“Lavoro per lo sport, non per sport” o “Il nostro lavoro è considerato di serie B”: sono solo alcuni dei messaggi che si potevano leggere questa mattina. Di fronte allo stadio San Siro, infatti, è andato in scena il flash mob dei lavoratori del mondo dello sport.
Invisibili. «Non esistono coperture per infortunio o malattie, né ferie e maternità retribuita – esordisce Francesco Aufieri della Cgil Milano -. Inoltre i lavoratori del mondo dello sport sono senza contributi pensionistici, trattamento di fine rapporto o altri ammortizzatori sociali».
I manifestanti hanno tenuto il sit-in con i volti mascherati: «Perché siamo invisibili di fronte allo Stato – proseguono in coro -. Molti di noi, infatti, sono a casa dal 23 febbraio scorso, quando hanno chiuso gli impianti sportivi, e non abbiamo preso un euro…». Lo sport in Italia rappresenta il 3% del Pil nazionale, e coinvolge più di 1 milione di addetti ma, nonostante questi importanti numeri, i lavoratori sono considerati tutti dilettanti: «Solo sei discipline, tra cui il calcio e il ciclismo, sono considerati professionisti dello sport – evidenzia Aufieri -. Gli altri, invece, vengono inquadrati nella collaborazione sportiva dilettantistica che una sorta di “nero legalizzato”, un lavoro senza diritti e né tutele».
Riaperture. Infine i dubbi sulle riaperture dei centri sportivi di lunedì 1 giugno: « È necessario che questo avvenga in sicurezza – conclude Aufieri-: facciamo un appello affinché sia istituita un’assicurazione per tutti questi lavoratori che sono privi di qualsiasi copertura. Infine speriamo che i centri sportivi, visti i maggiori costi per il distanziamento sociale e le sanificazione, non abbassino le retribuzioni ai lavoratori».