Davide Longoni detta le regole del suo pane, «prodotto agricolo» a tutti gli effetti

Davide Longoni
Davide Longoni

Dopo una chiacchierata con Davide Longoni, non riuscirete più a guardare una pagnotta con gli stessi occhi. Appena riconosciuto tra i migliori panificatori dello Stivale nella nuova guida del Gambero Rosso Pane e Panettieri d’Italia con l’assegnazione di tre pani, il maestro panificatore originario di Carate Brianza e botteghe in via Tiraboschi e al Mercato del Suffragio è uno dei padri della panificazione moderna.

E lui, animo gentile in un corpo da gigante, non nasconde la sua soddisfazione: «Questo premio è il riconoscimento di un lavoro ventennale su alcune tipologie di pane che deve essere visto come un prodotto agricolo. Un lavoro sulle filiere dei cereali, sulle farine e sulla pasta madre che ho condiviso con una generazione di nuovi panificatori: almeno 5 o 6 degli altri premiati con i tre pani si sono formati con me».

Quindi la sua è una soddisfazione replicata.
«A rendermi felice è stata l’attenzione di questa nuova guida a considerare la tecnica panificatoria non fine a se stessa, ma in funzione di materie prime di grande qualità. Essendo ancora giovane e non avendo bisogno di Oscar alla carriera questi riconoscimenti sono uno stimolo per stare un passo avanti agli altri. Vedere i giovani che stanno in bagarre con me mi fa sentire come Valentino Rossi».

Lei è nato in una famiglia di panificatori. Ma è entrato tardi in laboratorio. Come mai?
«Da piccolo frequentavo il forno per avere la mancetta. Poi mi sono laureato in lettere con un master in tecnologie applicate agli studi umanistici e ho lavorato come agente all’agenzia fotogiornalistica Magnum Contrasto collaborando, tra gli altri, con Gianni Berengo Gardin e Martin Parr».

Ma poi è tornato al pane…
«L’artigianato sta morendo perché non c’è dietro un pensiero. Se non avessi studiato lettere non avrei avuto la necessità di mettermi in gioco con un mestiere in cui si ha a che fare col prodotto dalla concezione alla vendita. La passione per l’enogastronomia, poi, è sempre stata tanta. Quando ho deciso di tornare al pane mi sono innamorato di quello di Eugenio Pol che per 20 anni è stato la mia fonte d’ispirazione. Poi è arrivato lo studio delle farine».

Lei è fonte d’ispirazione per tanti.
«Continuo a formare gente che spingo a emanciparsi come Alfredo Sironi che ha capito tutto subito e ha aperto il suo panificio a Berlino. Ma devo mettere un limite alle richieste di stage».

È così semplice imparare?
«Si può studiare per sempre, ma è importante capire il ciclo biologico del lievito, i punti di maturazione dell’impasto. In un anno si può camminare da soli».

Qual è lo stile del tuo pane?
«Mi piace chiamarlo pane e comunicarlo attraverso gli ingredienti. Ho tolto dal lessico la parola pasta madre perché è così inflazionata da aver perso il suo significato».

Nelle sue botteghe ha anche pane da filiera milanese.
«Lo realizzo con farro e segale che coltivo nell’Abbazia di Chiaravalle. E me ne frego delle polemiche perché la salubrità dei suoli è certificata».

Qual è il rapporto dei milanesi col pane?
«Di attenzione e curiosità. Fino a soli dieci anni fa a Milano, città i cui consumatori hanno l’attitudine a modificare le proprie abitudini alimentari, sarebbe stato possibile aprire un panificio come il mio».

Nella sua bottega l’aperitivo è rigorosamente a base di pane?
«Pane e focacce con altri prodotti agricoli che scegliamo uno a uno, accompagnati da vino naturale o birra artigianale».

Panificio Longoni
Via Tiraboschi 19, Milano
02.91.63.80.69
Mercato del Suffragio, Milano
02.55.18.44.61
Lunedì dalle 8.00 alle 15.00, da martedì a sabato fino alle 22.00, domenica dalle 8.30 alle 13.30
davidelongonipane.com
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