Boomdabash, via al tour: «Il nostro mambo scuote Milano»

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I tormentoni estivi, compresi quelli dei Boomdabash, non si contano più. Fanno quasi più rumore quei pezzi che tormentoni non lo sono o che non ambiscono a diventarlo. Ma, va anche detto, c’è tormentone e tormentone. Il brano “dell’estate” non dev’essere qualcosa di forzato, di commercializzato perché la gente se lo aspetta. Dev’essere un brano, sì, fresco e leggero ma con una storia, un background che gli permette di crescere e di affermarsi.

Che, poi, è l’essenza della filosofia dei Boomdabash, in grado di colorare questo caldo afoso e a tratti insopportabile addirittura con due hit: il successo di Sanremo Per un milione – uno dei pochi ad aver attraversato due stagioni, raggiungendo il Doppio Platino – e la nuova Mambo Salentino, già certificata Disco d’Oro, che si avvale della preziosa collaborazione di Alessandra Amoroso.

In tour da questa sera a Pavia, i Boomdabash si sdoppiano tra il Salento «culla creativa» e Milano «dove tutto diventa realtà». Parola di Biggie Bash, voce e leader del gruppo completato da Payà, Blazon e Mr. Ketra. Ed è proprio Bash, al secolo Angelo Rogoli, a raccogliere da Mi-Tomorrow il premio “platonico” di band dell’estate.

Angelo, credi esista una ricetta scientifica per far nascere un successo estivo?
«Non credo ci sia proprio una ricetta standard: un pezzo diventa un singolo dell’estate per una combinazione di fattori. Noi, fondamentalmente, lavoriamo seguendo molto il nostro sesto senso: quando, ascoltando magari un provino che abbiamo fatto, sentiamo quella vibrazione da pelle d’oca, vuol dire che siamo di fronte ad un possibile singolo».

Quindi si parte da sensazioni strettamente personali.
«Esatto. Non facciamo mai uscire nulla che non ci provochi queste sensazioni. È una caratteristica che ci ha sempre dato ragione e quindi ci fidiamo molto del nostro gusto. Ovviamente, a livello tecnico, la cosa fondamentale è la composizione del ritornello, il fulcro del brano. Al di là di questo, non c’è una ricetta precisa. Almeno da parte nostra».

Le radio sono invase da Mambo Salentino, già certificato Disco d’Oro. È nata prima l’idea del brano o la volontà di fare qualcosa con Alessandra Amoroso?
«In questo caso è nata prima l’idea di fare qualcosa con Alessandra, abbiamo cominciato a parlarne poco prima di Sanremo. Ci siamo trovati a cena insieme con lei e il suo manager, che è il suo compagno, con la volontà di ripetere la formula di A tre passi da te del 2015. Poi abbiamo cominciato a lavorare sul brano con l’idea che si scostasse da ciò che avevamo già fatto. Qualcosa di più ballabile, lontano da quello che facciamo solitamente, che avesse sonorità dancehall, anni Novanta».

Vi sentite, in questo momento, il contraltare della trap?
«Il dancehall reggae c’è sempre stato in Italia, quindi è un ritorno di qualcosa che c’è sempre stato. Sicuramente fa da antagonista in senso positivo al filone trap, un genere che la sta facendo da padrone in questi anni, ma che a differenza del reggae non era presente in maniera così incisiva. È un fenomeno che deriva da una corrente americana e ci sono anche cose che piacciono. Ho degli ascolti molto trasversali, non faccio distinzioni di genere».

Chi ascolti della sfera trap?
«Hai detto Sfera a caso? (ride, ndr) Diciamo che ci sono cose del trap che mi piacciono, spesso sono di Sfera Ebbasta e Capoplaza. Ma penso anche ad artisti validi come Vale Lambo: ascolto molto la scena napoletana, lui è di Secondigliano. Scrive temi crudi, ma veri. Una piccola critica che mi sento di fare è che, se la trap vuole sopravvivere, bisogna cominciare a capire che bisogna ampliare un po’ il fenomeno. Gli artisti dovrebbero arricchire i loro brani per creare la base per un seguito più duraturo».

Come si spiega, se vi siete dati una spiegazione, il successo di Per un milione?
«Non ce lo aspettavamo, lo speravamo ma poco altro. Lo avevamo lavorato non tanto in funzione del Festival ma per il post Sanremo, certo che arrivare a luglio e vedere che non vuole scendere nelle parti basse delle classifiche è una grande soddisfazione. A dirla tutta, non ci aspettavamo nemmeno di essere presi al Festival anche perché nelle prime fasi, quando c’è la corsa al palco, c’è una commissione che esprime opinioni positive o negative e non puoi certo sapere come andrà a finire. Se, al primo ascolto, ti dicono che è un bel brano, non vuole certo dire che ti hanno preso. La nostra fortuna è che Claudio Baglioni ha voluto rendere i brani particolarmente trasversali e questo ci ha favoriti».

Arrivavate dal grande successo di Non ti dico no, altra hit estiva.
«Sì, anche quella nata in maniera assolutamente imprevedibile. Si chiacchierava, non ricordo chi disse: “Perché non proviamo a fare un pezzo con Loredana Bertè?”. Ridemmo perché pensavamo impossibile che un’artista come potesse accettare di fare qualcosa con noi. Il brano, invece, le piacque tantissimo. Ci beccammo dopo un mese in studio a Milano. Ed è venuto fuori quella che resterà per sempre una hit delle nostre estati».

Hai parlato di Milano: che cos’è per voi?
«Il centro della musica. Del business musicale soprattutto, della discografia e di tutto quello che è il fulcro del music biz. Noi abbiamo la nostra comfort zone in Salento, ma Milano è il centro di tutto il resto. A Milano c’è molta frenesia, però è il cuore del nostro mondo».

Ti sei mai chiesto perché proprio Milano sia diventata, come dici tu, il fulcro del music biz?
«Bella domanda. Non saprei, davvero: per come le abbiamo viste e le vediamo noi, Roma è sempre stato il cuore del cinema, Milano quello della musica. E questa fama è accresciuta in modo costante anche grazie all’approdo di numero di artisti che hanno provato a darsi un’opportunità scegliendo come meta d’arrivo Milano».

Qui, il 9 maggio, avete festeggiato i vostri primi quindici anni di carriera. Quali sono i migliori luoghi per fare musica a Milano, secondo voi?
«Sarò di parte visto che abbiamo festeggiato proprio lì, ma per me l’Alcatraz è il migliore live club d’Italia, sia per l’atmosfera che per l’acustica. Una zona che frequento spesso sono i Navigli, ma non avevo particolari riferimenti musicali: lì è tutto musica e movida».

Piccola raffica: un aggettivo per Ketra, tuo socio ma oggi anche uno dei produttori italiani più quotati.
«È un creativo, è la nostra mente. Colui da cui parte la scintilla musicale della produzione di Boomdabash».

Loredana Bertè.
«Ribelle. Rivoluzionaria, perché comunque è una persona che ha cominciato a lottare da quando era bambina. E anche ora continua a lottare. Ci ha segnato davvero tanto».

Alessandra Amoroso.
«Genuina. È una delle poche artiste di livello che capisci che potrebbe diventare un’artista mondiale, ma senza venir meno alla sua umiltà. Una delle persone più buone che abbia mai conosciuto».

Come vivete la concorrenza con gli altri tormentoni estivi?
«Viviamo questo lavoro senza fare mai un brano in ottica concorrenza. Se lavori in questo modo rischi di fare dei passi sbagliati, siamo solo in competizione con noi stessi. L’anno scorso abbiamo lanciato Non ti dico no, quest’anno abbiamo proposto qualcosa di diverso. L’estate è diventata una gara, ma non si lavora in funzione di quello. I prodotti in un paio di mesi spariscono».

Mentre i Boomdabash ripartono questa sera dal Castello Visconteo di Pavia, per un lungo tour fino a settembre. Poi?
«Stiamo lavorando a nuovi singoli per dopo l’estate. Sicuramente lavoriamo a nuova musica. In inverno dovreste riuscire ad ascoltare qualche novità: abbiamo già due-tre singoli papabili».

Con qualche featuring?
«Stiamo valutando. C’è un featuring che nessuno si aspetta. Ancora meno prevedibile di quello con Loredana».

E a Milano tornerete?
«In inverno certamente, ci pensiamo dopo il tour estivo ma un paio di date invernali non ve le toglierà nessuno».

Stasera alle 21.30
Corte del Castello Visconteo
Via Castello 15, Pavia
Biglietti: 19,55 euro su ticketone.it


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