Marco Bellocchio, dalla Laurea Magistrale honoris causa all’attesa da Oscar

Un nuovo, meritato riconoscimento. In attesa di qualcosa di ancora più grande. Ma con la notte degli Oscar ancora lontana, Marco Bellocchio può intanto celebrare la consegna della Laurea Magistrale honoris causa che l’Università IULM ha deciso di conferirgli in Televisione, Cinema e New Media, con una speciale Laudatio riconosciuta dal Rettore Gianni Canova dal titolo Immagini che ci guardano, immagini che ci riguardano.

 

La Laurea Magistrale ad honorem è solo l’ultimo dei pregiati riconoscimenti al regista – la cui opera attraversa più di cinquant’anni del nostro cinema e della storia del nostro Paese con uno sguardo sempre attento dentro le piaghe ancora aperte della nostra alle società – dopo il Leone d’oro alla carriera assegnato dalla Mostra del Cinema di Venezia nel 2011 e il Pardo d’onore del Festival di Locarno nel 2015.

Esponente del Nuovo cinema italiano degli anni Sessanta grazie a pellicole manifesto per il cinema italiano come Pugni in tasca (1965), Matti da slegare (1975), Marcia trionfale (1976), Buongiorno, notte (2003), Il regista di matrimoni (2006) e Vincere (2009), l’ultima coraggiosa scommessa di Bellocchio è Il traditore, ricostruzione filmica della vicenda storica del “primo pentito” Tommaso Buscetta, interpretato da Pierfrancesco Favino. Come detto, il lungometraggio è il candidato italiano alla corsa agli Oscar come Miglior film straniero (denominato da quest’anno Oscar al Miglior film internazionale). Le nomination saranno annunciate il prossimo 13 gennaio.

Maestro, cosa rappresenta per lei il conferimento di questa laurea?
«Si tratta di una grande emozione. Parlare di quello che ha rappresentato il mio lavoro fino ad oggi con tale profondità, riportando alla mente anche una serie di elementi riposti nel cassetto e perciò dimenticati, ti permette di fare un’importante riflessione sulla tua vita e sul tuo lavoro passato, presente e futuro. È tutto estremamente positivo».

Ad un mese dall’annuncio delle nomination agli Oscar, crede che l’America sia pronta ad accogliere Il Traditore?
«Difficile da dire. Quello che so è che con questo film abbiamo fatto il nostro dovere. In questo caso abbiamo a che fare con giochi molto complessi, tutto dipenderà dalla possibilità o meno di venire apprezzati dalla giuria in maniera particolare. Quando ci siamo recati lì abbiamo assistito ad un responso molto positivo, ma forse non sarà nemmeno sufficiente. Vedremo».

Il pubblico italiano, però, ne ha apprezzato la qualità.
«La presenza di una serie di tematiche civili insieme a personaggi e fatti storici hanno permesso a Il Traditore di colpire il pubblico, in particolare quello più giovane».

Inaspettatamente?
«Magari non avrei sperato nell’interesse esclusivo di un pubblico più maturo o anziano, ma di certo un riscontro così positivo da parte della fetta più giovane è stata una sorpresa. Di fatto molti ragazzi hanno visto ed apprezzato il film e questo è triplamente interessante per me, proprio perché amo la storia e vederli coinvolti talmente tanto da questa pagina italiana è un buon segno».

Quale ricordo la lega principalmente a Milano?
«Ho abitato fino a vent’anni a Piacenza e mi capitava molto spesso di passare per questa città. Iniziai la mia carriera nel mondo dello spettacolo grazie all’ammissione all’Accademia dei Filodrammatici. A causa di problemi alla voce purtroppo non riuscii a continuare questa esperienza perché divenni totalmente afono. Allora passai a Roma, che da quel momento divenne la mia città».

Come la vede oggi?
«Milano è una città pesante, nel senso positivo del termine. Anche se mi reputo effettivamente un cittadino romano, ci torno volentieri perché la ritengo una città particolarmente attraente».

foto: Colombo/Di Nunzio


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