1.000 Mi-Tomorrow, Giuseppe Sala: «Io, persona normale e sindaco ambizioso»

giuseppe sala
giuseppe sala

Che Giuseppe Sala sia un sindaco non convenzionale è facile capirlo dal suo profilo Instagram. L’abbiamo visto suonare la tromba, fissare un peperone, fotografarsi in Santeria con Marracash e al Rocket con Mahmood. Ma anche partecipare ad un video del Milanese Imbruttito, immortalare scorci di Milano, della Liguria e del Myanmar.

Giuseppe Sala, se non si fosse capito, ama mantenere un contatto con la vita reale. E lo racconta, illustrando le sue idee per il futuro di Milano in occasione del numero 1.000 di Mi-Tomorrow.

Sindaco, cos’altro dobbiamo aspettarci prossimamente dal suo Instagram?
«Vorrei cercare di essere sempre una persona normale. Il mio predecessore, Giuliano Pisapia, quando parlavamo del ruolo del sindaco, mi aveva un po’ spaventato».

In che modo?
«Mi disse: “Non riuscirai mai ad andare al cinema”. Io, invece, sto cercando di andarci perché non riuscirei ad essere quello che sono e far bene il mio lavoro se non nutrissi la mia curiosità, che significa andare al cinema o dieci giorni in vacanza in Myanmar. C’è proprio zero atteggiamento in quello che faccio e non esiste la paura di mettermi un po’ a nudo: sono aspetti che sento molto dentro».

Da dove provengono?
«Ho parlato molto della mia malattia, perché negli anni ho capito che è un modo per aiutare chi passa attraverso certe situazioni. Sono sempre stato così».

Parlando ancora di Instagram, a Mahmood ha portato fortuna, visto che ha sfiorato l’Eurovision Song Contest: che giovane milanese ha potuto conoscere?
«Un ragazzo poco artefatto, molto cosciente del fatto che la sua vita stava cambiando dopo Sanremo, magari un po’ spaventato della potenziale mancanza di privacy. Certamente, una bella persona».

Che cosa l’è rimasto dell’invasione della città da parte degli Alpini?
«L’idea di genuinità che si portano dietro. Anche gli Alpini si mostrano per quello che sono, non cercano di essere diversi. A me girano le scatole che gli anni passino, però ho conquistato la libertà di non dipendere dal giudizio degli altri. Non ho l’ossessione di dover piacere, nel pubblico e nel privato».

Quale critica, magari superficiale, l’ha seccata di più in questi anni?
«Recentemente ho ricevuto critiche per l’aumento del biglietto Atm a 2 euro. Invito a prendere la metropolitana a Londra o a New York per comprendere come la nostra sia anni luce avanti, eppure altrove il biglietto costa più che da noi».

Quindi cosa risponde?
«Abbiamo dimostrato nell’ultimo bilancio che i conti tornano comunque, ma l’aumento è un atto di coraggio: è un’operazione fatta per continuare a migliore il servizio. Poi la politica si attacca a questa cosa, ma la trovo ingiusta».

E quale complimento la inorgoglisce?
«Mi fa godere quando incontro persone che mi dicono “Non l’ho votata, ma oggi la voterei”».

A proposito di voto, si avvicinano le Europee: come rivive la nuova discesa in campo del suo predecessore Giuliano Pisapia?
«Lui offre un contributo importante ad un partito come il Pd che ha dichiarato la volontà di allargarsi, poi dovrà essere in grado di allargarsi in tutte le direzioni. Non penso che Giuliano abbia bisogno del mio aiuto quanto, invece, Pierfrancesco Majorino. E’ chiaro che la sua non elezione non sarebbe una bella cosa anche per la mia squadra».

Un motivo in più per tirare la volata al suo assessore…
«Ha un bacino elettorale più limitato ed io sto cercando di spiegare che non è un estremista come lo si disegna. E’ radicale in alcune idee, ma ha la testa sulle spalle. Non ha mai preso un’iniziativa che potesse mettermi in difficoltà. Erano magari manifestazioni di rottura, ma concordate con me. Spero molto nella sua elezione e sono altrettanto consapevole che il risultato a Milano sarà interpretato come un tagliando alla giunta».

Qual è la sua idea della sinistra italiana di domani?
«Dobbiamo tutti avere l’umiltà di pensare che quelli che non ci votano hanno una serie di motivi per non votarci che non sono necessariamente di condivisione o meno dell’idea politica. La sinistra deve sfuggire ad un discorso di orizzontalità troppo definito, perché queste categorie sono perfette per chi fa politica, ma non lo sono sempre gli elettori».

Come può farlo?
«Bisogna trovare un incrocio tra temi e – ricorrendo ad immagini aziendali – cluster di elettori».

Ad esempio?
«C’è un tema importante, che è quello ambientale, che si associa ad un cluster che sono i giovani. Negli Stati Uniti, tanto per dire, i giovani vogliono sentire parlare di questi temi. In Italia chi parla a loro? La sinistra deve presentarsi in maniera diversa, presidiando i suoi temi (il mio per definizione è il binomio sviluppo-solidarietà), ma sapendo anche cambiare pelle».

A proposito di Stati Uniti, quale distanza ancora coglie da loro?
«Una distanza siderale nella concezione del mondo del lavoro. Qui subiamo il fantasma di Amazon o il fenomeno dei riders, ma in America il lavoro in remoto da casa sta diventando una realtà, così come le nuove professioni legate alle tecnologie. Noi siamo oggettivamente indietro».

Indichi tre priorità da qui alla scadenza del mandato nel 2021?
«Abbiamo costruito un percorso che traccia lo sviluppo della Milano del 2030, che non è solo il Piano di Governo del Territorio. Nei prossimi due anni dobbiamo vedere qualcosa di concreto: ad esempio, in una città universitaria quale ormai siamo, voglio vedere nascere nuovi studentati».

Cos’altro?
«Colmare un po’ la differenza tra centro e periferie: faremo i conti a fine mandato, ma credo che si veda qualcosa di diverso rispetto a quando siamo partiti».

La terza?
«Fare nuovi passi avanti nell’ambito della promozione internazionale di Milano. Stiamo ripensando l’agenzia dello sviluppo sul modello di London and Partners: le grandi città cercano investimenti stranieri, studenti stranieri, turismo straniero. La dimensione internazionale per me è molto adatta a Milano ed è parte del mio disegno politico».

A che cosa si riferisce?
«E’ una dimensione che procura tanti vantaggi. Anche se consideriamo l’immigrazione un prezzo da pagare, riflettiamo se non valga la pena pagarlo: o siamo una città aperta e internazionale o non lo siamo…».

Olimpiadi 2026: perché essere fiduciosi in Milano-Cortina?
«Il nostro dossier è basato sulla concretezza di Milano e sull’iconicità di Cortina: un’idea veramente straordinaria. Poi a Stoccolma sono favorevoli poco più del 50 per cento degli abitanti, a Milano l’87%. E’ un dato importante».

E cosa temere?
«Agli svedesi non hanno mai assegnato le Olimpiadi e sono molto capaci a fare lobbyng a livello politico-istituzionale».

Che cosa deciderà il verdetto finale?
«Gli ultimi giorni saranno giorni di trattative intense. Fino all’ultimo momento ci saranno gli indecisi tant’è vero che si voterà il lunedì, ma io sarò a Losanna già da sabato mattina perché voglio stare sul pezzo».

In questo senso quanto ha pesato quel che accadde con Ema?
«Se non dovessimo portare a casa le Olimpiadi, ci saranno quelli che diranno che perdo le partite decisive. Voglio provarci comunque e mi son preso il rischio politico. Non lo nascondo: se non ci fosse stata la sconfitta su Ema, sarei più sereno».

E’ deluso da Milan e Inter sul tira e molla in merito al futuro di San Siro?
«A me piacerebbe se rimanessero San Siro e ho provato a convincerli. Credo che siano spaventati dall’idea di rimanere lontani dal Meazza per un periodo lungo, magari in due stadi diversi essendo due squadre diverse».

Soffre sempre per la sua Inter: chi vorrebbe in panchina?
«Se dovessi scegliere, venero Pep Guardiola. Dovendo stare ai nomi “realistici”, se arriva Antonio Conte non lo butto certo via…».

Perché a Milano chi ci crede può sempre sfondare?
«Perché siamo ambiziosi con buon senso. Star qui a raccontarvi la Milano del 2030 è già segno di ambizione, quel che spesso non vedo nel Paese, dove il dibattito è sul domani mattina e sul sopravvivere. Non penso mai a cosa fare per farmi rieleggere, ho l’ansia di fare le cose per lasciare una traccia profonda. Mi piacerebbe che tra quindici anni dicessero “quello lì ha fatto l’Expo e poi è stato un buon sindaco di Milano”».

A che percentuale di convinzione è arrivato sulla ricandidatura per un secondo mandato?
«Giuro che non voglio pensarci adesso. C’è un momento preciso: andrò in vacanza nel’estate 2020 e deciderò al rientro».

Christian Pradelli
Piermaurizio Di Rienzo


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