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25. 04. 2024 17:03

Città del Sole compie cinquant’anni: «Da noi il gioco è da sempre una cosa seria»

L’ad Grazzini: «Il genitore che viene da noi non ha bisogno di seguire le mode»

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La leggenda narra che 50 anni fa Città del sole 50 nacque per il desiderio del fondatore Carlo Basso di procurare dei trampoli ai suoi tre figli. Non trovandoli in commercio in Italia se li fece spedire da Londra dalla Galt, azienda inglese che ancora oggi figura fra i fornitori della catena di negozi italiana.

Così Basso, professore universitario, decise di mollare tutto e di aprire un punto vendita in via Meravigli per far felici i milanesi che, come lui, erano alla ricerca di giocattoli creativi, tutti rigorosamente “no gender” (come si direbbe oggi), ovvero senza distinguere fra oggetti dedicati ai bambini o alle bambine. L’unica suddivisione concessa era per fasce d’età. Da quell’8 dicembre 1972 sono passati appunto 50 anni e Città del sole – il nome è preso in prestito dall’omonima opera di Tommaso Campanella – non è mai passata di moda, mantenendo ben saldo lo slogan “il gioco è una cosa seria”.

Lo conferma Graziano Grazzini, da vent’anni amministratore delegato di Città del sole, che può contare su 85 negozi in tutta Italia, otto dei quali a Milano. L’ultimo è stato inaugurato un anno fa, in corso San Gottardo.

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Città del Sole compie 50 anni

Come festeggiate i vostri 50 anni?
«E’ già un fatto straordinario, per una società di retail che si occupa di giocattoli, essere qua dopo 50 anni e speriamo di avere tanti altri anni davanti. È tutto l’anno che con i nostri affiliati celebriamo questo evento. In questi giorni è partita una campagna social che sottolinea il carattere atemporale dei nostri giochi. Si sono succedute generazioni di bambini che sono diventati adulti e genitori a loro volta: noi selezioniamo giochi che stimolano la creatività, utilizzando materiali durevoli, ecologici e sicuri. Abbiamo anche stampato un’edizione particolare del nostro calendario (la cui illustrazione da qualche anno è scelta tramite un concorso, ndr) e dei cataloghi, dove evidenziamo i piccoli cambiamenti dei nostri prodotti di punta, che riguardano il design, i materiali e la sicurezza, ma non le funzioni originali».

Cosa è rimasto dello spirito degli anni ’70?
«Cinquant’anni fa i nostri prodotti incontravano una certa sensibilità da parte del pubblico dell’epoca: giochi che non imponevano una modalità di utilizzo al bambino, ma che ne stimolavano l’interpretazione. Poi ci sono stati gli anni della Milano da bere in cui questa iniziativa ha fatto più fatica: il mercato era più orientato verso prodotti più facili, più brillanti, che richiedevano poco sforzo creativo. Negli ultimi anni, invece, è cresciuta l’attenzione ad esempio verso i temi ambientali e così ci siamo ritrovati di nuovo al centro dell’interesse dei clienti. Il genitore che viene da noi non vuole necessariamente seguire le mode e intende essere protagonista della scelta del giocattolo per il proprio figlio».

Come avete fatto a resistere all’espansione dei videogiochi e delle nuove tecnologie?
«Noi non “criminalizziamo” nulla: le società evolvono e così la tecnologia. Da un lato l’età nella quale i bambini smettono di giocare si è molto abbassata; l’interesse verso il gioco in quanto tale sfuma sempre prima perché poi subentrano i telefonini. Ora la fascia di età più determinante per noi è la 0-6, perché sono gli adulti a scegliere. Più avanti il bambino è, invece, influenzato da internet e dalla tv. Non è stato impossibile resistere, da una parte perché siamo rimasti fermi sui nostri principi base, dall’altra perché abbiamo cercato di non essere oltranzisti non rifiutando la tecnologia in quanto tale, ma rimanendo coerenti».

citta del sole

In che modo?
«Oltre ai nostri classici giochi, proponiamo prodotti che sfruttano la tecnologia in modo intelligente. La Fabbrica delle storie, ad esempio, è un giocattolo che sfrutta la tecnologia senza l’utilizzo di uno schermo: attraverso delle manopole i bambini possono scegliere delle ambientazioni e dei personaggi, la combinazione dei quali genera storie di volta in volta diverse. Il legno rimane il nostro materiale d’elezione, proveniente da foreste certificate, ma non siamo oltranzisti: abbiamo anche prodotti in plastica, materiale riciclato o contenente elementi biologici. Cerchiamo di non tenere troppo lontano il passaggio del tempo o l’evoluzione, ma facendone un buon uso».

Come si possono attrarre i ragazzi più grandi?
«Non è facile ma, ad esempio, il 10% del nostro fatturato proviene dai giochi da tavolo, un settore che ha avuto una ripresa in particolare dopo il Covid. C’è anche una sezione con proposte legate ai fenomeni naturali».

Quali sono i vostri best seller?
«Da sempre vendiamo i classici cavallini di legno e i carrellini “trasportabili” per i più piccoli. Poi ci sono i giochi in scatola come Dixit e Doble e, negli ultimi anni, stiamo riscontrando un grande successo con i monopattini a due o tre ruote. Insomma, da Città del sole funziona un mix di rivisitazioni, prodotti classici e qualcosa di nuovo. Abbiamo lo svantaggio di non poter cavalcare il successo di prodotti di moda, ma abbiamo il vantaggio di avere una base più che solida».

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