Quarantined house-lives, un laboratorio dal Politecnico: «Osservate le vostre case in quarantena»

Al Politecnico di Milano è nato il laboratorio Quarantined house-lives. A biography. 54 studenti connessi per raccontare e poi reinventare lo spazio dove stanno vivendo

quarantined house-lives
quarantined house-lives

Quarantined hous-lives. Succede che in tempi di Covid-19 l’università si deve totalmente reinventare. Al punto, però, da riuscire a mettere in connessione studenti in quarantena in ogni parte del mondo. E di fare proprio del loro “stare a casa” la materia di studio.

 

Quarantined house-lives, il laboratorio del Politecnico

Gennaro Postiglione
Gennaro Postiglione

E’ il caso del laboratorio di progettazione finale della Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni del Politecnico di Milano. I docenti Paola Briata, Giovanni Hänninen e Gennaro Postiglione (coadiuvati dai tutors Chiara Baravalle, Irene Cominini, Benedetta Marani, Dario Scalco, Anna Tagliaferri) hanno trasformato l’emergenza coronavirus in un’opportunità per gli studenti di per comprendere le dinamiche all’interno delle abitazioni.

Irene Cominini
Irene Cominini

Quelle – per intenderci – che solitamente sono chiamati a progettare. «Il nostro laboratorio – raccontano i docenti a Mi-Tomorrow – è nato un anno fa partendo dal presupposto che è la stessa scuola in cui insegniamo che a volte conduce a un’incapacità a osservare la città. Abbiamo portato i ragazzi a Gratosoglio e gli abbiamo chiesto di interagire con gli abitanti per comprendere gli spazi.

Dario Scalco
Dario Scalco

Sono rimasti un po’ scioccati di fronte all’idea di non progettare, ma dedicarsi solo ad un’osservazione prolungata. Ora abbiamo lanciato lo stesso modello, ma all’interno delle case della quarantena. C’è chi è tornato al Sud, chi vive in studentati e chi divide la casa con altri coetanei».

 

 

Quarantined house-lives, parlano i docenti

Anna Tagliaferri
Anna Tagliaferri

Come vi siete divisi i compiti?
«Ci occupiamo rispettivamente di etnografia (Paola), fotografia (Giovanni) e architettura d’interni (Gennaro). Valuteremo i primi risultati degli studenti prima di Pasqua, poi avremo un nuovo step di aggiornamento a metà maggio per concludere con una mostra, che a questo punto sarà sui canali social, nel mese di giugno».

Benedetta Marani
Benedetta Marani

Quando avete maturato l’idea?
«Al momento di avviare il laboratorio, le persone colpite da coronavirus in Lombardia erano circa quattromila. Poi le nostre vite sono state pian piano stravolte e ci siamo dovuti attrezzare per lavorare da casa. Consapevoli che mai avremmo potuto chiedere agli studenti di uscire, abbiamo imparato a usare le piattaforme online per comunicare tra di noi e con loro».

Chiara Baravalle
Chiara Baravalle

In che modo avete ribaltato il laboratorio dell’anno scorso?
«Un punto fermo era proprio quello di uscire, da casa come dall’università. I divieti sembravano aver totalmente minato questo principio. Siamo ripartiti dalla convinzione che accomuna tutti e tre: nessun architetto può fare un buon progetto se non conosce nel profondo gli intrecci tra persone, luoghi e pratiche d’uso degli spazi dove andrà a progettare».

Giovanni Hanninen
Giovanni Hanninen

Quindi?
«Bisogna rieducare lo sguardo a osservare i gesti e gli spazi della vita quotidiana. Il 10 marzo, in piena notte, Gennaro immagina una via d’uscita: E se partissimo dalla loro casa? La possono fotografare, descrivere, disegnare, sia la parte animata (persone e animali) sia la parte inanimata (l’architettura, i materiali, gli arredi, i complementi). Con occhio distaccato e “oggettivo” e poi con immersione partecipata che si concentra sulle pratiche d’uso dello spazio: in una situazione come questa che ci impone lunghe permanenze a casa l’osservazione prolungata è più che favorita».

Paola Briata
Paola Briata

Che cos’altro vi siete immaginati?
«Diari etnografici e registrazioni quotidiane diventano lo spunto per trasformare la quarantena in un viaggio di Gulliver, per tirare le fila di quello che si nasconde tra le pieghe del quotidiano».

E oggi come lavorano gli studenti?
«Sono davvero disseminati ovunque, li vediamo in ogni parte del mondo con una mappa interattiva. I metodi per indagare e rappresentare lo spazio rimangono gli stessi, ma quello che chiediamo è un viaggio attraverso ciò che oggi per i nostri studenti è “casa”. In una condizione eccezionale».

Come avete ribattezzato il laboratorio?
«Quarantined house-lives. A biography. Ci sono 54 ragazzi che ci seguono online e interagiscono con noi. Alcuni sono a Milano e in Lombardia, altri sono tornati dalle famiglie in Italia o in Europa. Una studentessa, attivissima, ci segue “in notturna” dall’India».

E per voi che sensazione è?
«Ci sentiamo dei privilegiati perché il Politecnico ci ha messo nelle condizioni di continuare a fare il nostro lavoro, pur restando a casa. Ma ripartire in questo modo non è stato il “piano B”: con gli studenti abbiamo lanciato una piccola sfida che prima di tutto sfiderà noi e il nostro modo di insegnare. Ora siamo davvero curiosi di vedere dove ci porterà».

quarantined house-lives
quarantined house-lives