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24. 04. 2024 13:11

Gialli, ma non troppo: per i ristoranti una breve tregua prima della nuova serrata

Bar e ristoranti nella morsa delle feste: quasi un “contentino” prima di una nuova, sempre più probabile serrata. Come si resiste? Provano a dircelo loro

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Tavolini dentro e all’aperto, sedie, una timida ma necessaria riapertura, gente che entra e gente che esce. Questa volta, con la Lombardia in “zona gialla”, niente asporto obbligatorio per i clienti. I bar e i ristoranti hanno riaperto al pubblico, che ora può consumare cibi e bevande direttamente dentro al locale.

Da quando la Lombardia è passata “zona gialla” sono state riviste le restrizioni osservate con la ristorazione che ha riaperto ad uno spiraglio di normalità. Alcuni locali hanno ritrovato i clienti di sempre, con numeri e richieste ridotte, per una vera e propria prova di riapertura totale – pro tempore – al pubblico. Tutto nel pieno rispetto delle norme vigenti e delle restrizioni per la prevenzione della diffusione del contagio.

Misure. È una Milano che non mostra il solito splendore invernale, i milanesi provano a dare un senso a questo periodo che precede il Natale alla ricerca del regalo e dell’occasione. Poco entusiasmo e pochi clienti per bar e ristoranti che tentano di ripartire inseguendo i numeri e gli incassi almeno della fase pre “zona rossa”.

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Le misure di restrizione sono quelle osservate da inizio pandemia, tavolini e sedie distanziate, gel igienizzante all’ingresso di ogni locale, mascherine e numeri contingentati per l’ingresso. Come sempre, il rispetto della fila e la pazienza di attendere il proprio turno anche fuori dal locale: concetti chiave per ogni cittadino, ormai all’ordine del giorno.

Futuro. Nel nostro giro perlustrativo prevale l’incertezza per un futuro che conosce sempre meno garanzie. Questa nuova “riapertura” permette ai cittadini di spostarsi liberamente, seppur permanga il coprifuoco delle 22.00 e, per i locali, lo stop alla somministrazione in loco alle 18.00. Gli stessi che, a breve, dovranno chiudere nuovamente per primi. In un tira e molla psicologico sempre meno sostenibile.

Massimiliano Biagiotti: «Le 18 ci penalizzano e il delivery non basta più»

In piazza del Carmine ha riaperto il Carmine Bistrot. Pochi guadagni, la necessità di effettuare ordinazioni d’asporto anche durante i due lockdown, ma sempre con la voglia di tornare presto ad una normalità che ora sembra lontana.

Tanto spazio all’esterno, niente aperitivi: la chiusura delle sei di sera penalizza gli incassi. Al momento non ci sono soluzioni o garanzie, solo un’attesa interminabile per qualche passo in avanti. Una gestione familiare – mamma e figlio – con qualche dipendente, per una realtà in centro alla città che attende ancora la vera ripartenza. Come tutti.

Zona gialla: cosa è cambiato?

«Lo smart working ha messo in ginocchio la pausa pranzo e tutti i ricavi che ne conseguono per noi. Non so quando la gente tornerà ad uscire seriamente, un ritorno al “prima” sarà davvero difficile se non impossibile. La chiusura imposta alle 18.00 ci penalizza tantissimo, il fatturato importante si fa a quell’ora e nel pre e post cena».

Avete ritrovato i vostri clienti?

«Non proprio. La gente è diminuita tanto, mantenere le distanze previste, quelle di sicurezza, è stato molto facile per noi. Ci hanno dato spazio in più all’aperto, nella piazza qui davanti e ci ha senza dubbio aiutato tanto. Ma di aiuti economici non ne sono arrivati tanti: dovevano bloccare le spese, non dare soldi».

Avete provato con il delivery?

«Per la nostra realtà non è una soluzione, abbiamo creato una formula aperitivi che mi ha solo permesso di giustificare il mio essere al lavoro».

Gianluigi Casati:«Un ritorno che è riuscito a stupirci»

Un bar in via Dante, vista Castello Sforzesco. In una via natalizia con luci e alberi decorati, il Caffè Sforzesco ha ripreso l’attività per i propri clienti. Spazio dentro e fuori, con la possibilità – da ora – di consumare direttamente al tavolo. Numeri che parlano di crisi, dipendenti più che dimezzati con la speranza di ripartire da dove si era interrotta la fiorente attività.

Una fase in “zona gialla” iniziata con il botto e numerosi clienti, in attesa di apprendere i prossimi passi per la ristorazione. Il caffè al tavolo non può competere con l’asporto, il proprietario non ha dubbi. Si riparte solo con il cliente che consuma all’interno e vive il locale.

Zona gialla: cosa è cambiato?

«Siamo rimasti disorientati e piacevolmente sorpresi dal numero di persone che abbiamo accolto in questi ultimi giorni, c’era tanta volta di uscire e tornare alla normalità. Un caffè al tavolo, magari in compagnia, è sempre un piacere per tutti: dai più giovani ai signori anziani. Abbiamo percepito questo nelle persone, nonostante resti la paura verso un momento di incertezza epocale».

Quanti siete operativi?

«Oggi siamo in totale 15 dipendenti, mentre prima della pandemia davo lavoro a circa 80 persone. Abbiamo sofferto e stiamo soffrendo, come tutti, il periodo di chiusura».

Speranze per l’anno prossimo?

«Aspettiamo solo di riprendere il nostro lavoro come prima, con tutte le precauzioni del caso che difficilmente elimineremo per i prossimi anni. Dobbiamo stare alle regole e aspettare momenti migliori per tutti».

Luca Filomeno:«Senza turisti non stiamo lavorando»

Qualche metro più avanti, sempre al centro di via Dante, il capannone all’aperto riscaldato del Majestic Café. Tanta preoccupazione per un futuro incerto, una chiusura imposta, lunga ed inaspettata. Tanto spazio all’esterno, qualche cliente in meno e un futuro che prevede ulteriori perdite.

Il periodo natalizio di quest’anno porterà qualche cliente in meno, con il numero di persone in giro per la città di Milano più che dimezzato. La perdita proviene soprattutto dal numero minimo di turisti, fonte di guadagno per tutti i ristoratori milanesi. Un’attesa interminabile, incassi che non permettono la copertura delle spese. Per ora, la nuova “zona gialla” non ha portato i risultati tanto attesi.

Zona gialla: cosa è cambiato?

«Intanto siamo entrati in un periodo che solitamente vede un calo degli incassi: d’inverno la gente di questa parte centrale di Milano parte e va via. Quest’anno sarà veramente difficile perché arriviamo da un momento complicato nel quale abbiamo incassato pochissimo e facciamo rifornimenti che poi non vengono consumati».

Avete ricevuto i sospirati aiuti economici?

«Dobbiamo pagare le tasse come se la situazione fosse quella di sempre, siamo in difficoltà anche se ci troviamo in un punto centrale della città: non ci sono turisti».

Quindi pochi clienti…

«La zona rossa ci ha costretti alla chiusura e ora non c’è praticamente nessuno in giro, lo si vede per le strade e lo possono confermare i ristoratori che lavorano intorno a noi. Per il momento, non abbiamo ancora tratto alcun beneficio dal cambio di colore. Figuriamoci se torneremo in lockdown a Natale».

Federica Di Lecce:«Non ricordiamo più il lavoro di prima»

Al Bistrot El Birocc, in via Giuseppe Verdi, è difficile ricordare i periodi che hanno anticipato la pandemia che ha colpito e messo in ginocchio la città. Ricordi sbiaditi che hanno lasciato spazio a lunghi periodo di chiusura e un necessario scoinvolgimento delle priorità e delle disposizioni. La zona gialla ha permesso di riaprire momentaneamente le porte ai clienti che sono tornati numerosi.

Da parte dei proprietari del locale – una gestione in famiglia -, il livello di allerta non si è mai abbassato. Sanificazione diverse volte al giorno, tavolini distanti per la sicurezza di clienti e personale. Numerose le perdite, altrettanti i cambiamenti messi in pratica nel presente e in cantiere per il futuro.

Zona gialla: cosa è cambiato?

«Le persone che vengono a bere il caffè da noi sono sempre le stesse, magari ora c’è più piacere e voglia visto che si può stare dentro e consumare al caldo. Non mi ricordo cosa voglia dire fare il lavoro di prima, sono cambiate così tante cose in questi ultimi mesi che ho ricordi sbiaditi».

Come riuscite a sostenervi economicamente?

«Posso dire che le perdite sono tante, tante, tante, per noi come lo sono per tutti. Sicuramente sono aumentate le persone che passano di qui, ma non ci sono differenze significative dalla “rossa” alla “gialla”».

Mascherine, gel, distanze: la gente è rispettosa?

«Noi disinfettiamo tutto il giorno le superfici. Siamo attenti al rispetto delle regole, tanto quanto siamo qui a contare perdite importanti per il nostro presente e per il futuro».

Nadia Zannomello:«Manca chiarezza per noi, ma anche per i clienti»

Preoccupazione, incertezza e tante domande senza risposte. Nella nostra visita al Gatto Nero, in piazza Santa Maria Beltrade, la proprietaria Nadia Zannomello ripercorre mesi duri di gestione compromessa dalle numerose spese. Entrate che, ancora oggi con l’allentamento delle misure, non sono sufficienti per le spese di affitto e per gli stipendi.

Bianco o nero, chiusi o aperti: è sempre più difficile convivere con restrizioni e dover comunque garantire la copertura di spese ora fuori budget. Arduo ritrovare lo spirito di prima, in attesa di piccoli passi verso la normalità che potrà restituire il senso della professione.

Zona gialla: cosa è cambiato?

«Poco. La cosa che spaventa di più, in questo momento, è la mancanza di chiarezza per noi ristoratori e per le persone. Trovo assurdo poter servire un caffè ad un cliente che però non può usufruire dei servizi igienici. Anche in questi giorni, in tanti mi hanno chiesto: “Posso sedermi? Posso bere qui? Cosa posso fare in questo locale?”. Pazzesco».

Manca chiarezza.

«Esatto. Non si capiscono le regole e sicuramente cambieranno a breve, visto il gran numero di persone che ora si trova in giro per acquistare i regali. Ci stanno prendendo in giro secondo me. Volete chiudere tutto? Va bene, ma venga detto chiaramente senza ulteriori balletti».

È anche un problema di organizzazione.

«Per noi sono problemi concreti, per i numeri e per le prospettive. La chiusura delle sei di sera è altrettanto penalizzante, ma non possiamo fare nulla di concreto».

 

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