Matteo Rivolta, la guida di RiFra: «Da Macherio alla Mela, tre generazioni dopo»

matteo rivolta
matteo rivolta

Quando Giovanni Rivolta, artigiano brianzolo, avviò nel 1930 la sua prima bottega a Macherio, 25 chilometri a nord di Milano, mai si sarebbe immaginato che la sua eredità sarebbe sbarcata dall’altro lato dell’oceano. Invece quasi 100 anni e tante metamorfosi aziendali dopo, RiFra, specializzata in arredamenti di lusso, arriverà nella Mela con uno showroom a Brooklyn. E lo farà con il pronipote di Giovanni, Matteo Rivolta.

 

Lei è cresciuto negli anni ’90. Che Milano ha vissuto?
«Ho fatto le superiori all’istituto Corridoni e l’università in Cattolica: era una Milano diversa da quella di oggi, ma comunque una bella città».

Che ricordi ha?
«C’erano molti meno grattacieli, ma la vita notturna dei bar era effervescente. Ricordo che la mia generazione andava tutta a un locale, il Propaganda, che ad esempio oggi non esiste più».

La sua storia personale è legata a doppio filo a quella della sua famiglia. Di cosa si è occupato in azienda, all’inizio?
«Sono passato dall’ufficio tecnico a quello commerciale e ho sempre avuto la passione per i mercati esteri. Russia, Lussemburgo, Grecia».

Poi i primi contatti con New York.
«Sì, era il 1999, ricordo che dovevamo aprire uno showroom con altre aziende del settore e stavamo lavorando intensamente su quel progetto. Poi l’11 settembre rimandò tutto».

Che città avevate trovato?
«Una realtà che ci ha coinvolti e si è aperta subito, senza timori, senza pensarci».

Nel 2003 il primo passo con lo showroom di un consorzio, assieme ad altre sei azienda italiane, a Soho: com’è cambiata New York negli anni?
«Credo che un ruolo lo abbia avuto l’allora sindaco Bloomberg: la città è stata stravolta dal punto di vista commerciale e in meglio. Ma la sua anima non è mai cambiata».

Lei ha un piede in Italia e uno negli USA: con che occhio vede Milano?
«Paradossalmente l’ho vista cambiare più di New York. Credo ci sia una parabola di forte crescita che legherà, nella sua storia, Expo 2015 con le Olimpiadi 2026. E gli investimenti degli stranieri hanno un peso, pensi alle due squadre di calcio».

Parliamo di arredamento. A che cosa piace al newyorkese che non piace al milanese?
«Il nostro compito è di esportare lo stile milanese nel mondo attraverso i nostri bagni e le nostre cucine, quindi a livello di design direi poco. Agli americani il Made in Italy piace tanto. Ma ci sono delle differenze».

Ad esempio?
«Ai newyorkesi piace di più l’effetto del legno e meno le laccature. E poi, beh, pensi alla lavatrice».

Alla lavatrice?
«A New York non c’è, nemmeno nelle case di lusso, perché tutti fanno la lavanderia nel piano interrato. Cose come queste cambiano il concetto degli spazi in cui le persone pensano di vivere».

Perché avete scelto Manhattan ieri e perché Brooklyn oggi?
«New York è al centro del mondo e credo continuerà ad esserlo domani. Si sta allargando, però, a livello urbanistico in un modo spaventoso e il quartiere Dumbo, dove verrà aperto lo showroom, oggi è una nuova Manhattan».

Milano e New York: una differenza e una similitudine.
«Sono entrambi leader dei loro Paesi. Come Milano non è l’Italia, così New York non è la città perfetta per spiegare l’America. Anche se, certo, a livello di dimensioni siamo piccolissimi rispetto a qui».

E domani Matteo Rivolta si considera più milanese o più newyorkese?
«Entrambi. Crediamo che i prossimi cinque anni saranno fondamentali, per me come imprenditore e per noi come azienda».


www.mitomorrow.it