L’ imprenditrice 56enne che accusa Paolo Massari, giornalista ed ex assessore, di stupro ha rilasciato alcune dichiarazioni al Corriere della Sera.
L’aperitivo. I fatti hanno inizio presso il Bar Basso di Viale Abruzzi dove i due ex compagni di scuola – entrambi frequentavano il liceo Parini – si sono incontrati per un aperitivo. «Sono imprenditrice e Paolo aveva proposto un articolo di approfondimento sul mio mondo – ha raccontato la donna -. Come molti, come moltissimi, sto pagando un prezzo alto alla pandemia, il lavoro non c’è, si fa fatica, le prospettive sono preoccupanti. Ho accettato così l’aperitivo e l’ammetto, è stato un momento piacevole».
Lo stupro. Attualmente la polizia sta indagando sui fatti basandosi sulla testimonianza della donna, i referti medici e anche le macchie di sangue rinvenute sul divano di Massari. Secondo quanto appreso Massari avrebbe portato la donna nella sua abitazione con la scusa di lasciare il motorino e prendere la macchina in vista del temporale.
«Paolo ha avuto una velocissima metamorfosi, ha iniziato a dare ordini e pretendere che li eseguissi, mi ha umiliata, voleva che fossi la sua schiava – ha continuato il racconto la donna -. Aveva quel ghigno. Ero da un lato bloccata, paralizzata, e dall’altro ho deciso di gestire la situazione, di cercare di controllarla per quanto potessi, avevo quel pensiero fisso, sempre lo stesso: “Mi ammazza”. All’improvviso, forse appagato, si è fermato e ha acceso una sigaretta. La saracinesca del box, adiacente il seminterrato, aveva un pertugio alla base, non so neanche come sia riuscita a passarci, ma ci sono riuscita, ho percorso un vialetto, sono sbucata in strada. Lui era alle mie spalle, sullo sfondo. Calmo, rilassato. Ripeteva: “Rientra, non far la matta”. Non mi stupirei se ci fossero state altre donne».
Le paure. Il timore più grande della donna è quello di non essere creduta. «Ho sentito e mi hanno riferito strane voci che stanno circolando negli ambienti mediatici e non soltanto in quelli – ha ancora aggiunto -. Voci secondo le quali mi starei inventando tutto, poiché il rapporto sarebbe stato consenziente, starei esagerando in relazione a chissà quale perfida macchinazione. Ma scusate un po’, il tutto a quale vantaggio? Quale? Io tremo all’idea che possa uscire il mio nome, che i miei genitori vengano a saperlo».