Rkomi, il sold out al Fabrique e il nuovo rap: «Milano è nostra»

Da Calvairate a via Fantoli, Rkomi pianta la prima bandierina (anzi, le prime due) fra ambizione e tanta severità verso se stesso: «Siamo giovani, ma non stupidi. E funzioniamo perché...»

Rkomi, il sold-out al Fabrique e il nuovo rap: «Milano è nostra»
Rkomi, il sold-out al Fabrique e il nuovo rap: «Milano è nostra»

Quando ci sentiamo, ha la voce un po’ giù. «Ma so bene come recuperarla in un giorno». Anche perché le due date al Fabrique, di cui una sold-out, sono un primo tassello – «una bandierina», sottolinea lui – da non fallire. Rkomi – all’anagrafe Mirko Manuele Martorana – conquista Milano, o meglio, la riconquista giacché qui ci è nato meno di 25 primavere fa.

«Sono giovane e devo ancora imparare tante cose – racconta a cuore aperto –, ma rispetto a quando ho iniziato sono un’altra persona. Voglio spaccare quel palco come non ho mai fatto»Dove gli occhi non arrivano è l’album uscito quasi un anno fa, disco d’oro, ma il grande pubblico ha imparato a conoscerlo nel 2019 per tre featuring di successo: Blu con Elisa, Canzone con Jovanotti e la recente Vento sulla Luna con Annalisa.

Stai capendo dove sei arrivato?
«Ho capito che sto crescendo molto e che questa doppia data al Fabrique non è casuale. Sto benissimo, sono molto contento: è quello che volevo».

Milanese nella tua Milano: ora guarderai la città da un altro punto di vista.
«Più che altro è essere guardato da un altro punto di vista dalla mia città: forse è questa la vera novità. Ho lavorato tanto in questi anni per rendere la mia musica sempre più fruibile. Ed è un rischio che faccio bene a correre, sono un giovane che non ha paura di uscire dagli schemi. Non voglio giocare solo nel mio campionato».

Come mai il rap è diventato più pop, più al centro della scena musicale italiana?
«Questo non lo so dire, dobbiamo solo stare dietro al pubblico. C’è bisogno di riconoscersi, il pubblico sceglie di rivedersi negli artisti che parlano di tutto. In base a questa nostra capacità, si rivelerà anche il futuro».


Rkomi Fabrique Milano: sold-out


 

Credi sia premiato anche un approccio più diretto ai temi che trattate?
«Ovviamente siamo giovani tanto quanto chi ci ascolta: è normale che il ragazzino si riveda più nella mia musica rispetto che in quella di una persona più grande. Il mondo non lo stiamo ancora rappresentando al meglio, ma proprio perché siamo giovani e lo stiamo ancora conoscendo. Di conseguenza ci vuole del tempo per far maturare i nostri ascoltatori, ma siamo coetanei e questo ci aiuta. È come se fosse in corso un passaggio di testimone, senza nulla togliere alla vecchia generazione che sta facendo un lavoro fantastico».

Ecco: come sta la tua generazione, oggi?
«Secondo me non stanno troppo bene, è questa la verità. Siamo giovani e dobbiamo scoprirci: con internet, i social e tutti questi input è sempre più difficile lavorare sulla propria persona. Dobbiamo provare a lavorare in profondità».

Intanto hai chiuso un 2019 determinante per te.
«Ho affrontato tutto con tanta maturità, forse fin troppa».

In che senso?
«È stato troppo importante per me aver avuto questo supporto e questo rispetto dagli artisti con cui ho collaborato. Mi sentivo le spalle parecchio pesanti. Non vado a ballare: sto facendo ben altro nella mia vita. È cresciuto il mio portafoglio, ma soprattutto il bagaglio culturale. Ho preso tutto a cuore e sono stato molto severo e preciso con me stesso».

Da dove nasce questa severità nei tuoi confronti?
«Sono cresciuto con mia mamma e mio fratello più grande, in un contesto familiare complicato ma allo stesso tempo importante e rilevante. Senza padre, nelle case popolari di Corvetto, abbiamo faticato per fare qualunque cosa nella vita. All’inizio ho fatto scelte sbagliate, me ne accorgevo e questo mi ha portato a molta consapevolezza. Quando tornavo a casa, nella mia cameretta, mi rendevo conto dei miei errori. Le buone persone che ho incontrato mi hanno stimolato e hanno fatto in modo che io potessi continuare a crescere: non potevo stare con le mani in mano, dovevo imparare da ogni errore. Ho preso il timone in mano e ho deciso dove andare».

Riesci a scegliere le tre persone che, più di tutte, ti hanno aiutato in questo percorso?
«Sono davvero poche tre persone, sarebbero poche anche trenta. Sono state tantissime: a livello professionale ho incontrato amici che mi hanno voluto bene e che mi hanno permesso di crescere».

Partendo da Sfera Ebbasta?
«Ci siamo visti l’altra sera. Io avevo la metà della voce di oggi, lui il giorno dopo aveva un aereo per Los Angeles. Lui va lì per produrre, non per giocare: aveva questo aereo e siamo stati insieme fino alle tre e mezza del mattino. Sfera è un professionista, oltre che un amico incredibile. È una persona a cui voglio tanto bene, abbiamo un passato simile e ci capiamo fin troppo, siamo molto empatici. È un grande esempio per me».

Marracash?
«È un altro grande uomo, un gran tormentato come me. Ci siamo trovati subito, è un uomo di cultura: mi piace avere confronti con lui, mi insegna molto. Anche nel momento leggero è serio e professionista. Guardiamo film impegnati, mica cinepattoni».

Poi c’è Carl Brave.
«È romano e questo dovrebbe già dire tutto: ha un gran sorriso. A suo modo mi ricorda tante cose: la spensieratezza e la leggerezza sono fondamentali nella vita. È una persona colorata, ha una bella educazione».

Nel vostro “gruppo”, anche se con un altro ruolo, è onnipresente Charlie Charles.
«Lui è troppo professionista. È severo e maturo per la sua età, ma allo stesso tempo non mancano i momenti per ridere: è una spalla a livello professionale che non esiste, è unico in questo senso. Ed è una sicurezza per me».

Rkomi, come ti spieghi che la nuova scuola del rap abbia come comune denominatore proprio Milano?
«Perché tutti noi ci conosciamo da quando abbiamo tredici anni, sognavamo davvero questo successo, insieme nella stessa realtà. Questa cosa della musica c’è sempre stata, per questo non possiamo che essere legati: ci sono state anche tante incomprensioni, ma ci conosciamo troppo per non volerci bene».

Chiudo il cerchio con Ghali e Ernia.
«Facevano parte dello stesso gruppo, li ho conosciuti grazie a mio cugino. Sono due professionisti, ma devi esserlo se arrivi a questi livelli. Sono differenti: Ernia è molto risoluto, Ghali è un americano vero. Sono belli anche adesso che hanno preso due strade diverse».

Due Ringo people, insomma.
«Esatto. E insieme hanno sempre fatto un gran biscotto».

Se dico Milano, a che luogo pensi per ascoltare musica? Fabrique a parte…
«Mi piace molto il Blue Note, è una realtà intima e molto diversa dalle altre. Ma dipende anche dagli artisti che si esibiscono».

Ristorante preferito?
«C’era una trattoria sarda a conduzione familiare in viale Premuda, ora ha chiuso e mi dispiace tanto perché si mangiava bene e mi sentivo a casa. È il posto dove ho mangiato di più negli ultimi due anni».

E dove ti rintani se sei in una giornata “no”?
«Vado al parco Forlanini. Mi piace molto leggere, ma anche correre. Quando voglio staccare, vado lì e sono tranquillo».

Come sta oggi, Mirko?
«Ho passato tre mesi bruttissimi perché sono uno che lavora tanto in studio e vorrebbe uscire sempre con musica nuova, mi sento spesso in debito con la vita e con le cose che sono successe. È un continuo lavoro per me, quindi sono stati mesi un po’ particolari. Ti rendi conto di quanto sia importante anche solo stare fermo, ogni tanto. Sono uscito da una situazione amorosa da cui volevo effettivamente staccarmi, ma che mi ha buttato un po’ giù. Con il nuovo anno sono rinato. Anche perché ora come faccio a non essere contento?».

La felicità è molto pericolosa…
«Mi sto facendo coccolare da determinati autori su questo tema: sto leggendo tanto e scegliendo libri che richiedono voglia e passione. C’è bisogno di imparare a pensare. Ho letto anche il manuale di psicomagia».

Un libro che stai leggendo.
«Così parlò Zarathustra di Nietzsche».

Rkomi Fabrique Milano: sold-out

Sabato e domenica alle 21.00
Rkomi – Fabrique
Via Fantoli 9, Milano
Biglietti: per domenica, a 20,70 euro su ticketone.it

«Le buone persone che ho incontrato mi hanno stimolato e hanno fatto in modo che io potessi continuare e crescere: non potevo stare con le mani in mano, dovevo imparare da ogni errore. Ho preso il timone in mano e ho deciso dove andare»

Rkomi Fabrique Milano
Rkomi Fabrique Milano