Modello Milano, perché sbagliamo ad insistere su certi confronti

modello milano
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“Modello Milano” è una formula fortunata forse, ma che vuol dire molto poco se non si entra nel merito e nel metodo.

 

Spesso si è tentati di paragonare Milano alle grandi capitali europee, cercando di adattare e di ispirare a esse quel famigerato modello di cui tanto si parla. Ma la nostra città, più che a Londra, Berlino, Parigi, dovrebbe forse guardare ad altre esperienze.

Per esempio Amburgo, la più popolosa città europea tra le non capitali: 1 milione e 800 mila abitanti, due squadre di calcio di cui una, il St. Pauli, che pur militando in serie B è diventata un vero e proprio fenomeno globale culturale, sociale e politico oltre che sportivo, con tifosi che arrivano da ogni parte del mondo.

Una città portuale ma anche di servizi, in cui le persone si muovono prevalentemente con i mezzi pubblici ma non per imposizione quanto per comodità (incredibile vedere le migliaia di cittadini in metro il sabato notte, di tutte le età, con i mezzi funzionanti fino all’alba). Un luogo che ha saputo trasformare un quartiere difficile come St. Pauli in una meta cult per migliaia di turisti, viaggiatori, persone che lì si trasferiscono. Anche con una visione non bigotta e khomeinista della morale, anzi valorizzando l’essere libertari e non moralisti.

Tutto ciò è possibile anche per lo statuto particolare di Amburgo, lascito anche dell’orgogliosa tradizione della Lega Anseatica. Amburgo infatti è una Città Stato, con una sua organizzazione e operatività autonoma. Uno status che servirebbe anche a Milano, insieme a quelle due/tre qualità sopracitate.


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