Associazione Nazionale Alpini, da Milano cent’anni di rettitudine

Associazione Nazionale Alpini

Milano, 19 giugno 1919: in un’Italia ancora frastornata e dolente per le ferite della Prima guerra mondiale, in una birreria di via Foscolo, a pochi passi dal Duomo, nasce l’Associazione Nazionale Alpini su iniziativa di un gruppo di reduci. L’8 luglio l’assemblea costitutiva: i primi passi di una marcia lunghissima che prosegue ancora oggi.

C’è molta Milano nella storia degli Alpini e non è un caso che il capoluogo lombardo sia stato scelto per l’Adunata nazionale del centenario, in programma da venerdì a domenica: sarà la quarta volta dopo le edizioni del 1992, del 1972 e del 1959. Qui, come si è visto, tutto è partito un secolo fa e qui ancora oggi, in via Marsala, le penne nere hanno la loro sede, ma il rapporto stretto con la città emerge forte anche nella figura del primo presidente dell’associazione, quel Daniele Crespi, figlio più piccolo dell’industriale Cristoforo Benigno Crespi, il fondatore del villaggio operaio di Crespi d’Adda, che, dopo una laurea in Chimica industriale, due legislature da deputato e una vita piuttosto frizzantina, nel 1915, quando l’Italia entra in guerra, chiede di partire come volontario negli Alpini e di essere assegnato alla prima linea: verrà promosso per meriti di guerra e congedato con il grado di maggiore e tre medaglie al valor militare.

È solo una delle tante pagine del grande romanzo, ancora in fieri, degli Alpini, ma emblematica di quel che gli Alpini sono: una realtà variegata, fatta di persone e storie diverse, ma che si riuniscono e fondono grazie a sentimenti e valori comuni come la patria, il rispetto delle regole e il senso del dovere, l’amicizia e la solidarietà. Negli anni molte cose sono cambiate, ma gli Alpini restano un punto di riferimento: sempre in prima linea nelle fasi più difficili del nostro Paese, dal Vajont al Friuli, dall’Irpinia alla Valtellina fino ai più recenti terremoti in Centro Italia, nelle missioni all’estero, nelle azioni di cooperazione internazionale, nel volontariato. All’ombra della Madonnina sfilerà l’orgoglio per quel che è stato e l’impegno per il presente e il futuro, con quella lunga penna nera che resta un faro per il nostro Paese.

Favero (Ana): «C’è ancora speranza per questo Paese»

«Girando la Penisola, si avverte che la gente è con noi e condivide ciò che facciamo e i nostri valori». Sebastiano Favero dal 2013 è il Presidente dell’Associazione Nazionale Alpini (ana.it). A Mi-Tomorrow getta lo sguardo sul futuro del Paese.

 

Cosa significa essere Alpini?

«In primis, avere un legame stretto e inevitabile con il territorio, nel nostro caso la montagna, che aiuta a capire che da solo non ce la fai, mentre, se si sta insieme, si arriva in cima».

 

Poi?

«La volontà di aiutare il prossimo: la scintilla, in questo caso, fu il terremoto in Friuli del 1976, che colpì un territorio dove eravamo presenti e dove tanti di noi avevano fatto il servizio militare. Intervenimmo in migliaia e da quell’evento tragico stare al fianco di chi ha bisogno è diventato per noi una seconda grande regola: continuiamo a farlo, con discrezione e impegno».

 

Anche per questo gli Alpini, in un’Italia che si divide su tutto e che pare far fatica a ritrovarsi attorno a modelli condivisi, sono un punto di riferimento…

«È vero: c’è ancora la speranza di avere un’Italia unita e un’identità unica, vera, ritrovandosi, indipendentemente da posizioni religiose e politiche, attorno a riferimenti precisi e, soprattutto, capendo che, prima di chiedere, bisogna dare qualcosa».

 

Come vi vedono i giovani?

«Andiamo spesso nelle scuole, dalle elementari alle superiori, per portare il nostro messaggio e far capire chi siamo: la risposta è sempre positiva. Se ai giovani vengono date le informazioni giuste e nel modo corretto, essi riescono a capire il significato di certi valori: il problema è che oggi la società non riesce più a farlo».

 

Colpa anche dell’abolizione della leva obbligatoria?

«Credo, purtroppo, di sì. Io non dico che si dovesse per forza continuare con quel modello: ci sarebbero, però, tante altre soluzioni da mettere in atto; occasioni per dare ai ragazzi insegnamenti utili anche per il loro futuro, in primis imparare che a volte nella vita bisogna saper dire anche Signorsì!».

GLI ALPINI IN NUMERI

8,
I Reggimenti

216,
Le medaglie appuntate sul Labaro

Oltre 347.000,
I soci dell’ANA (più di 83 mila in Lombardia)

80,
Le sezioni in Italia

4.300,
I gruppi in tutto il Paese

13.000,
I volontari della Protezione Civile ANA