Immuni, c’è poco da saltare: poca fiducia, pochi download. Che ne pensano i milanesi?

l’app governativa è sempre più un’incompiuta. Per i milanesi manca «senso pratico», per l’esperto il «saper applicare il processo»

Gran parte dei documentari storici introducono lo spettatore con la frase “correva l’anno”, un modo per enfatizzare un evento accaduto in un tempo ormai remoto. Una sensazione molto simile si percepisce pensando ad Immuni: un’applicazione di cui si è discusso per mesi, ma che sembra ormai già quasi finita nel dimenticatoio.

 

Immuni, questa sconosciuta: poca fiducia, pochi download

Cronistoria. Era lo scorso 23 marzo quando la società milanese Bending Spoons, specializzata nello sviluppo di app, si aggiudicò il bando per la realizzazione di un cosiddetto sistema di contact tracing che permettesse di tracciare l’evoluzione del virus in Italia. In quel momento sembrava che la tecnologia potesse dare un forte contributo al monitoraggio dell’epidemia. Dopo un lancio limitato solo ad alcune regioni, Immuni è stata rilasciata in via ufficiale su scala nazionale solo lo scorso 15 giugno. Tutt’oggi sono in molti a chiedersi quanto l’app possa essere utile in questa Fase 3 in cui il virus sembra perdere giorno dopo giorno la propria contagiosità.

Dubbi. I dubbi sull’efficacia di Immuni sono dati soprattutto dal limitato numero di download: solo 4 milioni di persone hanno l’applicazione sul proprio smartphone. Tra i milanesi, la percezione dominante è anche quella di una scarsa consapevolezza della sua utilità ed ed efficacia: la maggior parte degli intervistati si è dichiarata non interessata all’app e ha reputato la campagna d’informazione sulle modalità di utilizzo carente ed equivoca, soprattutto per quanto riguarda il tema della protezione dei dati. Pochi giorni fa la ministra per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione, Paola Pisano, ha spiegato che il governo non è ancora «entrato nel vivo della campagna di comunicazione» su Immuni, ma non ha fornito molte altre informazioni su piani e tempi per promuovere in modo più diretto l’impiego dell’applicazione. Insomma, un futuro che sa già di vecchio.

10 domande a… Stefano Zanero, Professore Associato al DEIB del Politecnico

Stefano Zanero è un professore associato del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB) del Politecnico di Milano. I suoi ambiti di ricerca si sono spesso orientati verso la sicurezza informatica, tema centrale nella breve storia di Immuni: «Ma bisogna partire dalle disposizioni collaterali», spiega a Mi-Tomorrow.

«App buona, manca il resto»

Stefano Zanero
Stefano Zanero

Cosa pensa dell’app Immuni?
«Credo che più che parlare delle specifiche tecniche dell’applicazione bisogna partire dal contesto in cui si sviluppa».

Ovvero?
«Immuni ha un suo senso se già precedentemente esiste un tracciamento usuale dei contatti fatto in maniera analitica, direi “manuale”. In un contesto del genere l’app diventa utile come complemento».

Chi dovrebbe occuparsi di questo tracciamento analitico?
«Il sistema sanitario. Quando ad esempio sentiamo parlare di “modello Veneto”, non dobbiamo pensare che Crisanti abbia fatto dei miracoli. Semplicemente è stato applicato un tracciamento manuale attraverso la raccolta delle informazioni relative ai contatti avuti dai contagiati e si è così limitata la diffusione».

Tutto ciò che in Lombardia non si è verificato.
«Sì. Ripeto: la tecnologia è un complemento. Ma nel caso del tracciamento uno degli elementi più importanti è la memoria: ricordarsi dove sono stato, cosa ho fatto, con chi sono venuto a contatto».

E dal punto di vista tecnico, cosa ci può dire di Immuni?
«È un’app realizzata seguendo tutti i crismi informatici e anche di riservatezza. È stata adattata sia per Android che Ios rientrando così a far parte in un sistema operativo globalizzato. Dal punto di vista tecnico è forse uno dei migliori strumenti rilasciati dalla Pubblica Amministrazione».

Sta mancando la giusta informazione intorno ad Immuni?
«Noi italiani siamo molto bravi ad improvvisare, ma ci manca il saper applicare il processo».

Ovvero?
«Metta caso che lei riceva un alert attraverso Immuni. Dovrebbe di conseguenza contattare il suo medico di base, che probabilmente non le potrà suggerire altro che mettersi in quarantena. Non saprà se e quando sarà sottoposto a tampone. Non avrà delle garanzie che la incentiveranno a restare isolato a casa: il suo datore di lavoro le riconoscerà la malattia per i giorni in quarantena? Se vive con più persone, qualcuno le metterà a disposizione ad esempio un albergo per passare la quarantena?».

Insomma, manca tutto un contorno di disposizioni.
«Se tutti gli effetti venissero spiegati in maniera semplice ed esaustiva, se fosse appunto applicato un processo che tenga in considerazione ogni variante, molto probabilmente la gente scaricherebbe Immuni con più facilità».

Molte regioni hanno sviluppato app parallele sul coronavirus. Non è tutto ciò fonte di confusione?
«Direi di sì, se lei pensa che qui abbiamo AllertaLom che è l’app delle “valanghe” e del “coronavirus”. Pochi giorni fa in Sicilia è stata rilasciata un’app per i turisti stranieri. Non sarebbe stato più semplice invitarli a scaricare Immuni?».

Il contact tracing sta funzionando all’estero?
«Come le spiegavo prima, funziona sempre come complemento. Ad esempio in Corea, dove il tracciamento sembra funzionare meglio, non si sono ottenuti certi risultati grazie allo sviluppo di un’app: il governo ha assunto gruppi di investigatori che hanno seguito i contagiati e perfino controllato i loro conti bancari. Una cosa che, nonostante l’efficacia, per fortuna da noi sarebbe inammissibile».

Immuni
Immuni

Immuni: 3 miti da sfatare

Batteria
Mantenere l’app sempre attiva non comporta un dispendio maggiore di energia della batteria dello smartphone

Bluetooth
L’app funziona tramite il Bluetooth. Di conseguenza, se viene disattivato oppure se viene attivata la “modalità aereo”, Immuni smetterà di ricevere informazioni sui possibili contatti presenti

Gps
Molti utenti in possesso di uno smartphone Android si sono lamentati dell’attivazione del Gps durante l’utilizzo di Immuni. In realtà l’app funziona solo con il Bluetooth, ma il sistema operativo Android per rilevare la posizione attiva automaticamente anche il Gps. In sostanza, è un problema del sistema operativo e non dell’app

Le voci raccolte da Fabio Implicito

Svetlana Sokolova
Svetlana Sokolova

«Non ho fiducia»
Svetlana Sokolova, 49 anni
Casalinga

«Detto tra noi: non ho fiducia. La reputo troppo invasiva, come se fosse una forma di controllo sulle nostre vite. Solitamente effettuo già una selezione personale fra le app che utilizzo: ho sul telefono solo quelle che reputo essenziali. Non mi va di dare i miei dati in giro per poi ritrovarmi sommersa dalla pubblicità. Questo certamente non significa che non mi attenga a tutte le disposizioni del Governo relative al coronavirus, ma purtroppo non trovo Immuni un’app utile».

Giuseppe Spisso
Giuseppe Spisso

«Non è un paese per giovani»
Giuseppe Spisso, 19 anni
Studente

«Un sistema di contact tracing per essere efficiente deve essere utilizzato da più persone contemporaneamente. Immuni è stata scaricata da pochissime persone. I motivi credo che siano più psicologici che altro: vedo molta gente in paranoia. Se ci fossero più giovani, probabilmente la diffusione sarebbe stata maggiore ed avremmo ottenuto una copertura importante come in Cina. Io personalmente l’ho scaricata, ma nonostante la tenga sempre attiva non ho mai ricevuto una notifica».

Leonardo Giuriato
Leonardo Giuriato

«Realtà di provincia»
Leonardo Giuriato, 18 anni
Studente

«Personalmente non l’ho scaricata. Vengo da una piccola realtà di provincia, in cui siamo pochissimi abitanti e ci conosciamo tutti tra noi. Proprio per questo motivo non ho considerato utile il download. Non credo sia determinante il tracciamento in una realtà dalle dimensioni ridotte: si può tenere tutto sotto controllo con altri mezzi. Per quanto riguarda il dibattito sui dati, invece, sono sicuro che i progettatori abbiano pensato anche a questo aspetto garantendo la privacy degli utenti».

Luciano Bertorello
Luciano Bertorello

«Serve più senso pratico»
Luciano Bertorello, 59 anni
In cerca di occupazione

«Non è utile con una così scarsa diffusione. Se pensiamo che una app celebre e conosciuta come Whatsapp ha una copertura pari solo al 35-40% della popolazione, diventa difficile immaginare che Immuni possa raggiungere e superare certe soglie per risultare efficace. Al momento l’hanno scaricata 8 persone su 100: dove vogliamo andare? C’è stato troppo terrorismo psicologico sul tema della privacy,  mentre sarebbe servito semplicemente un maggior senso pratico».

Gianpaolo Prandoni
Gianpaolo Prandoni

«App semplice e utile»
Gianpaolo Prandoni, 51 anni
Meccatronico

«Ho scaricato l’app Immuni un mese fa, la trovo particolarmente utile e semplice da utilizzare. A causa del mio lavoro mi ritrovo spesso a girare per l’Italia venendo a contatto con molte persone e devo ammettere che l’app mi dà una sicurezza in più. Credo sia superficiale il dibattito intorno ai dati, anche perché funziona in forma completamente anonima. Da quando la utilizzo ho ricevuto un paio di avvisi, ma la cosa non mi ha preoccupato: basta rispettare le prescrizioni anti-Covid».

Carmine Centracchio
Carmine Centracchio

«Sono in osservazione»
Carmine Centracchio, 37 anni
Poliziotto

«Non ho ancora scaricato Immuni. Diciamo che sono in fase di osservazione: fino a quando non ci saranno abbastanza download l’app non servirà a nulla. Bisogna arrivare ad una copertura di almeno il 50% della popolazione. Quando si arriverà a certi numeri, la scaricherò anch’io. Ovviamente sta influendo molto sull’utilizzo dell’app la questione relativa alla diffusione dei dati, una protesta che non ha senso di essere, ma che comunque sta condizionando tantissimi potenziali utenti».

Nabil Fedarous
Nabil Fedarous

«Siamo un po’ ignoranti»
Nabil Fedarous, 53 anni
Tecnico informatico

«Ho scaricato l’app Immuni subito dopo il rilascio, ma ammetto di non aver capito ancora come funzioni. Non ho mai ricevuto alcuna segnalazione. Penso di essere uno dei pochi ad averla scaricata: tra i miei amici non conosco nessuno che abbia effettuato il download. Se non raggiungiamo una copertura del 70% come possiamo pensare che l’app riesca a tracciare in maniera efficace come in Corea e in Cina? Siamo un po’ ignoranti. E la campagna informativa non è stata sufficiente».

Anna Parrilla
Anna Parrilla

«M’informerò meglio»
Anna Parrilla, 44 anni
Consulente commerciale

«Non ho ancora scaricato l’app Immuni perché sono diffidente soprattutto in merito al tema della gestione del dato. Non mi sembra che sia in linea con la normativa relativa al Gdpr. Prima di effettuare il download voglio assolutamente informarmi meglio. La campagna d’informazione intorno ad Immuni è stata a mio parere latente ed equivoca scatenando i miei stessi timori a molte altre persone. Certamente vorrei dare il mio contributo nel tracciare il virus, ma servono ulteriori garanzie».