Millennials, l’allarme dell’Istituto Toniolo: «Rischiamo di perdere un lavoratore su cinque»

millennials
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Si chiamano Millennials perché sulla carta d’identità, alla voce “data di nascita”, riportano una data non antecedente al 1° gennaio 2000.

 

Questo significa che una prima infornata tra i giovanissimi odierni sta cominciando ad avvicinarsi al mondo del lavoro, mentre un’altra sostanziosa frazione ha appena concluso il percorso delle superiori o è appena entrata in Università. A tutti loro guarda l’Istituto Toniolo, con il progetto chiamato Laboratorio Futuro.

Come tale, guarda al domani, a chi il Paese dovrà costruirlo e rischia di non avere gli strumenti necessari per modellare l’Italia secondo le migliori intenzioni possibili. I dati al momento testimoniano che, senza un deciso cambio di rotta, sarà difficile garantire tali basi. All’interno del progetto è stato appena pubblicato in merito lo studio “Un buco nero nella forza lavoro”.

Gli autori sono Alessandro Rosina, coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, con Mirko Altimari, docente di Diritto del Lavoro della Facoltà di Economia dell’Università Cattolica, che a Mi-Tomorrow dipinge un quadro della situazione preoccupante: «Questo report è il primo di una serie di lavori di ricerca che ha l’ambizione di trattare temi centrali nel dibattito politico e sociale. L’obiettivo si deve all’Istituto Toniolo, l’ente fondatore dell’università Cattolica. Il progetto Laboratorio Futuro si colloca sulla scia del Rapporto Giovani, pubblicato ormai dal 2012: sotto la direzione del professor Rosina è diventato il più ricco e completo osservatorio sulla realtà giovanile in Italia. L’ambizione è quella di offrire ricerche inedite e proiettate al futuro prossimo per offrire spunti di riflessione e possibili proposte all’opinione pubblica e nei confronti del decisore politico, nazionale e locale».

Mirko Altimari
Mirko Altimari

Cosa riporta questa ricerca, più nello specifico?
«Si propone di indagare in maniera il più possibile divulgativa, ma al contempo con solide basi scientifiche, come sarà il mercato del lavoro italiano nei prossimi dieci anni. Il rischio, paventato nei vari scenari prospettati, è che la combinazione tra riduzione demografica tra gli attuali millenials insieme a deboli percorsi professionali porti a conseguenze estremamente negative».

Di che numeri stiamo parlando?
«Si rischia di perdere un lavoratore su cinque nella – futura – classe di età dei quarantenni, vale a dire il motore trainante della crescita di un Paese».

Quali potrebbero essere gli interventi auspicabili?
«I problemi sono complessi e talvolta atavici. Quelli di cui mi sono maggiormente occupato nella ricerca riguardano la carenza delle nostre politiche attive per il lavoro, che passa senz’altro dalla scarsità di risorse investite rispetto ad altri Paesi europei. L’approccio burocratico-amministrativo talvolta fa sì che il disoccupato sia più una pratica da evadere che un cittadino da aiutare e supportare all’interno di un mercato del lavoro che cambia in maniera estremamente veloce. Anche aspetti in apparenza secondari, come il tema delle infrastrutture informatiche, si rivelano in realtà un problema talvolta insormontabile».

Immaginando che determinati provvedimenti vengano presi nell’immediato, in che tempi potremmo vedere i primi effetti?
«Siamo ben consapevoli che non ci sia una bacchetta magica. La realtà è complessa, occorrono strumenti adeguati per conoscerla e per offrire spunti e scenari per il futuro. Di sicuro bisogna uscire da una logica del “presentismo” o degli interventi spot per entrare in una logica di sistema».

Ovvero?
«Basta pensare alle politiche in tema di conciliazione vita-lavoro, al tema degli asili nido e via discorrendo. Probabilmente ci vorrà del tempo per vedere dei risultati, ma è l’unica strada da percorrere».

Cosa può fare chi, come i semplici cittadini, non ha il potere di legiferare?
«La ricerca prospetta diversi scenari da qui a dieci anni: sta all’opinione pubblica far propri questi temi ormai ineludibili e al decisore pubblico decidere quale strada percorrere. Sapendo che si tratta di decisioni che potenzialmente ipotecano il futuro di intere generazioni di cittadini».

IL FENOMENO

Cicciogamer
Cicciogamer

Milioni di click,
milioni di euro
«Lei lo sa chi è Cicciogamer?». La domanda è piovuta in diretta tv sulla testa dell’ex Ministro del Lavoro, Elsa Fornero, da parte del giornalista Gianluigi Nuzzi e ha fatto il giro del web dando ancora più visibilità a chi sulla rete ha già un successo tale da garantire guadagni per milioni di euro.

Se da un lato la ricerca dell’Istituto Toniolo sui Millenials mostra un quadro preoccupante, dall’altro c’è una ristretta élite che ha trovato il modo per garantirsi un futuro attraverso una figura “professionale” del tutto nuova, quella dello Youtuber. A questa appartiene Cicciogamer89, il cui vero nome è Mirko Alessandrini. La Fornero ha ammesso di non conoscerlo e in effetti il target a cui si rivolge è prettamente adolescenziale. Uno dei temi più trattati è quello del gaming, ma non è il solo.

Capostipite degli Youtuber in Italia è Favij, che sul proprio canale conta 5 milioni e mezzo di iscritti e ha collezionato circa 3 miliardi di visualizzazioni. Anche se mancano dei dati certi, si stima che ogni milione di visualizzazione valga circa mille euro.

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LA POLEMICA

Il nuovo corso di laurea
Il nuovo corso di laurea

Chi vuol essere
Chiara Ferragni?
Un corso di laurea per diventare influencer. L’idea è venuta a E-Campus, uno dei principali atenei online in Italia con oltre 30mila iscritti, che ha creato un indirizzo specifico di Scienze della comunicazione all’interno della facoltà di Giurisprudenza.

Obiettivo: fornire «le competenze e gli strumenti necessari per affrontare adeguatamente quello che potremmo definire il nuovo marketing, quello social, “influenzale”, che sta progressivamente scalzando il marketing tradizionale», secondo quanto riporta proprio il sito dell’Università.

«Questo corso di laurea – si legge ancora – ha l’obiettivo di preparare una figura in grado di esercitare la propria attività in maniera professionale, svincolandosi da quella mancanza di rigore e dall’utilizzo di cattive pratiche che penalizzano chi aspira al ruolo di influencer ma non ha un’adeguata preparazione per avvicinarsi con competenza a questo settore».

Costo del corso: 3.900 euro per il primo anno, ma per chi ha conseguito la maturità con un punteggio di 90/100 è previsto uno sconto di 1.000 euro. Nessuna lezione frontale, trattandosi di lezioni per via telematica. Attualmente non è previsto alcun test d’ingresso.

VOX POPULI
di Fabio Implicito

Alessia Venturini
Alessia Venturini

«Cerco un posto al sole»
Alessia Venturini
21 anni, barista
«Al momento lavoro come barista. Mi accontento di fare questo, ma se dovessi pensare al mio futuro le prospettive che mi vengono in mente sono davvero poche. Credo che l’unica soluzione sia, ad un certo punto, andarsene da qui. Magari non per sempre, ma almeno per un periodo. Non ho un’idea ben chiara di dove andare, ma sceglierei certamente un posto caldo. Con il sole la gente almeno è più felice e decisamente più ottimista. Tutt’altra vita rispetto al grigiore di qui».

Carolina Gasparini
Carolina Gasparini

«Maledette raccomandazioni»
Carolina Gasparini
20 anni, laureanda in beni culturali
«Ad essere sincera non ho una gran fiducia nel futuro. Mi sto laureando in scienze dei beni culturali e mi piacerebbe un giorno riuscire ad entrare nel mondo dell’insegnamento oppure prestare servizio in qualche museo. Purtroppo nel mio campo ho la sensazione che il trovare un posto di lavoro stabile sia sempre legato ad una vecchia storia italiana, quelle delle raccomandazioni. Se conosci qualcuno di un certo livello, la tua strada sarà meno difficile. Proprio per questo motivo mi piacerebbe fare un’esperienza all’estero».

Antonio Migali
Antonio Migali

«Rimboccarsi le maniche»
Antonio Migali
21 anni, laureando in scienze politiche
«Io credo che esistano delle opportunità lavorative in Italia. Ultimamente ci sono sempre più offerte. Credo che basti avere pazienza e rimboccarsi le maniche. Non arrendersi davanti alle prime porte in faccia ed essere ostinati nella ricerca. Prima o poi qualcosa salta fuori anche qui, senza bisogno di emigrare all’estero. Io sono fiducioso: continuo soddisfatto il mio percorso di studi e, una volta terminata la triennale e successivamente la magistrale, sono convinto che avrò l’opportunità di trovare lavoro nel pubblico o nel privato».

Beatrice Bonizzoni
Beatrice Bonizzoni

«Meglio all’estero»
Beatrice Bonizzoni
21 anni, laureanda in Giurisprudenza
«Mi sto laureando in Giurisprudenza e, detto molto sinceramente, non ho alcuna fiducia nel futuro in Italia. Non ho un’esperienza diretta con il mondo del lavoro, ma vedo le difficoltà che affrontano tanti miei colleghi. Una volta terminati gli studi, vorrei andare a specializzarmi all’estero. Non ho ancora un’idea ben precisa di dove, ma le mete principali probabilmente saranno l’Inghilterra o la Germania. Mi dispiace dirlo, ma all’estero il trattamento riservato a noi laureati è di gran lunga migliore».


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