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19. 04. 2024 14:40

Jonathan Bazzi e la personale “vittoria” al Premio Strega: «Temevo di passare in sordina, invece…»

«Le tematiche affrontate rischiavano di farlo considerare un libro testimonianza, poi sono arrivati i riconoscimenti»

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La 74esima edizione del Premio Strega, assegnato a Sandro Veronesi, ha avuto una sestina di finalisti, invece di una cinquina. Era già accaduto in altre sette edizioni, ma per la prima volta il comitato direttivo della Fondazione Goffredo e Maria Bellonci, che gestisce il Premio, ha utilizzato la clausola di salvaguardia, che prevede l’inserimento di un autore pubblicato da un piccolo e medio editore: è stato così selezionato Jonathan Bazzi con Febbre (Fandango Libri), che si è piazzato al sesto posto raccogliendo 50 voti.

 

Il rozzanese Jonathan Bazzi con Febbre è arrivato sesto alla finale al Premio Strega

Trentacinque anni, di Rozzano, Jonathan Bazzi arriva al cospetto del più importante premio letterario italiano con un’opera prima, che a poco più di un anno dalla pubblicazione ha già collezionato il titolo di “Libro dell’Anno” della trasmissione di Rai Radio3 Fahrenheit e il Premio Bagutta Opera Prima.

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Febbre. La febbre del titolo è quella che viene a Jonathan, protagonista di quest’opera autobiografica: non gli passa per mesi e attraverso la paranoia di un malessere fisico lo accompagna a raccontare l’arrivo alla diagnosi di HIV, con un’altalena del tempo fra il presente milanese e l’infanzia vissuta a Rozzano che ci fa sprofondare in una sorta di Bronx del nord Italia, dove per un bambino essere se stesso – studioso, balbuziente, emotivo, gay – significa diventare invisibile per poter sopravvivere.

Jonathan Bazzi, Febbre - © Premio Strega Musacchio, Ianniello Pasqualini
Jonathan Bazzi, Febbre – © Premio Strega Musacchio, Ianniello Pasqualini

Cosa ti aspettavi quando hai pubblicato Febbre?
«Avevo paura che potesse passare in sordina, anche per le sue caratteristiche che rischiavano di rilegarlo all’interno di una certa comunità e far scattare una serie di pre-interpretazioni che non ne avrebbero agevolato la diffusione. Invece si è visto subito che c’era interesse, perché siamo andati in ristampa in meno di due settimane, ma i riconoscimenti da parte dell’ambiente editoriale e della critica ci hanno messo un po’ ad arrivare. Sia per il fatto di essere con un piccolo editore, sia per le tematiche, che rischiavano di farlo considerare un libro testimonianza, un prodotto non letterario. Poi quando hanno iniziato ad arrivare i premi, tutto ha preso un’intonazione diversa».

Febbre è un libro che si legge in maniera febbrile perché è potente, ma sa accarezzare con delicatezza: come descriveresti il tuo stile?
«La mia scrittura si è intonata ad un registro che cerca di aderire all’esperienza e alla forma del pensiero. Una cosa a cui tengo tantissimo è il ritmo e da questo punto di vista mi distacco un po’ dalla gran parte della produzione di narrativa, perché la mia condensazione a tratti si sposta verso altre forme di scrittura, che possono essere la lingua dei social o della messaggistica, poi in altri momenti la lingua poetica, poche parole scelte e accostate su base sonora e ritmica. Mi piace questa cosa, scrivere in prosa con una lingua nuova. Il mio modo di scrivere spero sia in sintonia con il nostro tempo, senza guardare ai maestri del passato cercando di replicarne la voce».

Rozzano è un personaggio con il quale il protagonista deve fare i conti. Milano è quell’altra, l’amante. Credi che la metropoli meneghina possa esistere senza le sua Rozzano?
«È una questione di sguardo. Appurato che c’è una differenza di atmosfera emotiva e psichica tra le due realtà, il mio sguardo su Milano quando abitavo a Rozzano era idealizzante. Però una volta trasferito ho cominciato a conoscere meglio Milano e ad accorgermi delle tracce di Rozzano dentro di lei, di quelle stesse qualità, più diluite, mischiate ad altro, ma Milano stessa ha al suo interno delle zone di periferia molto simili, come Baggio o Giambellino».

Febbre diventerà un film. Che effetto ti fa?
«Era una mia speranza quindi sono contentissimo, perché i diritti sono stati acquisiti da Cross Production, che è la casa di produzione di Skam Italia, secondo me è il prodotto seriale italiano migliore che sia uscito. Fatto con una visione e una sensibilità molto interessanti, molto lucide e assolutamente affini allo spirito del mio libro. Poi il film sarà un’altra cosa dal libro, da vivere con un’altra sensibilità e sono ben felice di intrecciare le cose che creo con lo sguardo e la creatività di qualcun’altro».

L’apertura di Milano sul tema dei diritti civili degli omosessuali è una caratteristica innata della città?
«Molto può essere ancora fatto e sicuramente ci sono degli aspetti di convenienza e occasione politica o commerciale. Però io vengo da un posto in cui la qualità dell’aria e dell’atmosfera emotiva è molto diversa. Per me Milano ha le più ampie caratteristiche di apertura in Italia».

Sestina Strega 2020 - © Premio Strega Musacchio, Ianniello Pasqualini
Sestina Strega 2020 – © Premio Strega Musacchio, Ianniello Pasqualini

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