Coronavirus a Milano: come ci vedono all’estero?

coronavirus a milano
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Abbiamo raccolto le opinioni pervenute dal resto del mondo sulla diffusione del coronavirus a Milano: le testimonianze a Mi-Tomorrow dai Paesi più importante al mondo.

 

Coronavirus a Milano, qui New York

New York
New York

«Non capiamo perché siate diventati colpevoli nel mondo»

Davide Mamone

Nel parlare dell’emergenza coronavirus in Italia, i newyorkesi reagiscono tra il serio e il faceto. «Davvero non hanno messo in quarantena le persone che erano state in Cina, dopo averne bloccato i voli? Ma che senso ha?» si chiede Mary Rosvel, nativa del Texas e newyorkese d’adozione, ma grande amante dell’Italia. Conversare con i newyorkesi, in questi giorni, davanti a un caffè di Soho a Manhattan o a Brooklyn, significa inciampare, in un modo o in un altro sul tema coronavirus.

Del resto, tramite le cronache della stampa americana, in particolare del New York Times che ne ha dedicato l’apertura della versione online del giornale, siamo diventati famosi. Il momento del serio e del faceto, però, si ferma solitamente qui. Perché gli americani sono ben consci che il CoVid-19 arriverà anche a New York.

Giudicano, ma… Per questo, i newyorkesi a cui si parla dei supermercati vuoti di Milano, delle metropolitane deserte, delle scene di isteria e del covo nel lodigiano, tamburellano le dite sul tavolo un po’ nervosamente, si grattano la testa con i palmi delle dita, sembrano non voler giudicare poi troppo.

E riconoscono che qui, dove per qui si intende New York, potrebbe essere peggio. Sulla base di questi timori, proprio martedì, gli Stati Uniti hanno deciso di vietare ai militari americani di viaggiare nelle zone colpite dal coronavirus in Italia. Cosa accadrà domani? Non è dato saperlo. Anche se l’arrivo del virus sembra impellente.

Il timore di giudicare gli altri ce n’è, a volontà. «Non ho ben capito perché l’Italia nel giro di tre giorni sia diventata colpevole nel mondo, ma amo tutto della vostra cultura e ci verrei a vivere, coronavirus o no», dice Mike Lexington, newyorkese doc. «La mia estate a Milano di due anni fa la ricordo ancora con il sorriso».

Coronavirus a Milano, qui Stoccolma

stoccolma
stoccolma

«Sensazione bivalente: negativa e grottesca»

Marco Barzizza

Sapere come è considerata l’Italia da fuori è un modo per capire anche come ci vedono in questo momento complicato gli stranieri negli altri Paesi d’Europa, attraverso gli occhi di connazionali, magari anche concittadini, che hanno famiglia in Lombardia ma che vivono fuori per scelta di vita o lavorativa.

È il caso di Federico Iovino, originario di Pavia, che da cinque anni vive e lavora a Stoccolma presso l’Istituto Karolinska, polo di ricerca scientifico che, oltre ad ospitare la cerimonia dei Nobel, è tra i più importanti di Svezia e del vecchio continente.

«La sensazione che si ha a Stoccolma è bivalente: negativa e grottesca. Negativa perché l’Italia è l’unico paese in cui sembra che il problema coronavirus sia stato preso sottogamba – commenta da un punto di vista prettamente scientifico –. In Cina è successo mesi prima, c’era tutto il tempo di conoscere ciò che sarebbe potuto accadere in Europa».

Stile CSI. «Stando in un istituto, la percezione della comunità scientifica di Stoccolma è che una situazione del genere la si debba comprendere prima, onde evitare il moltiplicarsi del numero di infettati. Il fatto che solo in Italia ci sia questa moltitudine di casi è la dimostrazione che c’è stato qualche errore nel contenere il virus. C’è poi la parte grottesca relativa all’eccessivo allarmismo, al panico creato tra la gente.

Questo non blocca il problema, tanto che nel giro di due giorni i casi sono aumentati notevolmente. Fanno specie le foto di infermieri e poliziotti bardati come se fosse un virus letale. Qui viene visto come un comportamento eccessivo, da CSI: mascherine ovunque, la gente che ha paura di aprire le finestre per respirare l’aria fuori. Una situazione che pare, a vederla da fuori, realmente esagerata».

Coronavirus a Milano, qui Parigi

parigi
parigi

«Vediamo una copertura mediatica esagerata»

Anna Cecconello

Francia e Germania. I due Paesi più nemici-amici dell’Italia. Anche qui ci si chiede, data la vicinanza, cosa abbia portato Milano e l’Italia a dover fronteggiare una situazione simile:

«In Francia abbiamo letto che a Milano e nel Nord Italia il governo ha preso molte misure preventive per arginare la diffusione del coronavirus. La chiusura degli spazi pubblici e di incontro è una scelta certamente importante che fatico ad immaginare qui a Parigi – ammette l’architetto Clémentine Genet –. Dai video in rete e in tv, non ho avuto l’impressione di un vero panico: ho visto una giornalista che intervistava dei ragazzi al bar, i quali serenamente si dicevano poco preoccupati dal contagio avendo l’alcool come protezione».

Problema politico. «In Germania ci chiediamo perché il coronavirus possa diffondersi così velocemente in Italia – rincara Barbara Herschel, studente tedesca attualmente a Parigi –. Le misure adottate a Milano da un lato sembrano essere una risposta necessaria a un’epidemia dilagante, dall’altro una reazione al clima creato dai media.

Sarei curiosa di vedere se in Germania si possa arrivare ad adottare misure che intaccano la libertà di movimento come appunto l’isolamento di alcune zone: non riesco ad immaginarlo. In generale sono tranquilla rispetto a questo virus e penso che abbia avuto una copertura mediatica esagerata. I media tedeschi, analizzando la situazione italiana, notano soprattutto un problema politico nell’organizzazione delle contromisure».

Coronavirus a Milano, qui Berlino

berlino
berlino

«I tedeschi non sono prevenuti con noi»

Roberto Palmiero

«Sinceramente non mi sono molto informato – ammette Marco Zaccuri, italiano a Berlino –. C’è stata molta preoccupazione perché di italiani nella nostra scuola ce ne sono tanti. Avevamo un evento in programma che avrebbe raggruppato gli studenti di tutti i campus: Torino, Berlino, Dublino, Londra, Madrid, Parigi e Varsavia.

Così come era stato all’inizio con la Cina, ci hanno mandato una mail in cui ci hanno pregato di non presentarci a scuola se fossimo stati in Lombardia e Veneto negli ultimi 14 giorni. Non so dire bene come recepiscano i tedeschi l’emergenza italiana, ma in aeroporto a Berlino non ho visto nessuno con la maschera. Addirittura, ad un mio compagno in possesso di mascherina, hanno chiesto di non indossarla per evitare di creare panico e agitazione».

Quindi i tedeschi non si stanno mostrando prevenuti con gli italiani? «Devo dire di no: usano precauzioni nei confronti di coloro che sono stati nelle cosiddette zone “rosse”, ma assolutamente nessuno stigma».

Coronavirus a Milano, qui Londra

londra
londra

«La stiamo prendendo troppo alla leggera»

«Gli inglesi non stanno prendendo seriamente l’emergenza». Chiara Bonanomi ricorda che a Londra, in piena Brexit, le “priorità” sono altre: «Qui stanno consigliando a chi torna dal Nord Italia di non uscire di casa per qualche giorno, ma nessuno lo fa che io sappia. Dirò di più: una mia amica è tornata dalla Thailandia da poco e ha tutti i sintomi, ma all’ospedale la ignorano. Quindi magari qui la situazione è ancora peggiore, ma la stanno sottovalutando».

A Milano troppo e a Londra troppo poco? «Quel che è certo è che la reazione italiana è un po’ esagerata, tra mascherine e supermercati svuotati. Però, se ci sono più casi che altrove in Europa, è anche perché si sta prendendo l’emergenza seriamente. Qui non stanno facendo test e non sappiamo effettivamente quanto sia grave la situazione». RP

Coronavirus a Milano, qui Copenaghen

copenaghen
copenaghen

«Non siamo concepiti come degli appestati»

«I due principali giornali danesi parlano di questa situazione in maniera molto neutra, riportando i fatti e senza fare particolari commenti. Ma, su entrambi, il tema coronavirus in Italia era in prima pagina». In Danimarca la “ricaduta” italiana è ben fotografata da Martina Facino:

«Il principale giornale finanziario continua a sottolineare che i prezzi delle azioni locali e la borsa di Copenaghen sono calati a causa del coronavirus in Italia, altrove vengono riportate le parole del premier Conte, lodando addirittura il sistema Italia per il numero di controlli eseguiti. Certo, fa effetto che in Danimarca, dove per il momento non sono stati registrati casi, non sia stato cancellato alcun volo dall’Italia.

E non so cosa succeda a livello di controlli: un mio amico deve venire a trovarmi questo weekend e per ora la sua visita è confermata. Se i danesi hanno paura di noi italiani? Non mi sembra proprio. Chiunque ne parla in modo razionale. Non siamo concepiti come appestati». RP

Coronavirus a Milano, qui Pakpattan

coronavirus a milano
pakpattan

«Le famiglie spingono gli studenti a rientrare»

Yuri Benaglio

Situazione difficile in Pakistan, soprattutto per l’influenza dalla Cina, come spiega Muhammad Mazhar Farid:

«Tantissimi studenti pakistani studiano lì, ma il nostro governo non ha permesso loro di tornare in patria perché è complicato, per un Paese come il nostro, resistere a questo virus. In questi giorni molti altri casi sono stati rilevati in altre nazioni adiacenti al Pakistan come l’Iran, l’Afghanistan e l’India, quindi fino a qualche giorno fa si è discusso principalmente della situazione coronavirus in Asia.

Ma l’altra notte ho visto che in un talk show televisivo stavano dibattendo sui casi rilevati in Italia, sottolineando il fatto che molti studenti pakistani studiano nell’Italia del nord. Questo ha suscitato un po’ di allarme nelle nostre famiglie, che stanno chiedendo ai figli di tornare in patria dall’Italia».

Coronavirus a Milano, qui Cracovia

cracovia
cracovia

«Si parla di più di politica interna»

«Si parla dell’emergenza coronavirus in Italia, anche se i media polacchi sono più concentrati sui problemi interni, soprattutto politici». Situazione neutra in Polonia, come testimonia Jakub Taczanowski:

«Da qualche giorno le notizie sul coronavirus sono arrivate in prima pagina e nei telegiornali. Ovviamente si parla in prima linea di Milano e dell’Italia, visto che siete il Paese europeo con più casi accertati. In più siete meta turistica imprescindibile per noi e proprio domenica scorsa sono finite le vacanze invernali in alcune regioni del mio Paese: tantissimi sono rientrati dall’Italia». YB

Coronavirus a Milano, qui San Paolo

san paolo
san paolo

«Mio figlio è a Milano e siamo in pensiero»

Ivan Filannino

«Mio figlio è a Milano e ovviamente in famiglia siamo in pensiero». Maria da Penha racconta la sua preoccupazione: «Siamo rimasti impressionati dalle immagini di Milano deserta, soprattutto dagli scaffali dei supermercati svuotati. La tv ha raccontato che una zona del Nord è in quarantena con multe per chi non rispetta le regole. C’è anche la polizia a controllare i confini. Non capiamo quanto sia pericolosa la malattia, ma abbiamo visto che in Cina sono morte molte persone».