«Più ricchezza si crea, più si alimenta povertà» rappresenta la massima del paradosso dell’economista britannico Jevons, la quale diventa anche il concetto alla base del nuovo libro di Beppe Sala “Società per azioni”. Una riflessione del primo cittadino milanese sul ruolo della società attuale e sul suo snaturamento.
Tra incudine e martello. Sfogliando le pagine si evince quanto secondo il “Sala-pensiero” la società sia sempre più ostaggio dell’economia e della politica, mentre perda sempre più quella funzione “sociale” insita nella sua semantica.
In tutto questo la politica si limita al ruolo di manager di una grande azienda. «La sinistra stesse sembra limitarsi ad amministrare – racconta Sala in un’intervista al Corriere della Sera -. Ma dobbiamo fare di più: riflettere sulla società del futuro, sulla trasformazione del lavoro, sulla rivoluzione che abbiamo di fronte».
Una Milano in crisi. Riscoprire la città significa anche confrontarsi con la Milano post lockdown: una città in piena crisi socio-economica. La soluzione? A detta del sindaco, ridurre le distanze tra chi è più ricco e chi è più povero. «Milano stava volando, ma molte cose non sono sue. I grattacieli, e persino l’Inter e il Milan sono degli sceicchi – aggiunge Sala -. Le diseguaglianze sociali aumentano. Io credo in una città inclusiva che tenga dentro tutti, anche gli ultimi».
Alla riscoperta del socialismo. Diminuire le distanze sociali significa anche riscoprire un termine ormai relegato alla polvere della storia: il socialismo. «Dico che il socialismo non appartiene alla storia, ma all’avvenire – commenta Sala -. Solo in Italia è considerato una parola morta».
Alla domanda se si sente ancora un uomo di sinistra, nonostante anche il passato da city manager durante l’amministrazione Moratti, risponde con un fermo «Sì». «Un tempo la sinistra era rappresentanza, la destra era appartenenza – spiega con un velo di rassegnazione -. Oggi la destra rappresenta, magari male, una parte importante della classe lavoratrice. Dobbiamo capire come fare per rappresentarla noi».
Ogni politico in Italia, nonostante una serie infinite di traiettorie fatte di scissioni e metamorfosi, resta figlio del suo passato, della propria personale interpretazione della politica. In fondo, anche il sindaco è figlio della grande epopea politica italiana. Sala snocciola così le sue preferenze elettorali in gioventù: «Quando ero bocconiano votavo il Partito repubblicano. Poi radicale. Quindi per gli antenati del Pd. Compreso il Partito comunista».