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19. 04. 2024 21:45

Milano con gli occhi di un adolescente. Il libro di Guarnaccia: «Racconto quella periferia di cui ora siamo tutti figli»

Non è rientrato nella dozzina finale dello Strega, ma Mentre tutto cambia di Fabio Guarnaccia ha il pregio di esaltare atmosfere uniche di una Milano tanto sopita quanto indimenticabile

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Il Vela, Il Best, Paolino e Ivan hanno 14 anni e passano le loro giornate estive in strada. Il caldo, la noia, l’amicizia, le paure, le “prime volte”, i passaggi inconsapevoli dall’infanzia a una condizione ancora indefinita.

Il tempo è dilatato, sembra che non accada nulla, ma il ritrovamento di un cadavere nella discarica dove passano i pomeriggi mette in moto la storia narrata nel romanzo Mentre tutto cambia (Manni Editori), che è stato candidato al Premio Strega, pur non rientrando nella dozzina finale. Siamo nel 1989 nella periferia di Milano, nei quartieri di Precotto e Gorla, dove l’autore Fabio Guarnaccia è cresciuto.

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Anche se è un romanzo, Mentre tutto cambia è anche un viaggio nella sua adolescenza. Cosa l’ha spinta a scrivere questa storia adesso?
«C’entra molto la nascita di mio figlio, che mi ha portato a fare i conti con alcune questioni in sospeso. Avevo un amico che è morto quando eravamo ancora molto giovani e che non ero riuscito neanche ad andare a trovare al cimitero. Sono stato invaso dai ricordi e da tante emozioni e ho deciso di recuperare quei ragazzini e quelle atmosfere. Ci ho messo alcuni anni, ma durante i lockdown del 2020 sono riuscito a terminare la stesura definitiva del libro».

Perché lo ha ambientato nel 1989?
«È un anno simbolico, che racchiude l’esperienza che ha ispirato la storia del romanzo. In quel periodo non cambiano solo i protagonisti, ma anche la città e la periferia che va da Greco a Lambrate: le fabbriche e i campi abbandonati stanno per essere trasformati in qualcos’altro. I protagonisti non se ne accorgono, ma la società sta cambiando, anche a livello internazionale: vedi la caduta del muro di Berlino».

Della “Milano da bere” non c’è traccia…
«Quella Milano per me non esisteva. Gorla, Precotto e Greco erano stati comuni indipendenti e continuavano a mantenere una dimensione paesana. Anche se in un quarto d’ora di metropolitana si può raggiungere il Duomo, mi interessava raccontare la distanza mentale che c’era fra la periferia e il centro. Più che gli anni ’80 il romanzo anticipa i decenni successivi, perché quei ragazzi sono portatori di cambiamento».

Com’era quella periferia?
«La zona aveva una parte residenziale, molto tranquilla e accogliente, ma girato l’angolo ci si trovava davanti ad aree abbandonate e meno rassicuranti come la discarica dove giocano i protagonisti del romanzo e dove giocavamo noi. Ora c’è un bel giardino con una collinetta, ma in via Tremelloni una volta c’era un cumulo di macerie che fino alla fine degli anni ’60 era stato il cimitero di Precotto, risalente al ‘400. Proprio lì quando ero ragazzo venne trovato il cadavere di un giovane tossicodipendente, vicenda che ha ispirato la storia del libro».

Cosa è cambiato ora?
«Solo la scuola in prefabbricato di via Carnovali è rimasa quella di allora, ma negli anni la fabbrica di legname è stata rasa al suolo e trasformata in una zona residenziale. Molte delle aree vuote delle periferie di Milano negli anni sono state cucite, rattoppate come Precotto. Inoltre allora in giro si vedevano sciami di dodicenni, mentre adesso solo i ragazzi più grandi si ritrovano da soli al parco».

Lì vicino, ora, c’è NoLo. Come ha vissuto quella trasformazione?
«Con grande stupore, pur conoscendo bene quanto Milano sia dinamica. In quel quartiere, dove c’era solo un locale, ne sono nati tanti, insieme ad altre attività commerciali, e mi piace molto. Peccato però per il rincaro degli affitti e del costo della vita».

Quando si potrà, dove vorrebbe presentare il libro?
«Più che nel quartiere, cosa che amerei comunque fare, mi piacerebbe soprattutto portarlo in giro per l’Italia perché chi lo ha letto, pur non essendo di Milano, ha riconosciuto la sua periferia nella mia. E’ accaduto ad esempio allo scrittore Antonio Pascale, casertano, che ha candidato il mio libro al Premio Strega».

Come ha reagito quando ha saputo che Mentre tutto cambia non era stato selezionato fra i primi 12 candidati?
«Me lo immaginavo, ma devo ammettere che sono rimasto un po’ deluso».

Cosa dicono del libro gli abitanti del quartiere?
«All’inizio avevo un po’ paura perché, anche se si tratta di finzione, ho raccontato un pezzo di città che appartiene a tutti. Invece ho trovato tanto interesse per la vicenda raccontata e per quegli anni. Chi ha vissuto l’adolescenza in quei luoghi mi ha ringraziato perché ha potuto rievocare emozioni dimenticate. Inoltre è stato divertente perché molti hanno riesumato vecchie foto, che hanno contribuito a ricostruire la mia memoria».

I personaggi e le atmosfere del romanzo si presterebbero a diventare una serie tv. Ci ha pensato?
«Anche se è difficile, mi piacerebbe molto. Dopo l’uscita del libro ho scritto un nuovo racconto con gli stessi personaggi. Mi sono divertito e ho capito che mi viene facile creare singole “puntate”. Non si sa mai…».

 

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