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20. 04. 2024 07:31

Dopo l’esperienza Covid Hotel l’Adriano Community Center cambia pelle: «Uniamo cura e cultura»

Ecco cosa sarà l’Adriano Community Center: Emanuel Ingrao, Ceo di Shifton, presenta il progetto che sta prendendo vita nel quartiere a nord-est della città

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Un punto di riferimento per un intero quartiere capace di soddisfare appieno le esigenze della comunità intorno a sé grazie alla relazione tra salute e cultura. Questa l’ambizione dell’Adriano Community Center che prende vita giorno dopo giorno nell’ambito del programma Lacittàintorno di Fondazione Cariplo.

A giugno sarà inaugurata la Residenza Sanitaria Assistenziale, ma il progetto prevede che la struttura si riempia anche di altre attività al servizio del quartiere nella zona nord-est di Milano.

Proprio per questo è stata lanciata una Call for Partners che si chiuderà il prossimo 30 aprile. A guidare questo processo di innovazione e rapporto con il territorio è Shifton, azienda rappresentata dal Ceo Emanuel Ingrao che spiega: «L’Adriano Community Center vuole diventare un luogo in grado di rispondere da un lato ai bisogni di cura con la Rsa e il nucleo specializzato per malati di Alzheimer e dall’altro soddisfare le necessità della comunità che gli sta intorno. La volontà del nostro committente Proges è quella di realizzare questa impresa prendendosi cura del luogo e del contesto in cui si trova».

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Quali sono gli obiettivi?
«Abbiamo elaborato un concept ambizioso. Vogliamo lavorare sul contrasto della povertà educativa delle disuguaglianze sociali e del digital divide. Vogliamo creare un luogo in grado di accogliere pubblici diversi dove le famiglie, i giovani e i neet possano trovare delle risposte ai loro bisogni».

A chi è rivolta la Call for Partners?
«A realtà imprenditoriali, profit o non-profit con comprovata esperienza nello sviluppo di servizi. L’intento è attrarre partner con nuove idee. I progetti saranno valutati da una giuria, poi ci siederemo con quelli selezionati per una seconda fase di co-progettazione. Insieme definiremo la gestione dell’Adriano Community Center. Di solito i bandi hanno linee guida ben precise, in questo caso invece siamo molto aperti e c’è flessibilità per fare in modo che siano proprio le realtà selezionate a dare un’identità all’hub».

Il centro vuole anche ospitare un luogo di cultura, una scelta che assume maggior importanza in un momento in cui la cultura sembra essere stata accantonata?
«Crediamo che la cultura sia il primo nutrimento per creare interesse attorno a un luogo come l’Adriano Community Center, non a caso il nostro tema si intitola Cura come Cultura. Cultura come Cura. Con questa call vorremmo coinvolgere realtà che hanno esperienza nella produzione, nella ricerca artistica e nella ricerca culturale per definire insieme dei nuovi format in grado di raggiungere nuovi pubblici. L’intento è proprio quello di affiancare al welfare classico, rappresentato dalla Rsa e da altri servizi, un welfare culturale che è altrettanto fondamentale nella vita di una comunità».

Nel progetto si parla anche di un format innovato rivolto alla ristorazione, a cosa avete pensato?
«Non vediamo all’interno di questo luogo una ristorazione di carattere esclusivamente commerciale, ma vediamo il cibo come strumento in grado di accogliere e di attirare. Il cibo diventa così uno strumento aggregante, immaginiamo uno spazio dove la gente possa passare, fermarsi, lavorare, fruire di una mostra o di una presentazione di un libro. Un’idea potrebbe essere quella di una cucina di comunità in cui i cittadini stessi possano accrescere le proprie competenze culinarie».

Perché il quartiere Adriano?
«Il quartiere Adriano ha delle sue peculiarità, ha una sua storia, una sua identità, una popolazione che ha vissuto delle fratture in passato e che anche dal punto di vista geografico ha delle sue caratteristiche. Ed è proprio attorno a queste caratteristiche che vogliamo costruire il nostro community hub».

È un modello replicabile anche in altre zone della città?
«Si tratta del primo esperimento di community hub in Italia che integra cura e cultura. Sicuramente può essere proposto in altre zone l’importante è che il progetto venga modellato sulla comunità che gli gravita intorno. Per creare un impatto sociale e generare un cambiamento positivo è indispensabile rispondere alle necessità delle persone a cui ci si rivolge».

Milano è una città aperta all’innovazione?
«Penso che questa città sia formidabile per la capacità di accogliere e spingere l’innovazione, ma anche di bruciarla rapidamente. A Milano possono essere sperimentate cose nuove, ma alla stessa velocità con cui vengono accolte possono poi ritrovarsi abbandonate o poco considerate».

Come è cambiata la città in questo anno di pandemia?
«Stiamo vivendo un momento di sospensione, ma penso che non appena si potrà ripartire Milano lo farà con una potenza e una determinazione ancor più forte rispetto al passato».

Shifton è molto attenta ai bisogni della gente. Oltre a salute e lavoro, quali sono le principali necessità in questo momento?
«Sembrerà scontato dirlo, ma c’è bisogno di relazioni di qualità. Dopo un periodo di introspezione forzato è un forte bisogno di comunità».

Info: adrianocommunitydays.it

 

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