A Milano arrivano i frigoriferi solidali: «Sosteniamo il food crossing»

frigoriferi solidali
frigoriferi solidali

L’idea è già nota, ora serve una stretta e chissà che l’incontro previsto proprio oggi tra il consigliere comunale in quota Pd Alessandro Giungi e l’assessore al Lavoro Tajani possa accelerarne la realizzazione: stiamo parlando dell’ipotesi – dell’ordine del giorno, anzi – che prevede di introdurre anche a Milano i frigoriferi solidali, da «distribuire in città – si legge proprio nell’odg – agli esercizi commerciali che intendono aderire a questa modalità di distribuzione del cibo».

 

Ma di che cosa si tratta, nello specifico? I frigo solidali sono una forma di food crossing che ha l’obiettivo di sostenere i più bisognosi installando nei punti vendita («all’interno, perché la gestione dipenderà interamente dalla singola attività», precisa Giungi) refrigeratori che possano contenere sia alimenti prodotti direttamente dai panifici o dalle pasticcerie di turno, sia donazioni dirette dei cittadini.

alessandro giungi
Alessandro Giungi

Giungi, da dove nasce questa proposta?
«Mi ha ispirato la sua realizzazione in Francia, anche se in un secondo tempo ho scoperto che le prime associazioni sono nate in Spagna. Il comune di Parigi, però, si è fatto carico dell’acquisto dei frigoriferi sponsorizzando l’iniziativa».

E anche Milano dovrebbe finanziarli?
«Nella circolare invito il sindaco e la giunta a promuovere l’iniziativa prevedendo un finanziamento diretto all’acquisto».

Come crede si possa fattivamente realizzare?
«Intanto partendo dall’identificazione con un adesivo molto evidente di colore rosso che indichi che quello è un frigorifero solidale, poi mettendo chiunque nella condizione di potervi contribuire: è chiaro che non si può pensare di lasciare tutto, penso sia meglio privilegiare i cibi del negozio che ospita i frigoriferi o, in caso di donazioni, i meno deperibili. Ma mi faccia aggiungere un altro aspetto».

Prego.
«Chiederei al Comune di cercare anche la collaborazione con la grande distribuzione per avere più quantità di cibo già controllata e certificata. Si può studiare per bene e penso possa avere successo come in tanti altri Paesi. La questione, per quello che mi riguarda, è fornire una sorta di aiuto e di indirizzo anche per stabilire come si deve comportare il negoziante. Dopo le vetrofanie “no slot” e “happy popping” del Comune, immagino un iter analogo. Ne devo parlare con l’assessore Tajani».

Quali attività immagina possano farsi carico di un frigo solidale?
«Può riguardare commercianti che già stanno adottando un metodo simile: diverse panetterie già mettono da parte i propri prodotti in caso di necessità e di condizioni di indigenza. Le dirò: penso che molti cittadini, se vedono vetrofanie con certi tipi di attività, siano anche più invogliati ad acquistare».

Non rischia di essere una proposta tanto interessante quanto a rischio naftalina?
«Il tema non può essere preso e poi abbandonato. Il food crossing è interessante e mette i cittadini di fronte al tema etico dell’enorme spreco di cibo di cui ci facciamo portatori. Penso ad attività come il Banco Alimentare: nella grande distribuzione, a spesa terminata, si può lasciare una scatola di tonno o una confezione di riso agli addetti. Stessa cosa si può fare per il frigorifero solidale, sia in un supermercato che in un negozio, dove compro un chilo di pane e poi decido di lasciare una pagnotta».

Un modello adattabile ad ogni attività, insomma.
«Perché no? Vado in pizzeria, prendo la pizza e decido di lasciarne un trancio in frigorifero. È un modo per parlare di spreco, del fatto che ogni cittadino in Italia butta via all’anno 145 chilogrammi di cibo».

Dalla circolare che porta la sua firma, emergere anche la volontà di coinvolgere ogni singolo Municipio.
«Assolutamente, ho già parlato con i presidenti del Municipio 8 Zambelli e del Municipio 3 Antola. Anche perché, alla fine, un provvedimento del genere nasce da situazioni di vita quotidiana che io stesso mi sono trovato a documentare. In una panetteria ho visto un clochard che, in modo sostenuto, chiedeva del pane: pensavo che il panettiere lo avrebbe cacciato. Sono rimasto stupito, invece, dall’umanità del commerciante. L’umanità c’è sempre, in ogni momento storico del Paese».

I NUMERI

88 milioni
le tonnellate di cibo buttato via ogni anno in Europa

145
i chilogrammi di cibo pro capite sprecati ogni anno in Italia

16
il giorno di ottobre in cui coincidono il compleanno della FAO e la giornata mondiale dell’alimentazione indetta dall’organizzazione

15
i frigoriferi solidali acquistati direttamente dal Comune di Parigi

DAL COMUNE

«Proposta condivisibile,
vediamo come realizzarla»

Giovanni Seu

Cristina Tajani
Cristina Tajani

Via libera dalla giunta, ma occorre trovare le modalità corrette. Per Cristina Tajani, assessore alle Politiche del Lavoro, l’idea di Giungi è apprezzabile, tocca adesso al Comune verificare come realizzarla: «È una proposta condivisibile – anticipa a Mi-Tomorrow –, studieremo le forme per dare seguito alla mozione insieme ai colleghi che si occupano di Food Policy. La volontà della giunta è quella di raccogliere positivamente lo spirito della mozione».

 

Il discorso non si limita al frigo che raccoglie i beni alimentari dei cittadini generosi. A Palazzo Marino si punta ad allargare la proposta del consigliere del Pd: «Il modello dei frigoriferi sociali – continua Tajani – si rivolge ad una fascia di popolazione in povertà conclamata. Stiamo studiando anche altri modelli che intercettano un target più “grigio”, per esempio delle app che consentono di fare la spesa a prezzi scontati raccogliendo i prodotti vicini alla cadenza».

Limitazioni. Gli ostacoli al progetto di Giungi non sono pochi. Come precisa l’assessorato alle Politiche sociali il rispetto delle norme igienico sanitarie impone che non si possa lasciare cibo in spazi pubblici, anche quelli in scatola, a disposizione dei cittadini. Un centro di raccolta del cibo, inoltre, dovrebbe essere certificato e gestito da un soggetto autorizzato.

L’unica possibilità è la collocazione in ambienti chiusi e controllati. Come store o supermercati, previo consenso dei titolari che comunque non dovrebbe mancare: secondo il Comune la categoria dei commercianti si è mostrata sensibile sul tema al punto che non pochi già distribuiscono le eccedenze alla Caritas o al Banco Alimentare beneficiando così della diminuzione della Tari, una misura stabilita dall’Amministrazione proprio per incentivare il recupero dei beni alimentari non consumati.

Per rendere più agevole il ritiro del cibo si potrebbe anche istituire una tessera: è possibile che questa idea possa trovare spazio al tavolo di oggi, dove si troveranno Giungi e Tajani.

NEL MONDO

Dalla Spagna all’India,
a disposizione 24 ore

Il frigo solidale nel mondo
Il Frigo Solidale nel mondo

L’idea del Frigo Solidale nasce nel 2015 a Galdakao, una città spagnola di circa 29.000 abitanti. L’ideatore è Alvaro Saiz, il capo dell’Associazione dei Volontari di Galdakao, che allora spiegò: «Il tutto è partito con il diffondersi della crisi economica, quando la televisione ci mostrava le immagini di persone alla ricerca di cibo all’interno dei cassonetti. Tutto ciò non era dignitoso e mi ha fatto pensare a quanto cibo invece noi sprecassimo».

Non si tratta di carità, volle sottolineare al The Guardian: «Chiunque può prendere e donare, l’importante è il recupero del valore dei prodotti alimentari, lottando contro lo spreco». La rivista Natural Product Reports andò a curiosare in loco: il Frigo Solidale era pieno di verdura fresca proveniente dal giardino di una comunità locale, quindi cartoni di latte non aperti e barattoli di lenticchie. Tutti i prodotti etichettati con la data in cui erano stati lasciati in frigo.

Libero accesso. Naturalmente esistono regole da rispettare su ciò che non può essere donato: niente carne cruda, pesce, uova e qualsiasi cibo che abbia superato la data di scadenza. Il cibo fatto in casa è accettato, ma deve riportare l’etichetta che indica quando è stato fatto. Nei primi due mesi di attività, il Frigo Solidale aveva già recuperato oltre duecento chilogrammi di cibo.

L’idea, riportata in altre parti della Spagna, successivamente varcò altre zone del mondo, dall’India al Brasile. Proprio in India Minu Pauline, proprietaria del tea shop Pappadavada nella città di Kochi, decise di installare un frigorifero davanti al proprio ristorante, con libero accesso per tutti 24 ore su 24 e con la possibilità di donare o di consumare cibo.

Attraverso la propria pagina Facebook, il ristorante Pappadavada annunciò che avrebbe rifornito quotidianamente il suo frigo con cinquanta porzioni di cibo, chiedendo a chiunque di portare i propri avanzi, affinché potesse sempre essere in grado di offrire cibi freschi a senzatetto e poveri della città.

Frigorìficos solidarios. Allo stesso modo in Brasile i frigorìficos solidarios, accessibili 24 ore su 24 ogni giorno della settimana, sono posizionati per le strade: tutti sono liberi di depositarvi eccedenze alimentari (i servizi di ristorazione ne fanno un grande uso) da offrire a chi ne ha bisogno. L’iniziativa brasiliana è nata a Goiàs.

Anche in Brasile le regole sono simili a quelle della Spagna: non si possono depositare carne o pesce crudo, uova o cibi avariati. I piatti cucinati in casa devono riportare la data del giorno di preparazione. Il frigorifero solidale è un progetto che oggi si trova anche in Germania, Olanda e Francia, ma anche in Italia. CP

Più propositivi al sud

frigoriferi solidali sud
I frigoriferi solidali al Sud

Anche in Italia ci sono dei frigoriferi solidali, prevalentemente al sud. A Bari sono sette, con altrettante dispense, nati grazie ad un progetto ideato da Kenda onlus, finanziato da Fondazione con il Sud e realizzato in collaborazione con l’Aps Farina 080 onlus, Link-Sindacato studentesco, Zona FranKa, The Hub e l’Assessorato al Welfare del Comune di Bari.

L’obiettivo è collegare i “luoghi dello spreco” (famiglie e imprese di produzione, trasformazione, distribuzione e ristorazione) con i “luoghi del bisogno” (individui e famiglie in difficoltà economica) attraverso la promozione della cultura del dono delle eccedenze alimentari.

La gestione è affidata all’attivazione di sette gruppi di volontari per un totale di almeno cento persone direttamente coinvolte. A Caltanisetta, il frigorifero solidale si trova all’esterno di un negozio equosolidale. Un piccolo contributo in una città che conta oltre 6.000 persone al di sotto della soglia di povertà con migliaia di bambini esposti al rischio di denutrizione. CP


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