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19. 04. 2024 05:56

Cultura moderna: da Sala a Bolle, fino a Riccardo Muti. Giorni caldi per il futuro dello spettacolo e degli spazi culturali

Il 30 ottobre la Manifestazione silenziosa in piazza della Scala

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Non accennano a placarsi le polemiche sulla sospensione delle attività di spettacolo fino al prossimo 24 novembre. La protesta è esplosa subito a Milano, a partire dal post del sindaco Sala: un’immagine, in bianco e nero, che rappresenta una platea vuota vista da un palcoscenico altrettanto desolato. «Il Capo dello Stato ha richiamato a uno spirito di leale e fattiva collaborazione tra le istituzioni della Repubblica. E io così farò – le sue parole –. Ma non posso dire di condividere le norme del Dpcm sullo spettacolo».

Cultura moderna: da Sala a Bolle, fino a Riccardo Muti. Giorni caldi per il futuro dello spettacolo e degli spazi culturali

A stretto giro, è stata la volta della manifestazione organizzata davanti al Teatro Strehler e capitanata da Paolo Rossi. Quindi è arrivato l’appello di Roberto Bolle: «L’arte e la cultura sono la voce e il nutrimento di un Paese. Fermare tutto vuol dire non solo imbavagliarlo, ma anche impoverirlo con effetti anche di lunga durata di cui non conosciamo la portata soprattutto sui giovani».

Piccolo Teatro Milano
Piccolo Teatro Milano

Solo poche settimane fa, in piazza Duomo, c’era stata la protesta dei bauli: 500 casse per montare gli spettacoli a ricordare le difficoltà del settore. Il 30 ottobre, invece, ci sarà una manifestazione per i lavoratori dello spettacolo in tutta Italia. A Milano l’appuntamento è in piazza della Scala, alle 10.00Si chiamerà L’assenza spettacolare – Manifestazione silenziosa. Farà rumore? Intanto il presidente dell’Agis, Carlo Fontana, ha sottolineato a più riprese come, con le dovute regole, il mondo dello spettacolo stia andando avanti in mezza Europa.

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E che il premier Conte, da lui sentito in prima persona, non abbia chiuso all’ipotesi di una modifica del decreto. Chissà che, in questo senso, possa aver pesato il botta e risposta con il maestro Riccardo Muti. Una querelle epistolare più unica che rara.

10 domande a… Filippo Del Corno, Assessore alla Cultura

«Dire che il nostro settore non sia necessario è un precedente pericoloso»

L’assessore alla Cultura del Comune di Milano, Filippo Del Corno, in compagnia di altri pari ruolo di alcune città italiane, ha scritto e inviato a Palazzo Chigi una lettera esponendo osservazioni critiche sulla sospensione delle attività di spettacolo.

Filippo Del Corno
Filippo Del Corno

Sala si è esposto chiaramente sul tema. Vi siete sentiti?
«Ci siamo consultati. Io ho avvertito il sindaco che avrei assunto una posizione chiara».

E così ha scritto una lettera da indirizzare al governo.
«Sì, l’abbiamo inviata al premier Conte e ai ministri Franceschini, Catalfo e Patuanelli. In questa lettera chiediamo due cose: riaprire al più presto tutte le attività di spettacolo e prevedere da subito degli ammortizzatori sociali adeguati per tutti i lavoratori del settore. Il costumista, lo scenografo, il tecnico devono sapere che l’interruzione forzata verrà salvaguardata».

Cosa pensa della chiusura di questi poli culturali?
«Sono luoghi sicuri, sotto il profilo dell’osservazione empirica e statistica. Questa chiusura va a incidere su un settore già in difficoltà. La preoccupazione per il virus è assolutamente condivisa da parte nostra, ma i numeri legati ai contagi in questi luoghi non giustificano la posizione presa. Nel corso di questi mesi a diventare occasione di contagio sono stati altri luoghi: un posto di lavoro, un ristorante, un ricevimento. Mai un cinema o un teatro».

Il decreto parla chiaro: cinema e teatri sono considerati attività produttive non necessarie. Non è grave?
«Questo è esattamente il punto. Dire che un settore produttivo economicamente rilevante come il nostro è non rilevante e quindi non necessario è un precedente molto pericoloso e un grosso errore di valutazione. Fermiamoci tutti, se i numeri non sono controllabili, con un lockdown totale o parziale con il proseguimento delle sole attività industriali. Se si opta per dei limiti graduali, strategia che peraltro posso condividere, allora lo si faccia con criterio e in base ai dati».

La risposta di Franceschini non sembra lasciar spazio a spiragli.
«Non mi ha convinto la risposta del ministro, per cui peraltro nutro una grande considerazione. In questo caso ha commesso un errore di sottovalutazione. Spero che ci convochi per un confronto aperto. In scadenza del decreto è possibile calendarizzare le riaperture ponendo il settore della cultura e dello spettacolo come priorità? Sarebbe una bella dimostrazione».

La Prima della Scala è una vetrina importante per Milano. Cosa ne sarà quest’anno?
«Guardi, le posso solo dire che tutte le realtà coinvolte nei processi produttivi sono sconvolte. I cicli produttivi che riguardano questo settore richiedono mesi e mesi di programmazione: è difficilissimo fare altrimenti. Riaprire un teatro non è come riaprire un ristorante».

Parliamo di Milano: quali teatri rischiano la chiusura definitiva in questo periodo?
«In realtà abbiamo un teatro che ha già chiuso, il Libero. Non ha retto alle conseguenze della pandemia, un po’ per l’affitto oneroso e un po’ per l’impossibilità di incassare i corrispettivi dell’attività. Stando all’ultimo censimento, abbiamo tra le 45 e le 50 sale teatrali attive. Stiamo monitorando la situazione».

E come la definirebbe?
«Non è tranquilla, ma i nostri teatri riusciranno a superare anche questa. Abbiamo conservato, come Comune, l’intero stanziamento a bilancio per i contributi e con il Piano Cultura sono stati destinati altri due milioni a soggetti culturali, tra cui cinema e teatri».

Quanto sono importanti i luoghi di spettacolo?
«Il momento in cui la tenuta democratica scricchiola, con la violenza che tende ad affermarsi e le disuguaglianze sociali che si acuiscono, è quello giusto per incentivare queste attività. Non per bloccarle».

Avremo mai un governo in cui la cultura possa ricoprire un ruolo primario?
«Impossibile dirlo. Siamo un po’ indietro, anche se questo governo ha le giuste personalità per farlo. Però c’è stato: parlo del governo Moro e Nenni, che istituì il principio di un ministero per la tutela dei Beni Culturali. Parliamo degli anni ’60».

dati dal mondo dello spettacolo
dati dal mondo dello spettacolo

Fonte: AGIS / App Immuni

E i circoli?

Maso Notarianni, Presidente ARCI Milano

«Sbagliato il bersaglio»

di Katia Del Savio

«Dopo il lockdown abbiamo chiamato uno a uno i nostri circoli per incoraggiarli a riaprire. Dei 90 affiliati delle province di Milano, Monza e Brianza e Lodi per ora hanno chiuso solo in tre, Ohibò compreso. Con il nuovo decreto non sappiamo invece cosa accadrà». A parlare è Maso Notarianni, presidente di Arci Milano.

Maso Notarianni
Maso Notarianni

Per riaprire avevate dovuto affrontare ingenti spese?
«I circoli hanno dovuto riadattare gli spazi e comprare tutti i dispositivi di sicurezza. In più è stato ridotto il numero dei soci che potevano entrare. Alcuni aiuti sono arrivati dai bandi, prevalentemente privati. Il Comune ha sospeso il pagamento degli affitti, ma non li ha annullati».

E ora dovete chiudere di nuovo…
«Cinema, teatri e spazi culturali si sono tutti attrezzati, così come i ristoranti e i bar che hanno lavorato bene. Questi luoghi sono stati considerati sicuri da tutti e le statistiche dei contagi lo confermano; quindi il governo questa volta ha sbagliato bersaglio. Bisognerebbe intervenire sulla capienza dei mezzi pubblici e fare più controlli sui luoghi di lavoro. In un momento come questo, mantenere aperti luoghi dove ci si prende cura di se stessi e degli altri è fondamentale affinché tenga il tessuto sociale».

Oltre al sostegno economico, cosa chiedete al governo?
«Di non scaricare tutto sui cittadini, attribuendo responsabilità che non sono dei singoli. Nonostante le movide dell’estate la stragrande maggioranza degli italiani ha dimostrato responsabilità. Penalizzare la cultura e la socialità fa arretrare la società».

Andrée Ruth Shammah, direttrice del Teatro Parenti, ha detto: «Non siamo solo corpi».
«Aggiungo che i corpi possono ammalarsi di malattie psicosomatiche e quindi avere cura dello spirito aiuta a rimanere più sani. Noi siamo pronti a ricominciare a dare una mano al Comune come abbiamo fatto con i nostri volontari la scorsa primavera con il progetto AiutArci Milano, consegnando cibo e mascherine. Vorremmo che anche le istituzioni fossero pronte nei nostri confronti».

4.400

i circoli Arci in Italia

90

i circoli fra Milano, Monza-Brianza e Lodi

900

i volontari

95.000

i soci

 

La petizione: 17.000 firme in due giorni

ARCI Milano
ARCI Milano

Diciassettemila firme in 48 ore. Tanto ha raccolto la petizione che alcune realtà dello spettacolo come l’Anteo Spazio Cinema hanno lanciato domenica scorsa su change.org all’indomani della firma del nuovo decreto che stabiliva la chiusura di cinema e teatri. L’appello è diretto a Giuseppe Conte, al ministro della Cultura Dario Franceschini e al presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini.

«Siamo un gruppo di lavoratori dello spettacolo e della cultura e a viva voce chiediamo che non vengano chiusi cinema e teatri, presidi in cui sono garantite tutte le norme di sicurezza igienico sanitarie, dal tracciamento dei posti alla sanificazione, al controllo della temperatura e all’uso della mascherina obbligatoria». La petizione è stata sottoscritta da produttori, attori come Angela Finocchiaro, Neri Marcoré, Claudio Bisio, Aldo, Giovanni e Giacomo, Marco Paolini, registi come Gabriele Salvatores, Silvio Soldini e Davide Ferrario, e lavoratori del settore.

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