Di festeggiare Pasqua ci sarà poca voglia. Alcuni non potranno nemmeno permettersi il lusso di farlo, di prendersi una pausa dalla loro attività nell’emergenza.
Pasqua, tutto fuorché un momento di pace
C’è chi sarà solo, chi continuerà ad elaborare un lutto, chi continuerà a pregare per non doverlo fare presto. Tutto sarà, questa domenica di Pasqua, fuorché un momento di pace. Anche perché, dopo un iniziale momento di slancio e di unione, sono anche finiti i flash mob dai balconi, i sorrisi tra vicini, le videochiamate non ci bastano più.
È il momento più duro. Forse il primo momento duro per chi ha il lusso di non essere direttamente a contatto con chi sta affrontando un dramma. Perché, inutile nasconderlo, finché non ti sfiora non ci pensi e, anzi, credi di essere inutilmente segregato in casa. I problemi sono come trascorrere il tempo, come occupare le giornate, come non impazzire. No. I problemi non sono questi.
Pasqua, il “bubbone” delle Rsa
E c’è qualcuno che deve avere il coraggio di dirlo, soprattutto se la cifra dei morti si avvicina a 20mila unità, se spuntano come funghi situazioni di malasanità difficilmente arginabili: dalle mascherine ai tamponi (sempre di più, ma mai abbastanza), fino al bubbone delle Rsa (di cui già vi parlammo quindici giorni fa) e del Pio Albergo Trivulzio, alla terza bufera dai tempi di Mani Pulite.
Su Facebook, vi abbiamo chiesto se al momento vi fidiate maggiormente del Comune o della Regione. E probabilmente abbiamo sbagliato anche noi a chiedervelo, ma la verità è che – anche quando tutti, tutti dovremmo remare nella stessa direzione – si trova sempre l’occasione per puntare il dito contro l’altro ancor prima di pensare ad una soluzione condivisa. Utopia di una Pasqua che, mai come quest’anno, di “pasquale” porterà solo il nome.
