8.6 C
Milano
28. 03. 2024 21:50

Chiara Maci racconta il suo dopo lockdown: «È il momento per inventarsi altro»

A MilanoVibra racconta: «Milano, con questa città ho un rapporto amoroso, nato conflittuale»

Più letti

Da Bologna a Milano. Chiacchierare con Chiara Maci è come un viaggio tra storie, aneddoti e vita vissuta col piede a tavoletta sull’acceleratore. Per la blogger di cucina più famosa d’Italia, intervistata per MilanoVibra, l’emergenza Covid ha aperto nuovi orizzonti e ulteriori opportunità.

Chiara Maci racconta il suo dopo lockdown: «È il momento per inventarsi altro»

E’ stato un periodo duro?
«C’è di peggio, per carità, e per fortuna in famiglia siamo stati tutti bene. Il mio lavoro è andato molto bene e mi diverte sempre tanto. Poi sono molto pantofolaia: poter avere contemporaneamente vicini i bambini, lavorare e pensare alla casa non è stata poi una sfortuna».

Si è pure dedicata ad un trasloco?
«Sì, e la cucina sono riuscita a farla su misura, impazzendo per trovare quella giusta. Le cucine di design sono belle esteticamente, ma poco funzionali. Mi serviva tanto spazio per lavorare e tanto contenimento, me la sono fatta da me».

Le tre parole di oggi? Scoprile in newsletter!

Cambieranno le relazioni umane?
«Stanno cambiando gli strumenti. Nonostante io sia nata sul web, ho sempre amato il contatto con le persone. Le dirette sui social, ad esempio, mi fanno sentire ogni volta come ad un evento, perché c’è l’immediatezza di domande e risposte. E’ come se percepissi la presenza delle persone senza uscire di casa. Ci siamo accorti che non è poi così necessario uscire sempre per lavorare. Certo, la voglia di stare insieme non cambierà mai».

Milano ripartirà lentamente?
«Qui si è scatenato il terremoto e purtroppo ci sarà gente che resterà lontana per un po’. Togliere gli eventi, inoltre, significa togliere lavoro ad un sistema di un migliaio di persone alla volta. Possiamo fare le cene su Zoom, ma non potrà durare per sempre».

Che cosa le ha dato Milano?
«E’ stato un rapporto amoroso, nato conflittuale: mi sono trasferita nel 2006 arrivando da Bologna, con una grande voglia di andare via da casa. All’inizio non amavo questa città, ma la giudicavo senza conoscerla, come a volte accade con le persone. Quando tornai a Bologna, dopo un anno avevo capito che Milano fosse la mia città. Da quel momento non l’ho mai più lasciata, iniziandone ad apprezzare la bellezza che da sempre cercavo. Oggi Milano esaudisce i desideri che ti promette».

Con qualche contraddizione…
«Il problema è il suo essere un po’ la “prima della classe”, il suo esporsi come la migliore delle altre. Durante quest’emergenza ho notato quasi astio verso Milano, come se qualcuno desiderasse che fosse messa al suo posto. Adesso, a differenza dell’inizio della pandemia, è il momento di dimostrare di non fermarsi».

Milano ha esaurito i vostri desideri?
«Qui ho incontrato bellissima gente, ho ampliato il giro (Chiara lo ringrazia ironicamente, lui ribadisce di averla semmai conosciuta meglio, ndr). Però io intendo questo lavoro in un’altra maniera: di Milano non mi piace il prendersi troppo sul serio. Io sono un hippy, avevo il sogno di fare un ristorante che sapeva di casa, di architettura e di design: lo guardo ogni giorno e ne sono innamorato perso. Questa città mi ha permesso di fare tutto ciò, ma a quasi sessant’anni mi vedo già in un altro locale».

Non lavorare insieme al proprio compagno (Filippo La Mantia, ndr) salva la famiglia?
«Ci avrebbe fatto scoppiare. Se dovessi sacrificarmi in un posto, non sentirei di avere più la mia vita in mano. Amo follemente quello che faccio e la possibilità di scegliere cosa fare».

E’ vero che a casa cucina sempre lei?
«Sono tosta e magari lui non pensava che lo fossi. Sì, a casa cucino io e Filippo ormai accetta passivamente. Ogni giorno di quarantena ho cucinato cose diverse, sempre senza aglio e cipolla».

Il piatto top di Filippo?
«La caponata, ma è banale dirlo: è un must che cammina da solo».

Beh, anche gli anelletti palermitani…
«A Pasqua ne ha fatti in quantità industriale e li ha divorati per tre giorni consecutivi».

Adesso è il momento per…
«Per fare e, nel caso, trovare altri modi per fare. Ma è anche il momento per inventarsi, se serve, un altro lavoro, di agire e non fermarci troppo a pensare. E dovrà farlo anche chi ci gestisce».

In breve

FantaMunicipio #25: perché uniti, tra centro e periferia, è sempre meglio

Questa settimana parliamo di connessioni tra centro e periferia, di due passerelle ciclo-pedonali che, a regime, collegheranno al meglio...
A2A
A2A