Il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha stabilito il differimento della pena per Renato Vallanzasca, il celebre bandito degli anni ‘70 e ‘80, che lascerà il carcere dopo aver scontato 52 anni di detenzione su un totale di 74 anni di vita. Vallanzasca, condannato a 4 ergastoli per una serie di reati gravi tra cui omicidi, rapimenti e rapine, sarà trasferito in una struttura residenziale per malati di Alzheimer e persone affette da demenza.
Renato Vallanzasca: la decisione
La decisione è stata presa dal collegio del Tribunale di Sorveglianza di Milano, presieduto dalla giudice Carmen D’Elia. Vallanzasca, che attualmente si trova nel carcere di Bollate, sarà trasferito in una residenza sanitaria assistenziale (Rsa) situata in Veneto, dove riceverà cure adeguate alle sue condizioni di salute. Il trasferimento segna un passaggio dalla gestione penitenziaria a quella sanitaria.
Renato Vallanzasca: trasferimento in Veneto
L’effettivo trasferimento di Vallanzasca nella Rsa diventerà operativo nei prossimi giorni, non appena saranno risolte le questioni burocratiche e logistiche necessarie. Con il trasferimento, la competenza sulla sua custodia passerà dalle autorità penitenziarie lombarde a quelle venete, che gestiranno la sua permanenza nella struttura specializzata.
La fine di un’era per il bandito degli anni ’70 e ’80
Il nome di Renato Vallanzasca è legato a una delle pagine più oscure della criminalità italiana, con un passato segnato da crimini efferati e numerose evasioni. Oggi, alla luce delle sue condizioni di salute deteriorate, Vallanzasca affronta una nuova fase della sua vita lontano dal carcere, in una struttura dedicata all’assistenza di persone fragili.
Dove eravamo rimasti (10 settembre 2024)
Renato Vallanzasca, ex capo della famigerata Banda della Comasina, torna al centro delle cronache giudiziarie. Oggi, il Tribunale di Sorveglianza di Milano deciderà se accogliere la richiesta di trasferimento presentata dai suoi legali, che chiedono la detenzione domiciliare presso una struttura di cura in Veneto, a causa delle sue gravi condizioni di salute.
Secondo l’ultima relazione medica del carcere di Bollate, dove Vallanzasca è attualmente detenuto, il 74enne è «disorientato nel tempo e parzialmente nello spazio», con «comportamenti inadeguati» e una collaborazione molto limitata. Le condizioni cliniche dell’ex boss milanese sono state definite incompatibili con il regime carcerario, sollevando dubbi sulla possibilità di continuare a detenere Vallanzasca in un ambiente privo delle cure e degli stimoli cognitivi di cui necessita.
Renato Vallanzasca: una richiesta di trasferimento per motivi di salute
Gli avvocati Corrado Limentani e Paolo Muzzi, difensori di Vallanzasca, hanno chiesto il differimento della pena per grave infermità e hanno già individuato una struttura assistenziale in Veneto, specializzata nella cura di malati di Alzheimer e demenza, pronta ad accoglierlo. «I carabinieri – ha dichiarato la difesa prima dell’udienza – hanno valutato che quel luogo sia adeguato dal punto di vista dei servizi di vigilanza». La decisione del tribunale sarà cruciale per determinare se il percorso di Vallanzasca proseguirà all’interno di un carcere o in una struttura più adeguata alle sue necessità mediche.
Renato Vallanzasca: un quadro clinico sempre più grave
Le condizioni di salute di Vallanzasca si sono deteriorate rapidamente negli ultimi mesi. Una relazione dei medici del carcere di Bollate, acquisita dai legali, ha evidenziato come l’ambiente carcerario sia inadeguato a fornire le cure e gli stimoli cognitivi necessari per gestire la malattia degenerativa di cui soffre il detenuto. La stessa relazione suggerisce un trasferimento in un «ambito residenziale protetto», dove possa ricevere assistenza specifica e adeguata.
Anche un rapporto recente dei servizi di medicina penitenziaria del San Paolo di Milano ha sottolineato come le condizioni cliniche di Vallanzasca siano difficilmente compatibili con il regime carcerario attuale, raccomandando il trasferimento in una **struttura assistenziale**.
Renato Vallanzasca: la decisione del Tribunale di Sorveglianza
Oggi, il Tribunale di Sorveglianza, composto dai giudici Carmen D’Elia e Benedetta Rossi, ascolterà le argomentazioni della difesa e prenderà in considerazione il parere della Procura Generale e della Procura di Milano, che dovranno esprimersi sulla richiesta di trasferimento. La decisione, attesa nei prossimi giorni, potrebbe segnare un punto di svolta nel percorso di detenzione del 74enne, che ha trascorso oltre mezzo secolo in carcere.
Nei mesi scorsi, il tribunale aveva già concesso a Vallanzasca di usufruire di permessi premio per dodici ore, da trascorrere in una comunità terapeutica. Tuttavia, la gravità delle sue condizioni attuali potrebbe spingere i giudici a valutare un cambiamento più radicale, come il trasferimento definitivo in una struttura di cura.
Un contesto controverso
La vicenda di Renato Vallanzasca continua a suscitare dibattito e polemiche. Da un lato, molti sostengono che l’ex boss, condannato a una pena senza fine per i suoi crimini, debba continuare a scontare la sua pena in carcere. Dall’altro, vi sono coloro che, alla luce delle sue condizioni di salute sempre più critiche, ritengono necessario un approccio più umanitario che preveda il trasferimento in un luogo dove possa ricevere l’assistenza adeguata.
Le discussioni su questo tema si inseriscono in un contesto più ampio di riflessione sulle condizioni di salute dei detenuti nelle carceri italiane, e sulla capacità del sistema penitenziario di rispondere adeguatamente alle esigenze dei prigionieri più vulnerabili.
Le prospettive future
La decisione del tribunale milanese potrebbe aprire la strada a nuovi sviluppi nella lunga vicenda giudiziaria di Vallanzasca. Se il trasferimento venisse approvato, l’ex capo della Banda della Comasina potrebbe trascorrere i suoi ultimi anni in un ambiente più idoneo alle sue condizioni, lontano dalle mura del carcere. Se, invece, la richiesta dovesse essere respinta, si aprirebbe una nuova fase di incertezze legali e sanitarie per un uomo che, nonostante il suo passato criminale, è ormai segnato da una malattia che compromette in modo significativo la sua vita quotidiana.
Il caso di Vallanzasca rappresenta una delle tante sfide che il sistema giudiziario e penitenziario italiano deve affrontare nella gestione dei detenuti anziani e con gravi problemi di salute. Qualunque sia la decisione finale del tribunale, il dibattito sull’umanità e l’efficacia delle pene detentive per i soggetti più fragili continuerà a occupare un posto di rilievo nell’agenda pubblica.