Elvia Iannaccone, foto-tatuatrice a New York: «Milano era dura, ma forse oggi ci tornerei»

Elvia Iannacone
Elvia Iannacone

A Milano è arrivata quando aveva appena due anni. I primi passi a New York, invece, li ha mossi dopo l’attentato dell’11 settembre, sempre con il filo della fotografia e dei tatuaggi a unire i punti geografici e temporali del suo percorso. Elvia Iannacone Gezlev è una foto-tatuatrice a New York. Ma, se avesse l’opportunità, «a Milano forse oggi ci tornerei».

 

tatuaggi
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Elvia, in che Milano sei cresciuta?
«In quella dei locali punk-rock e dei centri sociali, come il Leoncavallo. Gruppi come i Clash mi hanno aiutato a combattere un senso di isolamento che mi ha sempre accompagnato: la Milano degli anni Ottanta era una città molto dura».

Come mai?
«Perché i soldi erano tutto e c’erano poche occasioni se non li avevi. I canoni di bellezza erano stabiliti dall’anoressia delle modelle».

La città è cambiata molto da allora.
«Sì. E ho tanti bei ricordi. Il carnevale in piazza Duomo e l’Inter allo stadio da piccola, le giornate all’ippodromo e David Bowie a San Siro con mamma».

Elvia è stata prima fotografa o prima tatuatrice?
«La passione per la fotografia è nata presto, quando presi in mano la Canon di papà e capii».

Ma l’impatto non fu proprio positivo.
«No, perché la prima macchina usata me la rubarono in Irlanda, alla prima esperienza come fotografa. Non bene».

Nonostante questo, hai proseguito: che cosa fotografavi a Milano?
«Concerti, anche se la vera occasione è arrivata con la rivista Tattoo Revue. Lavorai come reporter-fotografa per loro e ho un ricordo meraviglioso perché unii le mie tre grandi passioni: foto, tatuaggi e viaggi».

Poi il grande salto in America.
«Ci andai per la prima volta nel 2000, ma la vera spinta la sentii dopo l’attacco alle Twin Towers, quell’11 settembre. Un impulso fortissimo mi disse di rimanerci».

Da dove hai ricominciato?
«Dai tatuaggi. Iniziai a imparare la professione dal 2000 e nel 2003 trovai un lavoro in uno street shop di Brooklyn, che cambiò tutto».

Che è successo?
«Ho imparato molto e conosciuto il mio futuro marito. Nel 2004 mi sono sposata e avuto il mio primo figlio».

E da allora non ti sei più voltata indietro.
«Trovai a New York quel qualcosa di diverso che cercavo: la mentalità italiana mi andava stretta ed ero attratta dalla scena musicale newyorkese, dall’arte, dal cibo. Ma non avevo programmato di restarvi».

Più di 16 anni dopo, però, sei ancora qui. Su che progetti stai lavorando ora?
«Sono mamma di tre ragazzi, la mia vita gira attorno a loro… Ma oggi fotografo per il mio progetto Ladies of Tattooing-NYC, che include foto e interviste a tatuatrici, stabili o di passaggio, a New York».

Qual è il focus?
«La figura della donna tatuatrice, essendo io una di loro. Mi sono buttata in un progetto editoriale del genere, totalmente indipendente, proprio per questo motivo».

Su queste basi è nata l’idea di Ladies-Ladies, già dal 2010. Di che si tratta?
«È una mostra d’arte che racconta le storie di donne tatuatrici a livello internazionale e mi permette di conoscere sempre nuove professioniste».

Milano e New York: che cosa rappresentano per te?
«New York è un mito… quando la vedi dall’Italia. Bisogna viverci per capire come funzionano le cose qui. Milano è più a misura d’uomo e ho la sensazione sia diventata più aperta».

Ma ci torneresti in pianta stabile?
«Avere la famiglia vicino sarebbe bello, ma i miei figli hanno una vita qui a New York e sarebbe complesso introdurli in Italia. Una cosa, però, è certa».

Cosa?
«Se avessi una buona offerta di lavoro, forse ci tornerei. Altrimenti verremo a fare i turisti, i miei ragazzi vogliono provare i panzerotti di Luini».

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Tattoo
Elvia si è introdotta nel mondo dei tatuaggi muovendo i primi passi grazie a Gian Maurizio Fercioni e Massimo di Queequeg Tattoo. Per un periodo ha fatto da assistente a Simone Falcetta.

Periodo oscuro
La Milano in cui è cresciuta è una città «dove mi sono trovata spesso in situazioni compromettenti e pericolose, anche solo cercando un lavoro». Elvia ricorda che «la vita notturna mi ha risucchiato: discoteche, rave party e tanto altro hanno contraddistinto molte delle mie notti milanesi. Era diventata una spirale verso il fondo». Da cui, però, è uscita.

Dieci anni dopo
La scorsa primavera Elvia ha portato a Milano il suo libro fotografico, My Tattoo World, con il materiale scattato tra convention ed eventi ai tempi di Tattoo Revue. Dal libro pubblicato a New York è nata una mostra itinerante tra Brooklyn, Manhattan e Milano, dove è tornata dopo dieci anni di assenza grazie ad un’esposizione al Pittan Tattoo, ospite di Claudio Pittan.


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