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19. 04. 2024 23:31

Cercasi manodopera: tornare a lavoro o mantenere reddito di cittadinanza e disoccupazione?

E’ la settimana degli aiuti del decreto Sostegni Bis, ma sulle riaperture è caccia alle risorse umane

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Tutti pronti a riaprire, ma uno dei gravi problemi del momento per le imprese è reperire gente da mettere al lavoro. Colpa soprattutto dei vari sostegni ai lavoratori che in molti casi, con l’estate alle porte, induce a rinunciare a contratti stabili per mantenere reddito di cittadinanza o disoccupazione. Poi dopo l’estate si vedrà. Nel frattempo, fiocca anche il nero. E’ il rovescio della medaglia della politica di aiuti messi a disposizione dal Governo.

Decreto sostegni bis: misura sufficiente?

Se il primo decreto sostegni dello scorso marzo aveva lasciato a desiderare alcune categorie, in particolare del lavoro autonomo, il provvedimento bis varato la scorsa settimana sembra avere ottenuto maggiori consensi.

Non solo per l’entità dei fondi, ben 40 miliardi di euro messi in campo per la ripresa, ma anche per l’ampiezza degli interventi che riguardano imprese, lavoro, professioni, giovani e servizi territoriali. Le risorse sono così ripartite: 17 miliardi per imprese e professionisti, 9 per imprese destinati ad aiuti sul credito, 4 ai lavoratori e alle fasce in difficoltà. Vediamo nel dettaglio com’è articolato il provvedimento.

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I ristori

Sono previsti ristori a fondo perduto, norme in favore dell’occupazione, risorse per le attività chiuse, la sanità e il settore agricolo. I contributi sono di due tipi: quelli automatici a fondo perduto erogati in base alla perdita di almeno il 30% del fatturato tra 2020 e 2019, con un’integrazione per le chiusure dei primi tre mesi dell’anno, e un fondo di perequazione per assicurare un conguaglio di fine anno in base ai risultati di esercizio.

Le locazioni

Le imprese danneggiate dalle chiusure potranno beneficiare di un credito d’imposta per i canoni di locazione, da gennaio a maggio 2021, a condizione che si siano registrate perdite almeno del 30% tra questi due intervalli: 1° aprile 2020-30 marzo 2021 e 1° aprile 2019-30 marzo 2020. Stessa misura, ma fino al 31 luglio, in favore di imprese turistico-ricettive, agenzie di viaggio, tour operator.

Il turismo

Ammonta a 3,34 miliardi il nuovo provvedimento a favore del turismo, in aggiunta a 1,7 milioni già stanziati dal primo Decreto Sostegni. Previsto il bonus vacanze che potrà essere impiegato anche tramite le agenzie di viaggio ed i tour operator.

Squeri (Epam): «Il Governo ci aiuti a farli tornare»

L’unica notizia buona è che i locali pubblici hanno ripreso l’attività. Lo dice Carlo Squeri, segretario di Epam, che spiega a Mi-Tomorrow che per la categoria si tratta ora di risalire la china con grande fatica.

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Carlo Squeri

Iniziamo con un bilancio di questo primo mese di riavvio.
«Ha luci e ombre: è soddisfacente per chi ha potuto lavorare nonostante un meteo poco clemente. Usando un eufemismo non lo è per quel 50% che non ha potuto usufruire degli spazi all’aperto».

Chi si trova più in difficoltà?
«Le attività prettamente invernali e serali che di fatto sono ferme da 16 mesi: tra questi penso soprattutto ai pub. Detto questo è difficile fare un discorso in generale, il settore è variegato, c’è di tutto».

La pandemia ha introdotto novità forse strutturali.
«Certo, basti pensare allo smart working che ha ridotto di molto le presenze in centro».

Anche i tavolini all’aperto diventeranno la regola?
«Questo inverno il Comune ha elaborato, con finalità apprezzabili, un programma per il dopo covid che prevede assegnazioni più stringenti degli spazi all’aperto: è un discorso ragionevole, bisogna considerare anche il problema dei posteggi dei residenti».

Sinora sono stati importanti?
«Sì, ora è più semplice disporre di spazi che si sono rivelati di importanza vitale».

In questi giorni sta emergendo un problema imprevisto: manca la manodopera, come si spiega?
«Ci sono due ragioni. Di fronte alla prospettiva di tornare a lavorare 40-45 ore la settimana ci sono coloro che preferiscono restare a casa e accontentarsi del reddito di cittadinanza o della cassa integrazione».

Qual è la seconda?
«Tra i lavoratori collocati in cassa integrazione, che però non copre l’intero stipendio, consiste in 6-700 rispetto ad stipendio di 13-400 euro, molti hanno cercato un’altra occupazione per garantire un reddito alla propria famiglia, in modo particolare nella grande distribuzione».

Perché non riprendono il loro lavoro nei locali?
«Spesso hanno raggiunto sistemazioni più stabili, ci pensano due volte prima di lasciare il lavoro che hanno trovato».

Come si può ovviare?
«Dobbiamo essere in grado di offrire contratti a tempo indeterminato, questo si può fare solo se riceviamo sostegni che ci consentano, ad esempio, di realizzare sgravi contributivi».

Come vede il futuro?
«Tanti esercenti si sono indebitati, bisognerà recuperare il debito, avremo bisogno di aiuti: penso al credito d’imposta sulle locazioni, all’abbattimento dei tributi come la Tari che sarebbe assurdo fare pagare a chi non ha lavorato».

Griffini (Cgil): «Basta con chiamate di pochi giorni»

Sul fronte occupazionale la situazione è molto pesante, si sconta la pandemia e anche vecchie tare del settore mai sanate. Roberta Griffini, segretario del Filcams Cgil di Milano, il sindacato del commercio e del turismo, spiega quali sono i passi da fare per rilanciare il lavoro in città.

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Roberta Griffini

Quanti sono gli impiegati nel settore?
«Tra i 90 e i 100mila».

Non pochi, qual è la situazione generale?
«Preoccupante, l’assenza del turismo e lo smart working si sono fatti sentire, solo nelle ultime settimane c’è stata una ripresa: è stato evitato un dramma sociale solo grazie al blocco dei licenziamenti e agli ammortizzatori».

La stagione estiva può favorire un recupero occupazionale?
«Purtroppo molto contratti stagionali non sono stati attivati e quelli precari sono persi».

Quanto è presente il nero?
«Il nero e il grigio sono molto diffusi: ritengo che la legalità sia un tema molto importante per la ripartenza».

Cosa intende per lavoro grigio?
«E’ quello che in parte rispetta le regole e in parte no, ad esempio si sottoscrive un impegno per un numero di ore e si pagano in nero quelle fuori dal contratto: i lavoratori lo accettano perché hanno bisogno di lavorare. Anche se ora qualcosa sta cambiando rispetto al periodo della pandemia».

In che termini?
«Prima c’era più disponibilità ad accettare contratti irregolari, ora prevale la ricerca di stabilità e sicurezza».

E’ per questo motivo che gli esercenti stanno lamentando difficoltà nell’assumere personale?
«Sì, non è possibile offrire un contratto a chiamata con il rischio di tornare a casa dopo tre giorni: in questi casi un lavoratore, anche se vorrebbe tornare a lavorare in un bar, preferisce rifiutare e cercare un altro tipo di lavoro».

Magari ci sono coloro che preferiscono stare a casa con il reddito di cittadinanza o la cassa integrazione.
«Credo che siano pochi a fare questa scelta, sono sostegni lontani dallo stipendio pieno».

Non è facile per i datori di lavori, colpiti dalla pandemia, offrire soluzioni lavorative adeguate alla domanda.
«Sappiamo bene che la situazione è quella che è ma è giunto il momento di fare un altro tipo di ragionamento: bisogna capire che questo è un settore di centrale importanza e che occorre riconoscere la professionalità dei lavoratori, il loro essere preziosi».

Quale può essere un primo passo in questa direzione?
«Basta applicare il contratto nazionale invece di proporre uno precario, non è una cosa complicata».

Quale, invece, per fare ripartire il settore dal punto di vista economico?
«Il nodo sta nel turismo che si è quasi azzerato, occorrono politiche per farlo ritornare a Milano».

 

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