: all’ingresso, una dipendente munita di termometro a infrarossi e igienizzante. Insieme al collega ci racconta di come siano aperti da prima di Pasqua e di come l’affluenza sia stata praticamente nulla:

«Crediamo sia giusto ripartire e riaprire i negozi, con le dovute precauzioni. Noi misuriamo la temperatura ai clienti, li facciamo entrare uno alla volta e poi disinfettiamo bancone e tutto ciò che viene maneggiato con l’alcol appena abbiamo concluso con ciascuno».

Allo stesso modo, però, confermano di non aver ancora ricevuto disposizioni dettagliate e ufficiali da parte degli enti competenti.

Fase 2, viaggio in centro

Superiamo piazza 24 Maggio e raggiungiamo corso di Porta Ticinese. Oltre a raduni poco consoni di delivery-runner, lungo la strada praticamente nulla è aperto, se non un negozio di abbigliamento in pieno controllo da parte della Guardia di Finanza.

Solo un market aperto, qualche signore in fila, affluenza pari a zero: più ci si avvicina verso le vie centrali, più il lockdown è effettivo. Allo stesso modo corso Buenos Aires, la via più ampia dello shopping meneghino: le anime si contano sulle dita di una mano, così come le saracinesche alzate.

La guardia di un noto store di abbigliamento spiega che è possibile entrare e acquistare esclusivamente nel reparto riservato ai bambini e che tutto il resto del negozio resta off-limits. Lui indossa la mascherina, ma non i guanti. E a portata di mano non sembra averne per la clientela. Come non vediamo distributori di gel disinfettante.

Scarsa preparazione. In Cadorna è impossibile non registrare del movimento: contiamo almeno 150 passaggi nel giro di mezz’ora, nonostante la pioggia battente. Qui anche diversi locali aperti.

Colpisce particolarmente la testimonianza di una dottoressa, titolare di un negozio di ottica: «Penso che siamo pronti per ripartire, anche perché così noi commercianti non possiamo continuare. Il numero dei contagiati sta diminuendo, la situazione complessivamente sta migliorando: sono sicura che tutti i cittadini ora siano più accorti e responsabili e con le dovute precauzioni ce la possiamo fare».

Qualche vetrina più in là, in una farmacia registriamo ingressi di cittadini a volto scoperto. Insomma, speranza immediatamente smentita. Milano vuole ripartire, da sempre. Ma sarà in grado?