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23. 04. 2024 08:22

Ad Artem, l’arte per i più piccoli secondo Adriana Summa: «Da trent’anni insegniamo la bellezza ai bambini»

«I musei milanesi non hanno segreti con i laboratori e le nostre visite guidate».

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Con Ad Artem la canestra da frutta di Caravaggio o la Struttura al neon di Lucio Fontana sono diventati familiari anche ai bambini. Le sue visite guidate, i laboratori e i campi estivi aiutano tutte le generazioni ad apprezzare meglio i nostri musei, dal Cenacolo Vinciano al Museo del Novecento, dal Castello Sforzesco alla Pinacoteca Ambrosiana, fino ad alcune mostre di Palazzo Reale (come la recente personale di Max Ernst). Ad Artem quest’anno spegne trenta candeline. Abbiamo sbirciato nel dietro le quinte del prezioso lavoro di valorizzazione artistico-culturale del patrimonio cittadino con la socia fondatrice Adriana Summa.

Ad Artem, intervista ad Adriana Summa

Come si è evoluto il vostro lavoro negli anni?
«E’ cambiato molto. Nel ’93 Internet non esisteva quasi e le nostre modalità operative erano totalmente diverse. Per quanto riguarda la missione aziendale, Ad Artem è nata in concomitanza con la legge Ronchey, che regolava la gestione dei servizi dei musei da parte dei privati, compito che prima era prerogativa dell’ente pubblico. Negli anni si è quindi consolidato uno spazio di professionalità specifico del privato, che affianca il servizio pubblico nella valorizzazione del patrimonio culturale».

Anche i visitatori sono cambiati?
«Il numero di chi si è affidato a noi si è molto allargato: possiamo dire di aver contribuito a far crescere persone capaci di guardarsi attorno e di accorgersi della bellezza. Chi ha frequentato le nostre attività fin da piccolo vive il museo come un luogo familiare, non come lontano ed estraneo. Quello che hai sperimentato da bambino diventa poi molto facile da ritrovare quando sei più grande, al di là di avere una vocazione prettamente artistica».

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Questo vale anche per i bambini di adesso, inseriti in un mondo incentrato sulla tecnologia?
«Ciò che è cambiato molto è l’aspetto manuale: la competenza pratica è in calo. Ce ne siamo resi conto per esempio in un laboratorio sui libri che proponiamo alla Biblioteca Ambrosiana. I bambini devono piegare i fogli in un certo modo, e questa operazione per loro è più complessa di quanto non ci aspettassimo. Permangono invece la curiosità, l’entusiasmo e la voglia di coinvolgersi in attività che riguardano i sensi».

ad artem

Che caratteristiche devono avere le vostre guide?
«Lavoriamo con tutti i tipi di pubblico, compresi i ragazzi delle medie e delle superiori. L’identikit di chi lavora con la fascia di età fino alla scuola primaria è particolare: ai nostri operatori chiediamo due competenze fondamentali. Devono avere una laurea in storia dell’arte o in beni culturali, a cui deve essere affiancata un’esperienza pregressa, non necessariamente “museale”, con i bambini. Poi ci occupiamo noi di formarli. Infine c’è un lavoro di progettazione delle attività che è in capo ai nostri operatori esperti».

Quante guide collaborano con voi?
«Sono una trentina».

Quali sono le proposte più richieste?
«Le visite alle merlate e ai sotterranei del Castello Sforzesco sono sempre molto apprezzate da tutti perché hanno un filo conduttore storico, ma allo stesso tempo un aspetto avventuroso. Un’altra proposta che si sta sedimentando, sono le visite-laboratorio per famiglie e scuole del Cenacolo Vinciano: un’attività che permette di sperimentarsi utilizzando le tecniche di Leonardo, come l’utilizzo della sanguigna: un’antenata della matita».

Avete in cantiere nuove proposte?
«Fra qualche settimana partirà un progetto rivolto alle scuole per presentare Milano come la città del ‘900. Il “secolo breve” si può studiare non solo al Museo del Novecento, ma anche con l’osservazione di ciò che ci circonda: monumenti, strade e piazze».

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