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29. 03. 2024 01:38

Alla scoperta dell’Armani Restaurant a Manhattan: «Re Giorgio ovunque, anche qui»

Intervista all’executive chef di Armani Restaurant a Manhattan, Michele Brogioni: «Seguo sempre il suo stile mentre creo nuovi piatti. La pandemia ci ha cambiati»

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Quando il coronavirus ha iniziato a insinuarsi tra le strade di Manhattan, a New York, Armani Restaurant sulla 5th Avenue è stato uno dei 23,650 ristoranti costretti a sospendere il proprio business.

Ma le attività del ristorante non si sono mai fermate. E il percorso di solidarietà intrapreso oltreoceano ha fatto il paio con le attività che Re Giorgio ha promosso a supporto della comunità milanese e italiana. A ripercorrere i primi mesi di pandemia e i progetti del futuro è Michele Brogioni, Executive Chef di Armani Restaurant 5th Avenue.

Anche all’Armani Restaurant tanta solidarietà nel nome di Re Giorgio

Chef, torniamo indietro con le lancette al marzo 2020. Qual è stato il suo primo pensiero di fronte al Covid?
«Abbiamo cercato di capire come e per quanto tempo questa pandemia avrebbe influenzato il nostro lavoro. Il secondo pensiero è stato capire come poter tenere l’attività viva per dare il nostro supporto».

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E cosa avete fatto?
«Siamo diventati membro attivo del progetto Food11st, un’iniziativa straordinaria che ha aiutato a fornire pasti agli operatori sanitari e ai newyorkesi più bisognosi. In collaborazione con altri ottimi ristoranti e chef come Daniel Boulud, abbiamo fornito circa mille pasti a settimana».

Cosa ha significato per voi farne parte?
«È stata una grande opportunità per aiutare altre persone in un periodo difficile attraverso la nostra cucina».

Quanto è cambiato il vostro lavoro con la pandemia?
«Il peggiore cambiamento è stato lavorare indossando una mascherina: è difficile annusare il prodotto o assaporare una salsa durante la cottura in quel modo».

E la migliore?
«Io e lo staff siamo stati in grado di creare un legame più stretto. Come ristorante abbiamo continuato a collaborare con i produttori locali per i nostri ingredienti, con uno sguardo sempre più attento al tema della sostenibilità».

New York è ripartita, le mascherine stanno diminuendo e insieme alla città ha riaperto anche Armani Restaurant. Come ha trovato i suoi clienti dopo così tanti mesi di separazione forzata?
«Più curiosi di prima. Durante la pandemia ci siamo limitati a quello che abbiamo potuto cucinare a casa, per questo ora ho notato maggiore voglia di provare nuovi piatti, un dessert extra, di ordinare un bicchiere di vino in più».

A legare il ristorante di cui è executive chef sono le città di Milano e New York. Come tenete vivo questo contatto?
«Nei nostri menù stagionali non mancano mai piatti come il Risotto Armani Milano o la Cotoletta alla Milanese e, a livello stagionale, i Casoncelli, tipici di Piacenza che è la città natale di Giorgio Armani. È uno dei suoi piatti preferiti».

In che modo il marchio Armani entra nei piatti che preparate?
«Mi impegno sempre a seguire lo stile Armani mentre ne creo di nuovi. Lavoriamo con i migliori ingredienti che possiamo trovare e li trattiamo con il massimo rispetto. A volte guardiamo anche all’ultima collezione di moda Armani per idee e ispirazione».

Armani sta espandendo la sua presenza a livello internazionale nelle capitali del mondo. Cosa significa per lei, che è chef di una di queste?
«C’è una connessione enorme all’interno dei ristoranti Armani nel mondo e tra gli chef. Ci scambiamo pensieri e idee. Ad esempio, nel 2017 abbiamo organizzato un menu speciale, ideato da tutti e quattro gli chef delle sedi di Milano, Dubai, Tokyo e New York. È stato molto stimolante».

In città si parla del fatto che Armani Restaurant 5th Avenue potrebbe ottenere la prima stella Michelin.
«Posso dire che molti feedback dai nostri clienti sono positivi, il che ci rende estremamente motivati. Poi non spetta a me…».

Cosa significherebbe quella stella?
«Il nostro personale ha un background da stella Michelin: ottenerla sarebbe un riconoscimento straordinario a tutto il duro lavoro che abbiamo svolto».

 

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