Lavoro agile, il coronavirus ha dato un’opportunità

Il coronavirus ha il merito di accelerare il progresso nelle professioni

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Avevamo cominciato a scoprirlo cinque anni fa a Milano con una giornata ad hoc istituita dal Comune. Il “lavoro agile” ha poi conquistato un’intera settimana, a maggio. Ora l’emergenza coronavirus ha imposto a molte aziende, grandi e piccole, di decretare la possibilità di lavorare da casa.

 

Lavoro agile, il decreto del Governo

E così lo “smart working” è diventato una vera e propria legge, grazie ad un decreto attuativo approvato in fretta e furia dal Governo. Per qualche realtà è stata una sorpresa, per altre la conferma di misure già da tempo regolamentate. La novità è che se prima serviva un accordo individuale tra azienda e lavoratore, secondo la legge 81/2017, ora le imprese possono attuare il lavoro agile immediatamente, senza aspettare.

L’inizio. Chiara Bisconti è stata tra i pionieri dello smart working in Italia introducendolo sia nel settore privato che in quello pubblico. Oggi presidente della Milanosport, da assessore al Benessere e Tempo libero del Comune di Milano nella giunta di Giuliano Pisapia, raccontò a Mi-Tomorrow come tutto nacque nel 2008:

«Ero responsabile della risorse umane della San Pellegrino, società del gruppo Nestlè: facemmo un accordo in cui si introduceva, in via sperimentale, il lavoro agile sugli orari che prevedeva uno o due giorni di lavoro a casa. Le difficoltà allora erano di due ordini: allora mancava una legge sul lavoro agile e dovevamo convincere i privati, sensibilizzare l’azienda sulla bontà della proposta».

E ancora: «Una della cose che mi infastidisce è concepirlo a favore della donna: gli impegni in una famiglia devono essere spalmati anche sugli uomini. Anche in ufficio un lavoratore può imboscarsi, con il lavoro agile c’è invece la possibilità di esprimere tutta la propria potenzialità».

Quindi la previsione: «Nelle grandi aziende il lavoro agile è molto diffuso, nella Pubblica Amministrazione si stanno facendo passi avanti. E’ una strada irreversibile per due motivi. In primo luogo all’estero, nei paesi più sviluppati si lavora così, in secondo i millenials chiedono il lavoro agile. Ci sarebbe, infine, anche un ulteriore motivo che lo favorisce».

Lavoro agile, come siamo messi

A Milano la percentuale di adozione di smart working si aggira attorno al 44% e risulta la città più all’avanguardia d’Italia. E’ dimostrato come le aziende che implementano progetti di smart working aumentino la produttività dei collaboratori del 15% e riducano l’assenteismo del 20%.

E ancora: le imprese che praticano il lavoro agile abbassano del 30% i costi di gestione degli uffici. Ne deriva che il miglioramento dell’equilibrio fra lavoro e vita privata è per circa l’80% dei lavoratori. Solo il 18% si ritiene soddisfatto dell’organizzazione tradizionale del lavoro, con la conseguente riduzione del rendimento.

Vogliamo fare paragoni con il resto del mondo? Il Paese più flessibile in Europa è attualmente la Svezia, con il 51% di lavoratori smart. La strada è ancora lunga, come testimoniò l’anno scorso il sindaco Giuseppe Sala, nel numero 1000 di Mi-Tomorrow:

«C’è ancora una distanza siderale nella concezione del mondo del lavoro con gli Stati Uniti. Qui subiamo il fantasma di Amazon o il fenomeno dei riders, ma in America il lavoro in remoto sta diventando una realtà, così come le nuove professioni legate alle tecnologie. Noi siamo oggettivamente indietro».

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