Alberto Milani: «Tecnologia e giovani: Milano come NY»

Alberto Milani
Alberto Milani

«In Italia abbiamo tra i migliori prodotti al mondo, ma per avere successo dobbiamo smetterla di credere di essere i più bravi». Accogliendoci nel suo studio, Alberto Milani, presidente della Camera di Commercio Italo-americana a New York, trasmette tutta la sua “milanesità”. Cresciuto «dalle parti della vecchia Fiera», che sia nato all’ombra della Madonnina non lo si capisce solo dal cognome. Lo si percepisce dal suo pragmatismo, tipico della Milano degli anni ’80 che ha vissuto. E che gli ha permesso di trovare successo nella Grande Mela.

Alberto, parliamo di lei. Quando è arrivato a New York?

«Nel 1992. Lavoravo per Sector e mi occupai dello sviluppo negli USA. Fummo tra i primi a capire l’importanza dei nuovi mezzi di comunicazione e pensammo a spot pubblicitari che furono tra i più visti in tv, in Italia e innovativi anche America».

Che Milano ricorda prima di partire?

«Spigolosa. Con tanta violenza negli anni di piombo. Ma anche con tanta voglia di fare, di seguire sogni e obiettivi come Milano da bere».

E che New York trovò?

«Pericolosa e viva. Il turismo c’era, ma la città aveva molti quartieri oscuri, anche a Manhattan, a cui non si poteva accedere. Oggi è diverso».

Milano e New York, lontane ma legate. Quali sono i punti in comune?

«Entrambe insegnano la praticità delle cose. Hanno la stessa energia, che senti al mattino quando ti svegli. E condividono la velocità dei progetti nei rispettivi Paesi».

A Milano non si aspetta.

«E neanche a New York. Si fa, si sbaglia, si cade e ci si rialza. Non c’è tempo per piangersi addosso».

E i punti di differenza?

«A Milano manca qualcosa per diventare capitale europea, ma sta correndo verso quella direzione, pur preservando il fattore locale che la rende unica».

Cosa manca?

«Ha delle risorse che ancora non ha capito di avere. E non capisco cosa aspetti ad usarle».

Ad esempio?

«Tecnologie e giovani. Servono investimenti diversi e maggiori da parte di aziende ed istituzioni per valorizzarli».

Che percezione ha un imprenditore newyorkese che arriva a Milano?

«Dopo Expo tanto è cambiato. È una città organizzata a livello europeo, ma emergono ancora segnali di inadeguatezza».

Inadeguatezza?

«Pensi alla banda larga: a me sembra una follia che a Milano non ci sia ancora ovunque e un investitore USA lo nota subito».

Basta questo a “spaventarlo”?

«No. Si respira la sensazione che, persino a Milano, ci si fermi troppo a guardarsi allo specchio. Un newyorkese che fiuta un approccio del genere cambia idea in fretta».

Quali sono i settori più coinvolti sull’asse Milano-New York?

«La micromeccanica di precisione. C’è una forte domanda di manodopera artigianale e come Camera di Commercio Italo-americana facciamo da ponte tra le realtà imprenditoriali».

E fashion e food?

«Il valore italico fa la differenza. Ma vale il discorso di prima: se hai un primato nel mondo devi essere bravo tu a mantenerlo. Se ti metti sul piedistallo, la concorrenza impara come usare le tue eccellenze e ti supera».

Un consiglio ai giovani milanesi oggi?

«Imparate benissimo l’inglese».

Non lo si fa già?

«Non al livello che serve. Studiate, viaggiate, fate un corso. Fate quello che volete. Ma imparatelo. Se al primo colloquio chiedete due volte di farvi ripetere una domanda, siete tagliati fuori subito anche se siete i più bravi del mondo».

Un messaggio al sindaco Sala?

«Milano negli ultimi anni ha fatto uno sforzo estetico, ma non si può fermare. E gli investimenti su tecnologie e giovani sono la chiave per rendere questa città capitale del mondo».

DOVE CI SIAMO INCONTRATI
Nel suo ufficio a Midtown Manhattan, lungo la Broadway.

CHI È
Nato e cresciuto a Milano, tra piazza Firenze e corso Sempione, Alberto ha una laurea in Business and Managerial Economics in Bocconi e un MBA in Economics presso la University of Herisau in Svizzera. Nel 1992 si trasferisce a New York lavorando per Sector Group, per cui si occupa dello sviluppo negli Stati Uniti. Da quel momento, una carriera che lo ha visto protagonista nel mondo del luxury, e che lo vede Senior Manager per Bulgari dal 1997, CEO di Buccellati dal 2002 al 2016 e Senior Advisor – Luxury Division per Richline Group. Dal 2015 ricopre anche il ruolo di presidente della Italy-America Chamber of Commerce di New York, per la quale è rappresentante dell’area NAFTA.

COSA FA LA CAMERA DI COMMERCIO ITALO-AMERICANA
Fondata nel 1887, la Italy-America Chamber of Commerce (IACC) è un’associazione indipendente, privata e no-profit, dedicata alla promozione del commercio, del turismo, degli investimenti e della cooperazione economica tra Italia e USA. Tra i principali obiettivi, quello di fornire assistenza e formazione a manager e imprenditori e di fare da ponte tra aziende italiane e investitori americani, associazioni di categoria e agenzie governative, attraverso la propria rete di contatti e affiliazioni. La sua sede a New York si trova a Midtown Manhattan, vicino a Grand Central.