Una volta qui era tutto “resilienza”, poi improvvisamente è diventato tutto “iconico”, sarebbe da studiare il fascino che esercitano le parole soprattutto quando vengono usate senza rispettarne il significato e il contesto. Adesso c’è un altro termine che sta acquistando popolarità. È “Overtourism”.
Dopo aver parlato per anni di “città a quindici minuti”, senza tra l’altro fare poi nulla (anzi riducendo alcuni uffici pubblici decentrati) e senza spiegare cosa significa, adesso la politica si concentra su questo inglesismo. C’è un eccesso di turismo, sostengono molti, non di qualità (domanda: chi la decide la qualità?). Un eccesso che porta all’esplosione del fenomeno degli affitti brevi a scapito di studenti e cittadini (eppure si parlava di grandi piani sulle case e ci sono migliaia di alloggi pubblici inutilizzati e inutilizzabili).
Overtourism, la grande contraddizione
Non si può, a riguardo, non sottolineare una grande contraddizione. Come si fa a tuonare contro l’eccesso di arrivi nelle nostre città (arrivi che, per inciso, comunque generano un indotto economico) e poi riempire il calendario di settimane a tema. Fashion week, design week, settimana della musica, della letteratura, dello sport, del digitale e possiamo essere sicuri che in futuro se ne aggiungeranno altre e sempre più fantasiose.
Una schizofrenia politica che impressiona, se non fosse che spesso i temi di dibattito politico finiscono per diventare un diversivo per non affrontare i problemi sul tavolo, su cui serve lavoro, pazienza, competenza e non basta un clic su una pagina social.