Il potere della musica di connettere le persone e le potenzialità delle tecnologie digitali come strumenti per favorire l’espressione individuale e collettiva. Questo il concept della nuova installazione artistica interattiva ospitata al Museo Nazionale Scienza e Tecnologia (in via San Vittore 21), dal titolo Cave of Sounds di Tim Murray-Browne & Music Hackspace Ensemble.
Cave of Sounds: musica e persone connesse al Museo della Scienza
Cave of Sounds è composta da otto strumenti musicali elettronici organizzati in cerchio con un hub luminoso al centro. Ognuno di essi è stato progettato da un artista diverso (Dom Aversano, Susanna Garcia, Wallace Hobbes, Daniel Lopez, Tadeo Sendon, Panagiotis Tigas, Kacper Ziemianin), e può funzionare singolarmente o insieme agli altri, per dare vita a un ensemble.
A differenza dei classici strumenti, questi possono essere suonati in modo intuitivo e immediato: non serve essere esperti o avere competenze musicali, tutti possono creare liberamente, usando i movimenti del corpo secondo il proprio tempo e ritmo. Il pubblico è invitato a creare suoni sempre nuovi, in una dimensione collaborativa che coinvolge a livello cognitivo, fisico ed emotivo. Info e orari: museoscienza.org.
—-
6 DOMANDE A TIM MURRAY-BROWNE
«Con la musica si crea un senso di comunità, cooperazione e lavoro di squadra»
Artista, programmatore e ricercatore, Tim Murray-Browne ha una laurea in matematica e computer science dall’Università di Oxford e un PhD in arte e musica dal Queen Mary University of London: crea installazioni interattive e performance tecnologicamente aumentate.
Com’è nato il concept dell’installazione?
«Il Dottorato di ricerca che ho svolto sulle esperienze musicali interattive mi ha portato a studiare il processo che individua valore nella musica e mi ha fatto pensare al ruolo di ensamble nella musica digitale contemporanea. Dopo il dottorato sono stato selezionato come primo compositore in residenza al Music Hackspace e li ho invitati a unirsi a un ensemble sperimentale: ognuno di noi avrebbe creato uno strumento ma in un contesto in cui avremmo portato l’ensemble in primo piano e ci saremmo concentrati su come potessero convivere».
Quali concetti/considerazioni sono stati preponderanti nella creazione dell’opera?
«Più o meno nello stesso periodo mi sono commosso vedendo il film di Werner Herzog The Cave of Forgotten Dreams, nel quale persone preistoriche facevano musica e dipingevano in una grotta, alla luce del fuoco. Sono rimasto affascinato dall’idea che la musica, nei secoli, non è stata solo un passatempo ma un mezzo per creare un senso di comunità, cooperazione e lavoro di squadra. Queste idee si sono poi evolute con il lavoro di gruppo: credo che le ombre che animano forme simili a animali sulle pareti, siano state di ispirazione per lo strumento-ombra di Daniel Lopez».
È nato così il nome Cave of Sounds?
«Il nome è stato creato da Dom Aversano durante un meeting. Lo strumento ombra di Daniel Lopez era stato originariamente concepito per essere proiettato su una parete come se fosse illuminato dal fuoco nella grotta, ma poi non volevamo che alcuni strumenti fossero più centrali di altri. Quindi abbiamo pensato che la disposizione circolare con tutti gli strumenti rivolti verso l’interno, si adattasse naturalmente all’ethos egualitario».
Quali sono i risultati che desidera ottenere?
«L’ethos di Cave of Sounds è la collaborazione emergente: creiamo insieme senza un piano preciso in mente, ma rimanendo sensibili e reattivi nei confronti degli altri. L’insieme di strumenti è creata per incoraggiare le persone a fare musica liberamente e la scoperta è una parte importante di questo processo: abbiamo volutamente messo istruzioni minime e ho chiesto di cercare di non intervenire, quando le persone sembrano confuse».
Come reagiscono i ragazzi? E come gli adulti?
«I giovani tendono ad essere più avventurosi; gli adulti sono spesso più riservati. Trovo che gli adolescenti abbiano la magica combinazione di apertura e sensibilità verso ciò che tutti gli altri stanno facendo. La mia pratica artistica si concentra su come la natura ancestrale dell’uomo viene ostacolata quando usiamo la tecnologia, cercando di proporre una prospettiva più critica nei suoi confronti».
Quale sarà l’elemento chiave dell’arte digitale del futuro?
«La tecnologia è creata per avere uno scopo funzionale ma ha anche innumerevoli effetti collaterali. Con l’arte, invece, possiamo creare senza uno scopo preciso ed essere liberi di esplorare più ampiamente l’impatto della tecnologia stessa. Il mio lavoro si concentra sulla tecnologia interattiva che plasma il modo in cui percepiamo noi stessi e il mondo. L’arte interattiva digitale crea anche un’opportunità per studiare i futuri digitali alternativi».