La perdita di fatturati di bar e ristoranti è un’emergenza non solo economico-finanziaria. Esistono anche gravi ripercussioni di carattere sociale.
Avanza, infatti, il timore che, per tentare di restare a galla e non dover licenziare il personale, gli imprenditori del settore inizino a contrarre debiti sempre maggiori, senza riuscire mai a rientrare del denaro, per via di queste stringenti limitazioni, rischiando di finire nelle mani di usurai senza scrupoli.
L’allarme è stato lanciato da Gianmario Bertollo, fondatore di Legge3.it, che da anni aiuta cittadini e imprese a uscire da situazioni di sovraindebitamento: «Moltissimi gestori nei mesi scorsi hanno speso dei soldi per mettersi in regola con le disposizioni anticovid, distanziando i tavoli, acquistando macchine per la sanificazione, dispositivi per la protezione individuale, parafiato in plexiglass e altro. Hanno detto di no alle tavolate numerose, discusso con i clienti che non rispettavano le regole, visto ridurre i loro incassi e crescere le spese. E ora chiediamo loro di chiudere tutto».
Secondo le stime di Legge3, la percentuale di proprietari di bar e ristoranti che hanno chiesto aiuto all’associazione è passata dal 10% del 2018 al 16% finora del 2020. «L’effetto del lockdown di marzo e aprile – ha aggiunto Bertollo – è stato in parte mitigato dall’apertura estiva, con la possibilità di usufruire di spazi esterni per i tavoli, ma saranno i prossimi mesi quelli terribili per il settore. Inoltre, quando chiude un’attività, la perdita si ripercuote a cascata sui fornitori e sui dipendenti con conseguente riduzione dei consumi in generale. Questo incide anche a livello di finanza pubblica, poiché un minor fatturato significa anche meno soldi in tasse. La situazione è drammatica, serve un intervento immediato».
Infine: «La cosa che più mi rammarica è non aver mai sentito da nessun rappresentante delle istituzioni comunicare che esiste una legge in grado di proteggere i piccoli imprenditori dal sovraindebitamento. La Legge 3 del 2012»