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19. 04. 2024 03:56

Milano, l’epicentro della seconda ondata: cosa è cambiato rispetto alla primavera?

La ricerca dell'Istituto Mario Negri spiega perché l'epicentro della pandemia si è spostato a Milano

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Il dipartimento di Salute Pubblica dell’Istituto Mario Negri di Milano, ha illustrato attraverso un attento studio, come è cambiata la geografia del virus durante la seconda ondata. Milano, Varese e Como, centri urbani toccati solo di striscio durante la primavera, ora si sono trasformate nelle aree più critiche della regione.

La situazione. Il farmacologo Antonio Clavenna, capo unità del dipartimento di Salute Pubblica, ha spiegato in un’intervista al Corriere i cambiamenti delle dinamiche del virus.

Sul perché le aree più colpite di oggi non lo fossero ieri afferma: «È difficile saperlo con certezza, ma tra le prime misure prese dalla Regione già a fine febbraio c’è stata la chiusura delle università, affiancata dall’attivazione dello smart working da parte della maggior parte delle aziende di servizi».

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Insomma una circolazione limitata già prima dello scorso lockdown avrebbe risparmiato le zone rosse odierne. «Questo significa che già prima del lockdown – ha aggiunto Clavenna-, il traffico di passeggeri lombardi su Milano e in generale in movimento nella Regione era diminuito: un fattore che può aver preservato Milano e altre zone dal rischio di focolai».

Zone meno colpite. Viceversa le aree al centro dell’epidemia durante la scorsa primavera come Bergamo e Brescia potrebbero aver sviluppato un’immunità di comunità. «La popolazione ha sviluppato anticorpi nei confronti del virus per cui oggi è più protetta – ha spiegato Clavenna -. Anche in coloro che hanno avuto la malattia e non dispongono più di anticorpi, il sistema immunitario ha memoria del virus: attraverso un meccanismo basato sulle cellule del sistema immunitario è possibile che siano più protette».

 

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