«Non potevamo mancare, assolutamente». Giulietta e Marco Luoni dichiarano così il loro affetto nei confronti di Mi-Tomorrow, una volta saputo che il 9 ottobre, durante la serata celebrativa dei dieci anni della nostra testata riceveranno il premio Infinito in memoria della figlia Martina Luoni.
Nel 2020, nel pieno della pandemia, in un appello social Martina Luoni denuncia il rallentamento delle cure oncologiche a causa dell’emergenza sanitaria. In due giorni il video registra 5 milioni di visualizzazioni e poco dopo Martina diventa testimonial della Regione Lombardia per chiedere a tutti di rispettare le regole anticovid, in modo da proteggere soprattutto le persone più fragili.
Quell’anno i lettori di Mi-Tomorrow la eleggono Milanese dell’anno. Purtroppo Martina il 13 settembre 2021 muore a 27 anni per un tumore al colon metastatico. Da allora il premio Milanese dell’anno è dedicato a lei. Ogni ottobre i suoi genitori volano a Fuerteventura per ricordare la figlia, che, quando ha capito che le restava poco da vivere, si era trasferita per un periodo in quell’isola delle Canarie. Quest’anno torneranno a Milano in anticipo proprio per partecipare al nostro evento.
I genitori di Martina Luoni, Giulietta e Marco: «Non l’abbiamo mai sentita piangere, lamentarsi o dire “perché è successo a me”»
Perché Martina aveva scelto di andare a Fuerteventura sapendo di dover affrontare quei mesi così difficili, lontana da voi?
«Per trovare il contatto con la natura. Si era molto avvicinata al buddhismo, pensava che oltre alla morte ci fosse qualcosa. Quell’isola è molto selvaggia, solo il mare, le dune di sabbia e la scogliera. Ad aprile poi è stata male ed è tornata qui a Solaro, ma Fuerteventura la considerava la sua seconda casa».
Ora ogni anno tornate per esaudire un suo desiderio. Di cosa si tratta?
«Lei avrebbe voluto che spargessimo le sue ceneri lì, ma non ce la siamo sentita. Però abbiamo deciso di disperdere una ciocca di capelli tratta da una lunga treccia che le avevamo tagliato quando aveva 10 anni. Ogni volta che torniamo su quella spiaggia ci sembra di sentirla lì, molto vicina a noi».
Qual era invece il suo rapporto con Milano?
«Sinceramente non era la sua prima scelta. Lei amava profondamente la natura, il mare e la montagna. Era sempre piena di progetti, uno spirito libero».
Cosa sognava di fare da bambina?
«La ballerina, che poi è quello che ha fatto. Lavorava in palestra, insegnava alle bambine e fin da ragazzina è sempre stata molto portata verso il sociale. Faceva la volontaria presso ENPA e la Croce Rossa».
Com’è nato il suo soprannome “Leonessa”?
«Si è fatta tatuare un leone sulla spalla per lo spirito con il quale affrontava la malattia»
Nei momenti più duri questo soprannome non le pesava?
«No, anche se in un post a un certo punto scrisse di essere un po’ stanca di essere forte, che le sembrava di combattere contro i mulini a vento. Ma probabilmente è stato solo un momento di sconforto: noi non l’abbiamo mai sentita piangere, lamentarsi o chiedersi “perché è successo a me”. Aveva sempre il sorriso sulle labbra, poi chissà cosa aveva dentro. E’ stata aiutata da una psicologa. E poi da un suo desiderio e grazie anche alle nostre donazioni, è nato il progetto dell’ambulatorio di psicooncologia presso l’ospedale Sacco rivolto ai malati e ai loro famigliari».
L’idea di quel video-appello durante il covid è stata sua?
«Sì, e noi ne siamo stati travolti. Quel video è stato anche un po’ strumentalizzato. Lei doveva fare degli accertamenti e un medico le aveva detto che non c’era fretta, anche perché nel frattempo anche le sale operatorie erano chiuse, ma non le hanno detto che non sarebbe stata operata. Inoltre non tutti sanno che anche la sorella aveva un problema simile, anche se molto meno grave, e Martina l’ha fatto anche per lei».
Quella sua tenacia vi sorprese o faceva parte del suo carattere?
«È sempre stata molto attiva e una volta saputo di essere malata lo era diventata anche di più, forse perché sapeva di non avere molto tempo».
Cosa vi ha insegnato?
«Ci ha insegnato a cercare di essere sempre positivi, a prendere il buono dalla vita».
Anche voi siete stati coraggiosi, l’avete lasciata molto libera.
«Martina ha voluto vivere da sola, le abbiamo preso la casa nonostante dovesse sottoporsi a tante terapie. Rispettavamo la sua privacy e non volevamo mostrare la nostra sofferenza. Quando è stata male la prima volta le avevano dato sei mesi di vita, invece ha vissuto ancora tre anni e in quel periodo abbiamo cercato di accontentare i suoi desideri. La seconda volta che è andata a Fuerteventura aveva appena terminato la radioterapia per le metastasi ai polmoni, ma noi l’abbiamo lasciata andare. Se avesse voluto la Luna noi le avremmo dato la Luna».
Come reagì quando seppe che i lettori di Mi-Tomorrow l’avevano eletta Milanese dell’anno?
«Era felicissima, non stava più nella pelle!»
Nell’intervista a MilanoVibra disse che la nonna, morta anche lei di tumore, era stata il suo esempio. Lei a sua volta è stata, ed è ancora, un esempio per altre persone.
«La nonna era una forza della natura e Martina ha preso tanto da lei. Tanti hanno tratto poi forza da Martina e ancora adesso sui suoi profili social arrivano ancora dei messaggi».
Oltre al progetto dell’ospedale Sacco e alle iniziative dell’associazione creata da un’amica, I colori dell’anima, come pensate di ricordare Martina pubblicamente?
«Ci sono un po’ di progetti in cantiere, ma quello più concreto è l’evento che il prossimo 8 febbraio organizzeremo in suo ricordo in un teatro di Saronno con le ragazze del suo gruppo di ballo, con le sue piccole allieve e forse con una sfilata».