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19. 04. 2024 02:10

Milano riparte, ma i turisti “che contano” ancora non si vedono

I segnali di ripresa della città ci sono, ma il domani resta ancora un'incognita. Uno sguardo al futuro di Milano tra poche certezze e tanti dubbi

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La crescita delle esportazioni, la ripresa dei consumi, un clima di ottimismo che induce a ipotizzare che il Pil nazionale cresca del 5%, persino oltre il 4,2 previsto dalla Commissione Europea.

Dopo oltre un anno di pandemia sembra che le cose stiano iniziando a girare per il verso giusto. Vale anche per Milano? Dovrebbe essere scontato se pensiamo che stiamo parlando della capitale economica ma bisogna anche considerare qui la crisi è stata molto aggressiva, basti solo pensare che dopo anni di incremento continuo è calato il numero dei residenti a causa di non pochi lavoratori e studenti che hanno preferito ritornare nelle città di origine.

Detto questo i segnali sono incoraggianti anche per Milano, l’ultimo riguarda i saldi che, secondo Confcommercio, hanno portato gli acquisti ad un aumento del 30% rispetto al 2020. C’è poi lo spettacolo dei tavoli all’aperto dei locali sempre occupati, anche nei giorni feriali, che fanno intendere come la ripresa dei consumi sia massiccia.

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A Milano una ripresa economica colma di dubbi

Ci sono, ovviamente, non pochi punti di domanda su quanto possa essere irreversibile questo recupero, due in particolare suscitano le maggiori preoccupazioni. Il blocco dei licenziamenti, in parte smantellato lo sarà del tutto a ottobre. Cosa succederà?

Secondo la Cgil durante la pandemia nell’area metropolitana le aziende hanno già messo fuori azienda oltre 30 mila dipendenti, dopo l’estate sarebbero a rischio 80-100 mila. Un altro interrogativo riguarda il turismo che a Milano, prima del covid, era diventato uno dei settori più importanti dell’economia: nel 2019 si era arrivati quasi 11 milioni di presenze che lo scorso anno si sono ridotte a circa 4.

Oggi il dato di due anni fa appare molto lontano, come spiega il vicepresidente di Epam Flavio Acampora: «C’è il turismo storico europeo, manca quello americano, russo, arabo, insomma quello che porta denaro».

Non è l’unico problema cui devono fare fronte gli esercenti: «Manca la manodopera – aggiunge – molti che lavoravano nel nostro settore ne hanno scelto un altro oppure preferiscono avvalersi della cassa integrazione, del reddito di cittadinanza per non tornare al lavoro. E’ un periodo di cambiamento, si stanno modificando anche i comportamenti dei milanesi, basta vedere che molti sono già in vacanza, magari fanno smart working, mentre negli scorsi anni non si partiva prima del 20 luglio».

Tutti gli occhi su settembre

Il banco di prova per stabilire se davvero la città sta svoltando sarà a settembre. Il 5 parte il Salone del Mobile con un’edizione inedita, affidata a Stefano Boeri, che riporterà la fiera dopo due anni.

Non bisogna pensare a grandi numeri, le presenze non saranno certo quelle di un tempo ma è già importante che si arrivi a celebrare un evento che ha rischiato di essere cancellato anche in questa data fuori da quelle tradizionali.

Il Salone è un volano dell’economia milanese, forse il più importante in quanto in grado di trainare tanti settori che più che mai come in questo momento hanno bisogno di una boccata d’ossigeno.

Fatica il commercio di medio-alto livello

«Solo pochi mesi fa non era prevedibile per il commercio milanese una giornata come quella di sabato scorso che ci induce ad essere ottimisti». Parole di Gabriel Meghnagi, presidente della rete associativa di vie di Confcommercio, che giudica con favore l’avvio dei saldi e segnala anche un altro aspetto importante per la categoria: «Durante la pandemia diversi esercizi hanno chiuso, ora vedo che una buona parte di quegli spazi sono ritornati attivi, in corso Buenos Aires circa 15 dei 25 negozi che avevano abbassato la saracinesca ora l’hanno riaperta: significa che c’è gente che vuole rischiare e che ritiene che si sono ricreate le condizioni per avviare un’attività commerciale».

Non tutto il commercio procede alla stessa velocità. Il quadrilatero della moda, storicamente espressione del lusso, risente del crollo del turismo dei paesi che garantivano gli acquisti. Sarà complicato fare tornare arabi, russi o cinesi ma questo non cancella il momento positivo per una categoria tra le più colpite dalla pandemia.

Hotel occupati al 30%: la crisi non è alle spalle

I numeri parlano chiaro: «A giugno le presenze negli alberghi sono state del 30-35 % contro il 70-75% per periodo pre covid nonostante i prezzi siano stati abbassati del 30%. Se poi consideriamo che il 50% delle strutture sono ancora chiuse devo dire che per noi la ripresa non c’è».

Secondo Maurizio Naro, presidente di Federalberghi, siamo ancora dentro il periodo buio anche se rispetto al 2020 la situazione è migliorata. Gli alberghi sono un termometro molto affidabile della salute dell’economia, se le camere sono prese d’assalto significa che la congiuntura è favorevole, in caso contrario c’è da preoccuparsi.

Al momento, spiega Naro, ciò che manca è il turismo estero: «Per quello business non possiamo fare valutazioni perché le prenotazioni si fanno all’ultimo minuto, sarà importante il Salone del Mobile di settembre, vedremo se ci saranno picchi di prenotazioni». A settembre, oltre alle fiere, sono previsti importanti appuntamenti della moda: «Lo sono in modo particolare per gli alberghi a 5 stelle – precisa Naro – ma bisogna anche considerare che gli operatori sono 20-25 mila». Ovvero niente a paragone con quanto riescono a mobilitare le fiere, perlomeno quelle più grandi.

E il Green Pass serve a poco per chi arriva da fuori Europa

L’ostacolo alla ripresa ha un nome che tutti gli operatori economici conoscono bene: si chiama Covid, sia pure nella nuova versione che prende il nome di variante. Gli sforzi di queste settimane potrebbero essere vanificati da una nuova ondata, che secondo alcuni virologi potrebbe manifestarsi in ottobre.

Per evitare questo scenario da incubo la strada è una sola, completare le vaccinazioni e utilizzare il green pass che lo certifica. Può bastare? Purtroppo no, come spiega il presidente di Federalberghi Maurizio Naro: «Il green pass garantisce solo per i cittadini dell’Unione Europea, noi dobbiamo avere garanzie anche per quelli extraeuropei: negli Usa, ad esempio, non viene considerato al 100%. L’altro grande problema è lo stato delle vaccinazioni in Cina e Russia di cui non abbiamo notizie certe».

 

 

 

 

 

 

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