Di “Immuni” ancora non c’è traccia. Doveva essere l’applicazione necessaria per la Fase 2. Invece la Fase 2 è iniziata e dell’app non vi è notizia.
App Immuni, cosa è accaduto
Perché? Se, da una parte, sappiamo con certezza assoluta che la società che l’ha progettata, la Bending Spoons di Milano, ha messo tutto nelle mani del Governo, dall’altra, è evidente come l’iniziativa tecnologica per censire i nostri contatti e allertarci in caso di contagi si sia arenata nelle stanze “dei bottoni”.
Ora anche gli esperti ci dicono che l’app è solo uno strumento, ma non risolutivo. Condivisibile, ma in contraddizione con quanto diceva un mese fa il commissario straordinario Domenico Arcuri, che, di fatto, non intravedeva possibilità di riprendere gradualmente la nostra vita senza aver scaricato l’app sul proprio telefono.
Che cosa blocca tutto? Sembra che il nodo sia intorno alla privacy. E qui potremmo aprire un altro dibattito, raffrontando quanto avvenuto in altre parti del mondo. C’è il caso della Cina, ad esempio, che – da Repubblica “autoritaria” qual è – impone lo scaricamento dell’app per entrare nelle città, per prendere treni o prenotare ristoranti, geolocalizzando i positivi al Covid-19.
Oppure il più democratico Regno Unito che ha comunque realizzato un’applicazione che comprende l’individuazione dei contagiati con un approccio “forte”. Noi, invece, siamo qui a comprendere se sia meglio far compilare solo questionari anonimi o prevedere almeno l’utilizzo del bluetooth per sapere quali persone sono entrate in contatto con noi.
App Immuni, le scelte di Apple, Google e Regioni
Dal canto loro, Apple e Google, hanno fatto passi avanti con la pubblicazione del “codice sorgente”, ma varrà comunque sempre l’adesione volontaria dell’utente. Intanto, diverse Regioni si stanno muovendo per sistemi più rapidi e differenziati. Come per le misure restrittive o di allentamento, e così per i sistemi sanitari territoriali, assisteremo nuovamente ad un ordine sparso alquanto stucchevole.
