La tazzina di caffè al bar, un rituale quotidiano per milioni di italiani, è ormai un lusso che pesa sul portafoglio. A Milano, il prezzo dell’espresso ha raggiunto la soglia di 1,50 euro, una cifra che sembra avvicinare sempre di più il costo della colazione a quello di un aperitivo. La ragione? L’aumento vertiginoso dei costi delle materie prime, delle utenze e degli affitti, che ha spinto molti baristi a ritoccare i prezzi al rialzo.
Prezzi del caffè alle stelle: un trend inarrestabile
Negli ultimi mesi, il caffè si è rivelato il principale responsabile dell’incremento delle spese per gli esercenti. Secondo i dati dell’osservatorio prezzi del Comune di Milano, il costo dei chicchi è aumentato del 4,3% nell’ultimo anno e del 3,5% tra giugno e luglio. Non è raro, quindi, trovare bar che superano la soglia di 1,20 euro per un espresso, soprattutto nel centro della città.
Michele Monzini, presidente del Consorzio Promozione Caffè, spiega: «Gli aumenti che stiamo subendo risalgono al 2022, in seguito a una gelata invernale in Brasile. Già alla fine dell’anno scorso, l’Arabica aveva subito una prima crisi, ma ora la situazione si è stabilizzata. Tuttavia, è la varietà Robusta, la meno pregiata, ad aver visto un incremento record del 132% negli ultimi 12 mesi». Monzini sottolinea anche come «la proliferazione delle catene di caffetterie e l’aumento dei canoni di locazione degli esercizi» abbiano contribuito ai rincari.
Caffè al bar: prezzi in aumento, ma non solo a Milano
Alla storica pasticceria Bastianello di San Babila, il costo di una colazione con succo di frutta, pasticcino e cappuccino è di 11,20 euro: la tazzina al banco costa 2,70 euro e arriva a 5 con il servizio al tavolo. Un espresso in piedi si paga 1,50 euro. «Non abbiamo ritoccato il listino da almeno due anni — afferma Marco Serra, titolare della pasticceria —. La nostra miscela è composta prevalentemente da Arabica pregiata, per cui siamo stati meno colpiti dalle fluttuazioni degli ultimi mesi».
Non tutti però hanno avuto la stessa fortuna. Dal Peter Bar di via Larga fanno sapere: «Nel 2024 abbiamo dovuto aumentare il prezzo della tazzina due volte. Due anni fa, pagavamo 20 euro al chilo per il caffè, ora siamo arrivati a 31 e ne consumiamo almeno quattro chili al giorno. All’inizio dell’anno l’espresso costava un euro, ora siamo saliti a uno e 20».
I rincari colpiscono anche i latticini: il cappuccino supera i due euro
Situazione simile al Caffè Visconteo di piazza Duomo: «Prevediamo un aumento dei latticini dell’8% in autunno, il cappuccino potrebbe superare i due euro», avverte il titolare Antonio Di Benedetto. Anche alla pasticceria Panarello di Moscova, i rincari non si sono fatti attendere: crema caffè e decaffeinato, infatti, sono ora serviti a 1,40 euro. Al Lavazza Store di piazza San Fedele, l’espresso parte da un euro e 50, mentre all’Illy Bar di via Montenapoleone, la varietà “Espresso Maestro” raggiunge i due euro. E se ci si siede al tavolo, un ristretto può costare fino a cinque euro, mentre un caffè freddo arriva a nove.
C’è però chi cerca di mantenere i prezzi sotto controllo: «Nonostante i rincari, restiamo fermi a 1,20 euro per l’espresso — dice Fabio Acampora, titolare del Refeel di via Sabotino e del Living Bar di piazza Sempione, come riporta il Corriere —. Superare certe cifre può significare perdere clientela, dato che il prezzo della tazzina è l’indicatore più immediato di quanto sia caro un bar. Si può intervenire su altre voci di spesa, ma non sul caffè al bar».
Anche Carlo Squeri, segretario di Epam, l’Associazione milanese dei pubblici esercizi, sottolinea l’importanza di mantenere sotto controllo i costi: «La frequenza con cui gli italiani consumano caffè al bar impone cautela sui rincari. Quando il prezzo di una materia prima cresce in modo così vertiginoso, la sostenibilità dell’impresa richiede misure correttive».
Milano non è l’unica: la concorrenza mitiga i prezzi
Nonostante la percezione diffusa, Milano non è la città con i prezzi più alti per il caffè. Squeri aggiunge: «La forte concorrenza tra gli esercizi rende Milano relativamente più abbordabile rispetto ad altre città del Nord e della stessa Lombardia». Ciò non toglie che i rincari abbiano avuto un impatto significativo, alimentando il malcontento tra i consumatori e gli stessi esercenti.
«Se i prezzi del caffè al bar continuano a salire, rischiamo di allontanare i clienti abituali — spiega Squeri —. E questo non è solo un problema per il nostro settore, ma anche per il tessuto sociale e culturale della città. A Milano, il caffè al bar è una tradizione, un momento di socialità. Dobbiamo fare il possibile per preservarlo».
Il caffè diventa simbolo della crisi
La questione del caffè a Milano è diventata un simbolo della più ampia crisi che coinvolge il settore della ristorazione. La necessità di trovare un equilibrio tra sostenibilità economica e mantenimento della clientela è diventata cruciale. E mentre i prezzi continuano a salire, i baristi cercano di navigare tra le pressioni dei costi crescenti e l’esigenza di non perdere la loro base di clienti.
«Dobbiamo rimanere competitivi, ma senza compromettere la qualità del servizio — aggiunge Monzini —. Il caffè è una parte fondamentale dell’esperienza italiana, e dobbiamo assicurarci che rimanga accessibile a tutti».
Soluzioni possibili: l’ombra della ristrutturazione
Di fronte a questo scenario, la soluzione potrebbe non essere semplice. Ridurre i prezzi potrebbe significare ridurre la qualità, mentre mantenerli alti rischia di allontanare i clienti. Alcuni propongono una ristrutturazione del settore, con incentivi per i bar che mantengono i prezzi sotto controllo o che adottano pratiche più sostenibili.
In conclusione, la sfida che Milano e i suoi baristi si trovano ad affrontare è complessa e sfaccettata. Il caffè, simbolo della cultura italiana, rischia di diventare una vittima dell’inflazione. Ma c’è ancora tempo per trovare un equilibrio e preservare un rito quotidiano che è tanto caro a milioni di persone.