La quarantena dello Spiderman di Milano: «Se guardi dall’alto, non esistono più confini»

In un momento così delicato, c’è ancora più voglia di bellezza: lo sa bene Dimitar Harizanov, lo Spiderman di Milano, che per lavoro si cala dai grattacieli. E fotografa sogni.

Lui, scherzosamente, si definisce “Spiderman di Milano”. Ma il suo lavoro ha poco o nulla a che fare con pericolose acrobazie. Dimitar Harizanov è un professionista serio, operatore e soccorritore di alto livello. Alto, in tutti i sensi. Ha portato a compimento parecchie missioni, fra cui trasportare e sistemare la copia della Madonnina in cima alla Torre Allianz. Da quattro anni sono attivi il profilo Instagram @mitaka_neverdead e il sito spidermandimilano.com, sui quali condivide le sue foto “ad alta quota”, scattate mentre è appeso ai grattacieli della città.

 

 

Lo Spiderman di Milano, nato 34 anni fa a Sofia, in Bulgaria, vive a Milano da sei anni e si sente cittadino del mondo: «Non scegliamo dove nasciamo – racconta a Mi-Tomorrow ­­-, ma scegliamo come cresciamo. Lo riscopro ogni giorno, appeso sui grattacieli: quando hai una visione dall’alto non esistono più confini. Solo una lunga distesa di terra, acqua e nuvole». Un’eleganza di pensiero che Dimitar, una vera montagna di muscoli, esprime anche nei suoi hobby: fotografia, musica, poesia e videomaking.

Spiderman di Milano
Spiderman di Milano

Spiderman di Milano, l’intervista

Qual è esattamente il tuo lavoro?
«Sono un operatore su corde. Ho accesso a luoghi piuttosto alti per lavori di manutenzione, valuto i rischi di queste operazioni e conosco molte manovre di salvataggio da utilizzare in casi estremi. Spesso, capita che la preparazione duri quattro giorni e per l’intervento vero e proprio ci impieghi un paio d’ore».

È molto pericoloso?
«È pericoloso se non conosci i rischi e tutto ciò che serve a prevenirli».

Come si diventa operatore su corde?
«Esistono corsi specifici su tre livelli chiamati I.R.A.T.A. e, per passare al livello successivo, servono molte ore di studio, mille ore di pratica in tre anni e un tirocinio con operatori d’esperienza nel settore. Se per sei mesi smetti di lavorare, devi rifare l’intero corso. Si tratta di corsi altamente specializzanti nati negli anni Ottanta per il personale delle piattaforme petrolifere. Le specifiche, i termini e le indicazioni servono anche per uniformare i gap linguistici. Lavoriamo a stretto contatto con ingegneri e altre professionalità, per far sì che i rischi siano pari a zero».

Come fai?
«È un mestiere che presuppone continua pratica e aggiornamento: prima arriva la nostra sicurezza e poi tutto il resto. È molto importante non abituarsi a nulla, ma essere sempre attenti e lucidi su ciò che stiamo facendo. Un piccolo errore può causare conseguenze gravissime».

Non hai mai paura?
«Sempre: è indispensabile nel mio lavoro. Quando impariamo qualcosa, allo stesso tempo capiamo a cosa dobbiamo fare attenzione. Penso che se conosci i rischi, allora conosci bene il tuo lavoro: questa è la vera differenza tra chi fa un lavoro e chi è un vero professionista. Quando capitano incidenti durante le nostre missioni, in qualunque parte del mondo ci vengono inviati bollettini dettagliati sulle cause e tutto ciò che poteva essere fatto per evitarli. Questo per minimizzare il rischio che accada nuovamente».

Quando guardi dall’alto, non esistono più confini

Come stai vivendo la quarantena?
«Sono in stop forzato da quindici giorni, ma ho molte cose da fare: compongo musica, scrivo poesie, affino le conoscenze sulla fotografia e mi tengo aggiornato sul mio lavoro. La vita è troppo corta per non fare nulla e poi dobbiamo lasciare qualcosa alle generazioni future».

Come mai hai lasciato il tuo Paese?
«Ho lavorato in Bulgaria per nove anni e per poter crescere e migliorare, nel mio mestiere e come persona, ho scelto di lasciare il mio Paese e di trasferirmi prima in Germania e poi in Inghilterra. Mi piace essere sempre un passo avanti».

Come sei approdato Milano?
«Un collega bulgaro si è spostato qui per ricongiungersi con la madre che viveva da parecchi anni. Era talmente entusiasta che un giorno mi ha chiamato e mi ha detto: “Devi venire qui!”. Mi ha convinto subito a trasferirmi. E io, a mia volta, ho convinto un altro amico».

Lavorate ancora insieme?
«Sempre. Sono molto fortunato, perché sono un supporto nella vita e nel lavoro. Ognuno di noi ha caratteristiche e capacità differenti: siamo complementari, per adattarci al meglio alla situazione e al lavoro che dobbiamo portare a termine. Io ho un ottimo equilibrio e riesco a camminare su un cornicione di trenta centimetri, c’è chi è bravissimo a lanciare le corde e chi ha molta forza».

Cosa ti piace di Milano?
«Il suo essere sempre in movimento, sempre frenetica e in continua evoluzione. E poi è strategica: a due ore sia dal mare che dalla montagna».

Come ti tieni in allenamento?
«Faccio moltissimo sport: il mio corpo, oltre ad essere uno dei miei strumenti di lavoro, è l’unica cosa che possiedo ed è mio dovere prendermene cura».

Ad esempio?
«Adoro la montagna e faccio arrampicata e sci alpinismo. Mi piace fare slackline (un filo tirato fra due pendii o due alberi, per mettere alla prova il proprio equilibrio, ndr). Ho un livello adrenalinico piuttosto alto e non mi accontento di fare i soliti esercizi».

Quando hai iniziato a fotografare?
«Quattro anni fa ho assistito ad un’alba meravigliosa e l’ho fotografata con il cellulare. Tecnicamente non era granché e per rendere giustizia agli spettacoli della natura a cui assisto ho comprato una macchina professionale. Da autodidatta, ho imparato ad usarla. Il passo dalle immagini ai video è stato breve».

Hai esposto le tue foto?
«Ho conosciuto l’architetto Stefano Boeri tre anni fa durante un evento della Design Week: lui utilizza le mie foto del Bosco Verticale come showreel e mi ha aperto la strada per molte mostre internazionali. Diversi giornali utilizzano le mie immagini… Sono come Peter Parker».

In che senso?
«Collaboro con le redazioni ma, quando occorre, mi trasformo in Spiderman!».

Grattacieli
Grattacieli

I grattacieli scalati

Torre Unicredit
Architetto: Cesar Pelli
Altezza 231 metri
Piani: 31

Bosco Verticale
Architetto: Stefano Boeri
Altezza: 110 metri per la Torre De Castillia, 76 per la Torre Confalonieri
Piani: 26 per la Torre De Castillia, 18 per la Torre Confalonieri

Torre Solaria
Architetto: Bernardo Fort-Brescia
Altezza: 143 metri
Piani: 37+4 interrati

Torre Solea
Architetto: Caputo Partnership
Altezza: 69 metri
Piani: 15 piani

Torre Aria
Architetto: Studio Land
Altezza: 100 metri
Piani: 17 piani

Torre Diamante
Architetto: Kohn Pedersen Fox
Altezza: 140 metri
Piani: 30+4 interrati

Torre Generali
Architetto: Zaha Hadid
Altezza: 170 metri
Piani: 43 piani

Torre Allianz
Architetto: Arata Isozaki
Altezza: 209 metri
Piani: 50 piani