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29. 03. 2024 02:59

Noi, gli ultimi di Milano. Albergatori, tassisti e discoteche senza certezze e senza tutele

«Non sappiamo ancora nulla»

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Noi, gli ultimi di Milano
Noi, gli ultimi di Milano

Sappiamo delle fabbriche. Sappiamo degli uffici. Sappiamo dei negozi, che riapriranno – salvo ulteriori rinvii – il 18 maggio. Sappiamo dei ristoranti che potranno ripartire l’1 giugno. Poco o nulla sappiamo su tante altre categorie e allentamenti, dai quali dipenderà il destino di piccole realtà. E, soprattutto, non ci sono chiare indicazioni sugli oneri che spetteranno agli hotel e ai locali da ballo, luoghi della movida di Milano che saranno tra gli ultimi a rialzare le serrande. E così i taxi, i cui movimenti sono strettamente connessi agli arrivi in città e agli spostamenti per grandi e piccoli eventi. Anche in questo caso non vi è alcuna certezza su come e quando riapriranno rotte aree non ce n’è. Insomma, il limbo degli ultimi che i rappresentanti intervenuti su Mi-Tomorrow chiedono di attenzionare e di supportare.

 

Noi, gli ultimi di Milano. Albergatori, tassisti e discoteche senza certezze e senza tutele

Gli alberghi: «Non sappiamo ancora nulla»

Remo Eder, albergatore, proprietario di tre strutture a Milano ed ex presidente Federalberghi Lombardia, non ci gira troppo intorno: «Per ora stiamo ricevendo solo cancellazioni di prenotazioni».

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Remo Eder
Remo Eder

Quali sono le preoccupazioni principali tra i colleghi del settore?
«Non sapere quando si riparte. Gli oneri ci sono anche se siamo chiusi, e probabilmente non si ricomincerà prima di agosto-settembre. Finché non riapriranno tutte le Regioni, saremo fermi. In un primo momento avremo solo una clientela domestica, italiana. Ma il problema è che non abbiamo ancora un protocollo chiaro che ci dica come comportarci; al di là dei più volte annunciati interventi finanziari sugli alberghi, che per ora non si sono visti».

Quale sarebbe la necessità da parte vostra?
«Ci sarebbe bisogno di un forte indennizzo a fondo perso e con interessi piuttosto bassi. Non ho mai visto la situazione degli alberghi così poco chiara. Aprire comporta anche delle responsabilità, ma per questo servono direttive, serve un programma. La nostra federazione ha avanzato una proposta al governo ma bisogna capire se verrà accettata ed è necessario ricevere indicazioni, non all’ultimo momento. Serve più chiarezza, per sapere come istruire per tempo i nostri collaboratori e dare sicurezza a clienti e dipendenti. A ora non sappiamo quali provvedimenti prenderà lo Stato in favore del settore turistico».

Quali procedure di sicurezza attendete di conoscere?
«Dovremo conoscere i dettagli sulle procedure di sanificazione, e dovremo anche poter garantire una puntuale sorveglianza e igienizzazione delle camere. C’è poi il tema dei ricevimenti, e quello dei ristoranti, dove occorrerà sapere esattamente quanti metri di distanza mantenere tra un tavolo l’altro. Anche la sale riunioni, che per i milanesi erano fonte di lavoro, per ora sono bloccate. Anche la questione del passaggio negli ascensori: quante persone potranno salirci?».

Quanto pesa a Milano la perdita di questo settore?
«Gli alberghi sono rimasti chiusi tutto marzo e aprile. Ad aprile in città si è sempre lavorato molto bene, con la Fiera del mobile e i molti congressi, che sono stati bloccati. Si parla di milioni di fatturato perso solo nella città di Milano».

Cosa vi aspettate per il futuro?
«La speranza è che lo Stato incentivi a trascorrere le ferie in Italia. Per il futuro abbiamo sicuramente bisogno di ricevere chiarimenti su tutti i livelli, sia sul finanziamento che sulle misure di sicurezza da adottare».

I tassisti: «Crollo del lavoro del 98%»

Pietro Gagliardi, referente per l’Unione Artigiani del settore taxi, racconta le difficoltà di una categoria che, solitamente, lavora con clientela business e turismo. Categorie che non ripartiranno prima dell’autunno, per essere ottimisti: «Per ora non abbiamo visto nessuna agevolazione».

pietro gagliardi
pietro gagliardi

Com’è cambiato il lavoro a Milano?
«In città, per il settore dei taxi, si è osservato un crollo del lavoro del 98 per cento rispetto alla normalità. Indipendentemente dalle zone, è una situazione diffusa in tutte le aree milanesi».

Quali oneri dovrete sostenere?
«I presidi di sicurezza sono tutti a nostro carico, a cominciare dalle barriere in plexiglass che separano tassisti e passeggeri. Poi ci sono i guanti, i gel igienizzanti per le mani e un kit per la sanificazione dell’auto da avere a bordo. Fino a ora abbiamo ricevuto solamente 10 mascherine da parte del Comune di Milano e 20 da Regione Lombardia. Tutto il resto è a nostre spese».

Come sono i costi di queste attrezzature?
«La barriera in plexiglass costa tra gli 80 e i 100 euro, a seconda del modello. I guanti, oltre che costosi, sono introvabili, completamente scomparsi dagli scaffali del supermercato. Ognuno si è dovuto attrezzare con i kit di sanificazione, perché tutte le parti dell’auto che sono state a contatto con il cliente vanno disinfettate dopo ogni passaggio con un prodotto specifico, che costa intorno ai 15 euro (la durata è di qualche settimana)».

Avete ricevuto indicazioni in merito da parte delle autorità competenti?
«Avevamo chiesto alla Regione di darci le indicazioni per l’igienizzazione, su tempi e modalità, ma ancora non abbiamo ricevuto risposte. Tutto quello che abbiamo messo in pratica per continuare a offrire il servizio è stato con le nostre forze. Per ora non abbiamo visto nessuna agevolazione, se non i 600 del governo».

La situazione in città in questi giorni?
«Da lunedì tutti i colleghi hanno ricominciato a uscire ma in giro non c’è ancora nessuno, in molti si spostano con la propria auto e resta ancora molto adottato lo smart working. E visto che sono chiusi gli aeroporti di Linate e di Malpensa, non c’è interscambio di business e turismo».

Chi prende il taxi in questo momento?
«Le uniche che usano i taxi sono le persone che si devono recare negli ospedali, operatori sanitari o pazienti. Oltretutto, un operatore sanitario che ha appena concluso un turno di 16 ore in ospedale, magari hai anche piacere a portarlo a casa gratis».

Qual è la media di passeggeri a giornata?
«Ieri sono uscito per il turno, sono stato fuori 9 ore: ho fatto 20 euro. In media, abbiamo 1 o 2 passeggeri a giornata. Noi siamo un termometro delle città. Se le città si muovono, il nostro termometro sale, e viceversa. Siamo sempre stati il fiore all’occhiello di Milano e ora ci troviamo in questa situazione di perdita quasi totale».

Le discoteche: «Chiediamo solo tutele»

Roberto Cominardi è presidente Silb Milano, Associazione Italiana Imprese di Intrattenimento da Ballo e di Spettacolo, settore che sarà tra gli ultimi a poter pensare di riaprire dopo l’emergenza coronavirus: «Troppo spesso il nostro settore viene inteso come mondo effimero», spiega a Mi-Tomorrow.

Roberto Cominardi
Roberto Cominardi

Quante persone investe la vostra categoria?
«Solo a Milano sono cento le discoteche vere e proprie, in più ci sono 700 tra locali serali e pub. Intorno alla filiera del divertimento ruotano parecchie decine di migliaia di persone, dipendenti diretti e operatori autonomi. Si aggiunge poi il comparto dell’eventistica, fondamentale per Milano. Locali come il Fabrique o l’Alcatraz sono specializzati nei concerti, che però in questo periodo saltano. Milano è inoltre la capitale dei musical, ovviamente fermi anche quelli».

Si tratta di un settore estremamente vasto e indefinito…
«Esatto. E tra le persone che lo compongono, tantissimi sono lavoratori autonomi: il mondo dello spettacolo ne ha bisogno – chiariamo, non in nero – e sono tagliati fuori da qualsiasi tipo di retribuzione. Come cubiste o disc jockey, che magari fanno parte di agenzie esterne. Perché l’autonomia è la caratteristica intrinseca dell’artista, è questo il passaggio che manca nell’opinione pubblica. Troppo spesso il nostro settore viene inteso come mondo effimero, dello svago fine a se stesso. Ma noi siamo attori, non viviamo della sciabolata di champagne. Non guardate noi, titolari dei locali blasonati. Guardate il lavaggista, il barista, il cameriere, il guardarobiere. Se ci dimentichiamo di queste figure, dimentichiamo tutto un mondo. Non siamo solo lustrini e paillettes, c’è chi li confeziona quei lustrini».

Quali misure di sicurezza bisognerebbe adottare in una sala da ballo?
«Non si può assicurare che i clienti non si tolgano la mascherina in discoteca, ma così come non lo si può assicurare sui mezzi pubblici. Per questo finché non c’è un R0 c’è poco da parlare di ripartenza per il nostro settore. Bisognerebbe ragionare però su cosa significherebbe in una città come Milano se le feste si organizzassero sempre negli appartamenti, come sta accadendo in questi giorni. Noi siamo dei raccoglitori in questo senso e siamo strutturati da sempre per garantire la sicurezza, a differenza di un appartamento privato».

Qual è la richiesta a nome della categoria?
«Non siamo qui a premere sull’acceleratore per la riapertura. Siamo stati i primi a chiudere il 23 febbraio e saremo sicuramente gli ultimi a riaprire. Chiediamo solo di essere tutelati in questo periodo. Bisogna aiutare le aziende e le agenzie che hanno in carico il personale».

Quanto è stata importante la perdita economica nel vostro settore?
«Abbiamo subìto un grande shock economico: nell’arco di 24 ore le aziende sono state chiuse, eliminate dal mercato. Parliamo di un settore da 5,3 miliardi all’anno, che ora è a zero. C’è poi il tema degli affitti. In una grande città come Milano, pochi sono proprietari dei muri. Bisognerebbe poter garantire dei sostegni anche da questo punto di vista». 

Che fine faranno le fiere?

di Piero Cressoni

C’è chi ha scelto di salutare il 2020 e dare appuntamento a prossimo anno, come il Salone del Mobile, il Mido e il Vinitaly. C’è chi, invece, ha adottato una linea più speranzosa, riposizionandosi nel secondo semestre di quest’anno, come il Motor Air Show (da giugno a ottobre) o Fa’ la Cosa Giusta (da marzo a novembre). Sulle fiere, quelle che aggregano pubblico e inevitabili assembramenti, non c’è luce all’orizzonte. Per ora, anche manifestazioni come Eicma (novembre) e Artigiano in Fiera (dicembre) restano confermate, ma anche in questo caso è probabile che ogni decisione definitiva slitti a dopo l’estate, sulla base dei dati delle curve di contagi e previsioni su immunità della popolazione.

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