Il direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, Giovanni Rezza, è intervenuto questa mattina ai microfoni di Radio24 per parlare della situazione oggi esistente in Italia e in Lombardia a causa dell’epidemia di coronavirus.
Curva dei contagi, parla il virologo Giovanni Rezza
«I dati vanno letti su più giorni – dice il virologo – e vanno fatti su data di insorgenza dei sintomi o su indicatori forti come il numero di ospedalizzazioni, che comunque non sono aumentate. È normale vedere alti e bassi, quello che è importante valutare è l’andamento complessivo della curva. Per avere un quadro realistico e vedere gli effetti delle misure adottate ci vuole ancora del tempo: dobbiamo aspettare fine mese». A tal proposito, secondo Rezza «non ci sarà un picco unico perché questo è la sommatoria di tanti picchi di diversi comuni e province».
A conferma del fatto che ci sono molti indicatori che influiscono sui dati, Rezza ribadisce che «i contagi risalgono a 5-10 giorni fa, poi ci sono i tempi della notifica. I dati sono molto dipendenti dal numero di tamponi fatti e dai tempi delle notifiche. Quindi abbiamo questa altalena: per uno o due giorni le cose vanno meglio. Poi magari, come ieri, si fanno più tamponi».
Curva dei contagi, la polemica sui tamponi
Riguardo alla polemica sulla possibilità o meno di effettuare un numero maggiore di tamponi, Rezza spiega: «I tamponi vanno fatti il prima possibile a persone sintomatiche, perché bisogna fare diagnosi, individuare focolai e, se c’è bisogno, curarle. Se c’è disponibilità i tamponi possono essere fatti anche a persone con pochissimi sintomi o a contatti di pazienti. Ma qui subentra un problema di fattibilità. In una regione come la Lombardia, dove l’incidenza è molto alta, qualsiasi febbre probabilmente è attribuibile al Sars-Cov-2, perché il rischio è molto alto».
