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04. 10. 2024 16:29

Dieci anni anche per il Bosco Verticale, Stefano Boeri: «Un esperimento di successo che ha reso possibile l’impossibile»

Dieci anni fa, mentre nasceva MI-Tomorrow, veniva inaugurato il progetto più iconico della Milano contemporanea. L’architetto che riceverà il premio Milano Che Verrà, racconta tutto della sua creatura più conosciuta: «Nell’immediato venne apprezzato soprattutto a livello internazionale, meno compreso dai critici italiani»

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Dieci anni per un architetto sono un arco importante di vita professionale, ancora di più quando si tratta di Stefano Boeri che ha marcato con la sua attività lo sviluppo di questa città firmando opere e iniziative altamente simboliche, su tutte il Bosco Verticale, inaugurato il 10 ottobre 2024, proprio nel periodo in cui nasceva Mi-Tomorrow. A lui il 9 ottobre sarà assegnato il premio Milano Che Verrà.

Stefano Boeri, che riceverà il premio Milano Che Verrà: «Bisogna capire che l’edilizia sociale è un’opportunità anche per chi costruisce, come avviene in tante grandi città»

Stefano Boeri

Il Bosco Verticale è diventato qualcosa di più di un grattacielo.
«Ha raccontato un modo diverso di vivere, con l’idea di renderlo accessibile a tutti».

Oggi solo pochi possono viverci.
«All’inizio non era così, i prezzi non erano proibitivi. Ad ogni modo il discorso dell’accessibilità al Bosco Verticale è attuale, come dimostra quello realizzato ad Eindhoven».

Com’è stato possibile?
«Costruendo a costi più bassi, in Olanda è stato un grande successo».

Si può replicare qui?
«Certo, bisogna capire che l’edilizia sociale è un’opportunità anche per chi costruisce, come avviene in tante grandi città».

Come nacque l’idea del Bosco Verticale?
«E’ un’idea che nasce da un’antica passione per gli alberi e dal tentativo di coniugare architettura e botanica e soprattutto di portare gli alberi come creature viventi a contatto con l’architettura. Poi per fortuna mi è capitato di trasformare questa idea in un progetto concreto nel 2007, quando Manfredi Catella e Gerald Hines mi hanno proposto di realizzare queste due torri a Porta Nuova».

Come sono state scelte le piante?
«Sono state scelte da Emanuela Borio e da Laura Gatti che erano e sono ancora botanici e agronomi con cui collaboriamo. Sono state scelte tra piante autoctone, appartenenti al territorio e alla foresta tradizionale lombarda, ma anche tenendo conto della diversa esposizione al sole, del diverso grado di umidità e della diversa situazione di ventosità che si possono trovare a quote diverse. In questi anni c’è stata una straordinaria risposta da parte del mondo vegetale ed è la conferma che questo esperimento, almeno da questo punto di vista, ha funzionato bene».

Il Bosco Verticale è diventato un simbolo di Milano, al pari di monumenti storici. Si aspettava questo risultato?
«Forse a questo livello no. Soprattutto la reazione internazionale è stata in parte inaspettata perché è stata immediata, con due premi internazionali ricevuti già nel 2015. In Italia è stato più difficile, c’era molto scetticismo, molti dubbi che questo potesse essere un esperimento di successo e invece devo dire che alla fine lo è stato, soprattutto per noi, perché è diventato un caso studio, un prototipo sul quale abbiamo poi realizzato una specie di famiglia con una dozzina di “figli” costruiti, una quindicina in costruzione e 50-60 progettati».

Cosa ha pensato quando lo ha visto rappresentato con i mattoncini del Lego?
«Che metteva finalmente in evidenza che si tratta di un progetto che rende possibile l’impossibile, che gioca sul piano del fantastico. I più grandi sostenitori del Bosco sono stati proprio i bambini, prima ancora della critica, soprattutto quella italiana, che lo ha guardato un po’ con la puzza sotto il naso, considerandolo troppo pop. Continuano ad arrivarmi disegni e plastici realizzati da tanti bambini. Questo lo trovo bellissimo».

Come si è evoluto il quartiere Isola, grazie al Bosco Verticale?
«Siamo passati indiscutibilmente da un gigantesco buco nero della città a uno dei luoghi più frequentati, penso alla Biblioteca degli Alberi, a piazza Gae Aulenti, che sono luoghi conquistati dalla città e a disposizione di tutti. Questa è stata una grande vittoria. Il Bosco Verticale ha apportato il suo contributo perché in qualche modo è legato alla Biblioteca degli Alberi, è come se il parco salisse nel cielo e come se gli alberi del bosco scendessero nel parco. Poi sul quartiere Isola bisogna dire che, come succede con questi grandi progetti che sorgono su aree abbandonate, porta grandi vantaggi, ma anche svantaggi, come l’aumento dei prezzi delle case e del valore del suolo, aspetti che vanno seguiti con grande attenzione».

Se dovesse progettarlo oggi, nel 2024, lo farebbe nello stesso modo o cambierebbe qualcosa?
«Qualche anno fa abbiamo vinto una gara per un progetto molto vicino, all’incrocio con via Melchiorre Gioia. Si tratta di una torre che abbiamo chiamato Botanica, pensata per avere dei balconi a 360° che girano attorno a tutto l’edificio e che piano per piano hanno un mix di vegetazione uniforme. Una delle cose incredibili del Bosco Verticale è il continuo cambiamento della dimensione della natura. Ecco, questa torre, che io spero realizzeremo, cambierà colore ancora di più, sarà un grande termometro stagionale verticale».

Come festeggerà i dieci anni del Bosco?
«Li festeggeremo tutti insieme in studio e soprattutto con un libro che abbiamo curato per Rizzoli International. Un libro che racconta questi dieci anni dando voce ad alcuni architetti e pensatori internazionali e che racconta un po’ i segreti del Bosco. Sarà una bella sorpresa».

E proprio dieci anni fa nasceva anche Mi-Tomorrow. Cosa significa per lei ricevere questo premio?
«E’ bellissimo, sono emozionato. E’ un riconoscimento che viene da una voce libera e indipendente che ha costruito un racconto su Milano estremamente contemporaneo e che non si lascia condizionare dalla politica né dai cliché su Milano. Per me è quindi un motivo di orgoglio e di grande riconoscimento».

Dal suo punto di vista, come può proseguire Mi-Tomorrow il suo racconto su Milano?
«Io proverei a far parlare di Milano ancora di più la generazione dei ragazzi dai 12 ai 25 anni. Milano è una città universitaria: decine di migliaia di studenti fuori sede, moltissimi studenti internazionali. Abbiamo una comunità di ragazzi afro-italiani straordinaria e poco conosciuta alla quale sarebbe bello dare più voce».

 

Stefano Boeri, chi è

Nato a Milano nel 1956, Stefano Boeri si laurea in architettura al Politecnico di Milano nel 1980, dove tutt’ora è professore Ordinario di Urbanistica. Nel 2008 nasce Stefano Boeri Architetti e dal 2018 è Presidente della Fondazione La Triennale di Milano e dal 2020 è presidente del Comitato Scientifico di Forestami, il progetto volto a piantare 3 milioni di alberi nell’area metropolitana di Milano entro il 2030. E’ una delle “archistar” più apprezzate a livello internazionale e il Bosco Verticale è il suo progetto più conosciuto. Mi-Tomorrow gli consegnerà il premio Milano Che Verrà.

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