Naviglio Grande, non si ferma l’arte di Gregorio Mancino: «Io, strumento per voi»

L’artista Gregorio Mancino è un pezzo di milanesità sull’Alzaia Naviglio Grande: «Siamo un popolo creativo, magari disordinato, ma abbiamo capito come agire»

La creatività non ha fine. E non ha limiti, nemmeno durante un’epidemia di questa portata. Lo sa bene Gregorio Mancino, artista di strada che è anche un pezzo dell’Alzaia Naviglio Grande.

 

Avete presente l’iconica porticina gialla con sopra dipinto un cuore bicolore? È sua. E senza l’Alzaia non sa stare: anche nell’ora del coprifuoco, non fatevi ingannare dal cartello “oggi chiuso” affisso sulla porta. Perché Gregorio c’è. E la sua insegna artigianale con una tromba vera e la scritta “Carica Italia” campeggia in un tripudio di colori. E di speranza.

 

Gregorio Mancino, un artista in quarantena

Mancino, la quarantena la fa nel suo studio?
«Beh, sono un artista. E un pezzo del Naviglio fa parte della mia vita, da trent’anni. La magia dell’acqua mi ha sempre appassionato, i miei nonni erano dei lavandai quindi ne sono attratto da sempre. Dobbiamo pensare che quest’acqua ha costruito il Duomo e presto tornerà anche la gente. In questo momento è importante stare a casa. Anche io rispetto le regole, in questi giorni il Naviglio è deserto proprio per questo motivo. Proviamo a seguire l’esempio della Cina, dobbiamo rispettare le regole».

Come vive questo momento un artista, sui Navigli?
«L’artista vive il mondo come fosse un gioco, alcune volte io mi dimentico di quest’emergenza e continuo a pensare sia un film. La creatività è legata al momento storico, siamo dei bambini mai cresciuti. In questi giorni particolari, se posso, mi adopero e aiuto le persone in difficoltà a fare la spesa. È importante che le persone sopra i 65 anni non escano di casa, quindi ho chiesto a chi ha bisogno per rendermi utile. È davvero importante restare a casa e uscire solo per la spesa o per le medicine importanti. I dati dei contagiati non danno grande tregua, quindi dobbiamo stare chiusi in casa».

Come si fa a caricare l’Italia in questo momento?
«In questo momento dobbiamo pensare alla salute delle persone, altri Paesi stanno sottovalutando la situazione e l’emergenza. Sono orgoglioso dell’Italia perché stiamo pensando al bene dei cittadini, questo è molto importante. Siamo italiani, creativi, magari anche disordinati però ora abbiamo capito che dobbiamo metterci del nostro. Abbiamo costruito un ospedale in pochi giorni, molte società hanno donato tantissimi soldi, quindi penso solo che dobbiamo rimboccarci le manche. E ce la faremo, sicuramente».

La sua porta è iconica anche nelle banche immagini del mondo, lo sa?
«Io ho un talento che ho condiviso con l’universo senza essere terrestre (ride, ndr). Ho sempre pensato di dedicare la mia vita ad essere uno strumento: questa è una frase di Madre Teresa. Mi emoziona e mi viene da piangere pensando a questo, noi siamo davvero uno strumento e io mi reputo tale. Nella vita non ho solo sporcato e colorato, ma ho anche dipinto ospedali, mi sono occupato dei ragazzi in carcere, mi sono dato da fare per la sicurezza nel mondo del lavoro, per i diritti delle donne. Tutto quello che mi è stato chiesto, ho fatto e mi sono adoperato».

Gregorio Mancino e la città di Milano

Lei è cresciuto con Milano.
«Che mi ha sempre aiutato in tutto, è una città magica. Qui passavano le barche, un tempo trainate da cavalli che portavano i marmi per costruire il Duomo. Questi marmi arrivavano dalla cava di Candoglia, vicino alla Svizzera. Essere artista vuol dire vivere nella normalità, anche se la mia porticina è famosa e arrivano foto da tutto il mondo. Non è questa la cosa importante, io sono solo un tramite verso l’universo».

Crede ci sia davvero solidarietà in questo momento?
«Diciamo che questo momento avvicinerà senza dubbio Milano e tutte le persone, oltre alle famiglie. E comunque sì, noto molta solidarietà tra tutti. Un amico mi ha invitato per un caffè con suo figlio, non abbiamo mai bevuto un caffè insieme. Il mio vicino, dopo tante discussioni, mi ha prestato le uova e io ora faccio lo stesso. La solidarietà in generale è un servizio che uno si deve sentire di fare, si può compiere per interesse o perché si affronta la vita».

Che messaggio sente di lanciare ai suoi concittadini?
«L’energia non deve mancare perché le difese immunitarie sono legate anche a quest’energia. Dobbiamo trovare l’emozione in ogni singolo momento perché riusciremo a rivivere delle cose che mai avremmo pensato di provare. Il tempo è la chiave di tutto, diventeremo padroni del nostro tempo e ci renderemo conto dell’importanza dell’affetto delle persone. In questo momento abbiamo bisogno di reagire, senza rinunciare alle energie. Non perderemo l’orgoglio di essere italiani, in questo caso milanesi. Milano vincerà la guerra contro questo virus: è la città che ora deve reagire e ce la farà, ne sono certo».

gregorio mancino
gregorio mancino