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25. 04. 2024 23:45

Arriva il Milano Clown Festival: «Ci rivolgiamo a chi crede di essere normale»

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Fino a sabato prossimo, 9 marzo, è in programma il Milano Clown Festival: 90 artisti, 150 eventi e 21 luoghi in tutta Milano coinvolti per ridere, scherzare e riflettere. Nella scuola di via Sebenico, all’Isola, il direttore artistico della kermesse, Maurizio Accattato, forma nuovi talenti in erba.

Come mai all’ingresso della scuola c’è una sagoma di Dario Fo?
«Dario Fo è il più grande drammaturgo al mondo, tengo la sagoma perché mi devo ricordare di lui. Era un Dio, di artisti così grandi non ne abbiamo mai visti. E ha fatto tutto da autodidatta».

Perché il palazzo ha le tende tutte rosse?
«Ho convinto tutti. La mia scuola ha sede nella Sala 1 Maggio, ex balera degli anni ’50. Qui si ballava e si giocava a bocce: una scuola di circo era perfetta e infatti siamo qui dal 2002».

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Quanti studenti avete?
«Pochi. Non facciamo corsi tutti i giorni ma formiamo i ragazzi che usciranno da qui. La scuola ha 25 anni ed è nata al teatro Fontana».

Come è cambiato il Milano Clown Festival in questi 14 anni?
«Il primo festival aveva pochi posti. Questo, piazza Minniti e il teatro Verdi. Quest’anno invece ci apriamo alla solidarietà con la Casa della Carità e Casa Jannacci, piazza del Duomo, teatro Munari, Zona K, Sacro Volto, il pub Frida, il pub 24, il sagrato di Santa Maria alla Fontana, il cavalcavia Bussa e il giardino condiviso Isola Pepe Verde».

Molto all’insegna dell’Isola.
«L’Isola è il quartiere giusto. Abbiamo capito che il quartiere stava cambiando prima del cambiamento stesso. Qui sembra ancora un paese, le persone si conoscono e si salutano. L’Isola è chiusa dal cavalcavia ed è piena di locali, tutti girano qui dentro».

Come ti definiresti?
«Vengo dai centri sociali e sono un ex punk, ma collaboro con gli oratori. I preti sanno essere rivoluzionari: penso a Don Bussa, che amava il teatro e portava centinaia di ragazzi dell’Isola in colonia. Essere rivoluzionari vuol dire essere francescani».

Sì, ma chi oggi non si arricchisce e dà ai poveri?
«Noi. Abbiamo investito i soldi che non ci sono, considerando anche le misure anti-terrorismo».

Milano si è aperta al teatro di strada?
«Grazie alla giunta di Pisapia abbiamo modificato il regolamento sull’arte di strada. Oggi arrivano i risultati: Milano è la sesta città al mondo in questo settore, prima eravamo attorno al settantesimo posto».

Parlaci dell’evento.
«150 eventi, gratis e di altissimo livello con ospiti eccezionali. Il tema di quest’anno è lo stupore, dedicato a un bambino che l’anno scorso ho incontrato in piazza Duomo. Si vota per gli spettacoli: premio Bussa, premio giuria e premio del pubblico».

Chi è questo bambino?
«Si chiama Giovannino. Era incantato a guardarmi, ho pensato tanto a lui. La mamma me lo ha lasciato in braccio per un’ora, poi è venuta la nonna a riprenderlo. In Giovannino ho visto il futuro. La speranza di un mondo in cui si trova l’amore che non c’è più».

Come sono i bambini di oggi?
«Sono noiosi, si lamentano sempre. Ai bambini di oggi non basta più nulla, sono bambini libellula perché le loro emozioni vengono coperte. I genitori dovrebbero aiutarli a fare un percorso, non preparando loro il percorso. I bambini hanno mille paure. Sono già annoiati e già vecchi».

Non giochiamo più?
«No, nella normalità facciamo fatica a fare qualsiasi cosa. Poi ci chiediamo perché abbiamo bisogno di fare aperitivi o di usare la droga. Andiamo da un po’ di tempo in una direzione sbagliata. L’ideale del nostro tempo è il consumismo. Chiunque, consumando, crede di essere qualcuno».

A chi vi rivolgete?
«Chi soffre è già pronto a ricevere, chi pensa di essere normodotato ha invece bisogno di essere curato. Ci rivolgiamo ai secondi: bisogna disturbare, non chiedere il permesso. Gaber ha detto tutto in C’è solo la strada: tutti fanno finta di non aver capito che il problema siamo noi con noi stessi».

L’anno prossimo saranno quindici?
«Se l’anno prossimo non arrivano soldi io non faccio più niente. Ci siamo presi il rischio, adesso dobbiamo spaccare tutto e essere dappertutto».

Quanto ci vuole a preparare un numero?
«Per un clown è la condizione a determinare il numero. Hai bisogno di uscire da uno schema che non sopporti e per uscirne crei un clown. Il clown rappresenta il tuo vero io. Cureremo tutti per quattro giorni e poi torneremo a essere malati».

Milano Clown Festival
Fino a sabato 9 marzo
90 artisti
150 eventi
21 luoghi
milanoclownfestival.it


www.mitomorrow.it

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