Qualcuno, già durante il lockdown, aveva provato a mettere in guardia sul ritardo e sull’assenza di strategia in merito alla scuola, alla necessità di prepararsi per tempo per il ritorno in classe di bambini e ragazzi e di rilanciare il sistema formativo italiano nel suo complesso, mettendo mano finalmente a una riforma che da troppo tempo si aspetta.
Purtroppo quel timore sta diventando, giorno dopo giorno, una triste realtà. Sono troppi gli istituti che non sono ripartiti a pieno regime, mancano gli insegnanti e le nomine non sono state sbloccate in modo tempestivo. Molti alunni sono obbligati ad andare a scuola a turni, le lezioni in presenza non sono la normalità e quelle a distanza mostrano i problemi già evidenziati nei mesi scorsi.
La didattica a distanza ha messo ancora di più in evidenza le diseguaglianze tra le famiglie, distanze di ceto, economiche, culturali che invece la scuola dovrebbe accorciare se non annullare. Un problema che è ben presente anche a Milano, città e area metropolitana, dove queste diseguaglianze stanno riemergendo in modo sempre più evidente. Purtroppo Il Ministero dell’Istruzione, sia a Roma che nei suoi uffici locali, ha dato e sta dando una prova di sé non sufficiente.
Abbiamo parlato per giorni e settimane di banchi mobili quando, forse, al centro della discussione dovevano tornare bambine e bambini, ragazze e ragazzi. Il solito vizio del dito, mentre la luna si allontana sempre di più. Per fortuna ci sono tanti dirigenti scolastici, tante e tanti insegnanti, professoresse e professori che tengono in piedi la baracca con grande passione e professionalità.
Ma questa baracca deve diventare una casa, non può restare a lungo così fatiscente. L’impegno eroico dei singoli non basta più.