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24. 04. 2024 14:18

Scuola, gli insegnanti non vogliono trasferirsi a Milano: i motivi dei tanti rifiuti

Ancora tante cattedre vuote negli istituti milanesi. Perché i candidati non accettano i posti assegnati?

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Continua la corsa contro il tempo per la scuola a Milano. Ci sono ancora 700 cattedre vacanti, ma su 3.500 insegnanti convocati al momento solo 800 di loro hanno accettato. Senza organico al completo ci sono ancora diversi istituti a Milano che non possono riprendere il tempo pieno. Tra questi l’Italo Calvino, il Morosini Manara, Il Borsi, il Grossi, la Diaz.

I motivi del “no” al trasferimento a Milano 

Negli scorsi giorni le rappresentanze sindacali della scuola avevano tuonato: «Perché mettersi in lista per poi rifiutare l’incarico?». Il problema principale resta lo stipendio: 1300 euro.

«Io ero pronto a partire anche quest’anno, perché su questo lavoro ho investito davvero tanto — racconta un insegnante siciliano —. Ho fatto le magistrali, poi l’università, poi ho preso l’abilitazione. Mi sono adattato anche a supplenze di dieci giorni o di un mese. In Sicilia le cattedre sono molte meno rispetto alla Lombardia, perché qui non c’è il tempo pieno. A Milano ho dei parenti che mi ospitano, in cambio di un rimborso spese. Stavolta però, mi hanno proposto una scuola sul confine con la provincia di Lodi. Già finora tra affitto, spese e abbonamento dei mezzi non mi restava in tasca quasi nulla, figuriamoci per arrivare fino a lì».

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A tutto ciò si aggiunge anche la lontananza dalla famiglia. «Il nostro è un lavoro stupendo – aggiunge ancora l’insegnate -, ma sottopagato. Mi trovavo a scegliere se rivedere mio figlio a Natale o a Pasqua, perché entrambi i viaggi non me li potevo permettere. E poi c’è anche il Covid. In un clima di tale incertezza ho preferito rinunciare».

C’è chi preferisce gli ammortizzatori sociali

Ciò nonostante, Massimiliano Sambruna, segretario di Cisl Scuola, punta il dito sui comportamenti di alcuni candidati: «Per coprire un certo numero di posti ogni anno si è costretti a contattare il triplo delle persone – denuncia il sindacalista -. Tra chi rinuncia c’è chi preferisce godere di ammortizzatori sociali. In questo caso, il ministero competente dovrebbe farne cessare il diritto. Perché fare domanda se non si è davvero decisi e provocando ricadute su altri colleghi e sulle scuole?».

 

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