Rimarranno indelebile nella nostra memoria le immagini di Milano deserta, di piazza Duomo con gli immancabili piccioni che ci cercano quasi a reclamare, loro questa volta, una fotografia.
Non abbiamo ancora idea di quando potremo tornare a girare per la città, ma due cose le sappiamo bene. La prima è che “dopo” non sarà come prima. Questo virus influenzerà, nella migliore delle ipotesi, la nostra quotidianità. Sarà difficile comportarsi nello stesso modo che abbiamo fatto per anni fino agli inizi di marzo 2020. Senza entrare nei dettagli, pensate solo a quando finalmente sarete di nuovo sotto il Duomo e qualcuno, passando lì vicino, tossirà. Dimenticherete Madonnina, sagrato e guglie per andare il più lontano possibile. Allo stesso tempo, anche senza le limitazioni che verranno messe per gli spazi al chiuso, sarà certamente più facile rispetto al passato che la fila vi scoraggi dal mettervi in coda accanto ad altri. Ovviamente sono ipotesi, idee e in cuor nostro saremmo felicissimi di sbagliare.
Post virus chi si metterà ancora in fila in Duomo?
Attesa. La seconda cosa è che Milano ci aspetta. La nostra Milano, quello delle chiese, dei palazzi, dei monumenti, dei reperti archeologici è sempre lì. Ed a dirla tutta, “loro” ne hanno passate forse anche di peggio. Dalle epidemie di peste, alle guerre mondiali, Duomo, Castello e Cenacolo sono sopravvissuti e lo faranno anche questa volta. Potranno sentire la nostra mancanza e quella dei tursti, ma sappiamo che hanno pazienza. Potessero parlare ci direbbero anche loro di stare a casa ancora per un po’: loro da lì non si spostano.
Nuovo capitolo. E’ un nuovo capitolo, tragico, della nostra storia: un altro tassello della vita di una città che nel corso dei secoli ha dovuto affrontare tragedie e problemi ma che sempre ha trovato il modo di riprendersi. Ce la faremo ancora una volta. E quando sarà possibile torneremo in piazza Duomo, sotto la Madonnina, felici come fosse la prima volta, pronti per un selfie circondati dai piccioni.
Ci vedremo in…
Casa Museo Boschi Di Stefano
Casa Museo Boschi Di Stefano è una dimora storica che conserva 1817 opere d’arte. Ci troviamo in via Giorgio Jan e di fronte a noi abbiamo un edificio ad angolo, opera del grande architetto Piero Portaluppi. La palazzina fu realizzata tra il 1929 e il 1931. Al secondo piano si trova la Casa Museo Boschi Di Stefano.
Antonio e Marieda. Gli interni del palazzo portano l’impronta del famoso architetto con le ampie vetrate, le ringhiere in stile art decò, le cornici delle finestre e le leggere asimmetrie. Questa era l’abitazione di Antonio Boschi e Marieda Di Stefano. Antonio, originario di Novara, si trasferì a Milano per frequentare il Politecnico e laurearsi in ingegneria. Lavorerà presso la Pirelli occupandosi della lavorazione e produzione della gomma. Marieda nasce a Milano nel 1901 e studia scultura presso lo studio di Luigi Amigoni. L’artista, oltre alla scultura, le insegna l’arte della lavorazione della ceramica. Marieda se ne appassiona a tal punto da aprire, più avanti negli anni, una scuola di ceramica al piano terra di via Jan. Antonio e Marieda si conoscono e si innamorano durante una vacanza a Stresa. Nel 1927 si sposano e vanno ad abitare in via Jan.
L’arte nel cuore. I due coniugi sono grandi appassionati d’arte. Frequentano gli ambienti giusti della Milano dell’epoca e, nel corso della vita, fanno propri i quadri rappresentativi della cultura artistica italiana. Nel 1968 Marieda Di Stefano viene a mancare. Antonio Boschi, sei anni dopo, deciderà di donare le opere della collezione al Comune di Milano. Nel 1974 si terrà la prima mostra della collezione Boschi Di Stefano presso il Palazzo Reale di Milano. Prima di morire Antonio Boschi fece una secondo lascito al comune di Milano. Donò tutti gli acquisti effettuati dopo la scomparsa di Marieda. La Casa Museo Boschi Di Stefano viene inaugurata nel 2003 dopo una serie di lavori volti a trasformare l’abitazione in museo. La collezione è una testimonianza straordinaria della storia dell’arte italiana del XX secolo.
Retrobottega
Scatole d’altri tempi: Cartoleria Prandelli
Siamo alla Cartoleria Prandelli, in una zona di Milano che, ad inizio ‘900, avremmo potuto trovare invasa dall’acqua dell’Olona ed attraversata dal Gamba de Legn. In una Milano che tende sempre a rinnovarsi, a volte con ansia ed affanno, più che con soave leggerezza, avere un luogo di elezione dove trovare sempre quello che si cerca, ha un valore inestimabile.
Fermata De Angeli. La cartoleria, in quel di via Parmigianino, a due passi dalla fermata della linea M1 De Angeli, custodisce ancora biglietti da visita, cartoline di Milano, scatole in cartone e carta da regalo di ispirazione londinese con una cura del dettaglio, che muove a commozione i clienti più affezionati. Negli anni qui si è difesa la qualità delle scelte e degli acquisti, adeguandoli alle esigenze di una clientela sempre in trasformazione senza mai dimenticare un sorriso o una copertina di quaderno da riservare al cucciolo di turno per il suo primo giorno di scuola.
Ieri come oggi. I quaderni in fibra di pietra e gli evidenziatori multifunzione si armonizzano perfettamente con la carta ancora tagliata a mano per una ricorrenza speciale. Ogni anno si riempiono con attenzione tutti gli zaini di piccoli e grandi studenti con i libri giusti: la precisione di Maurizio, titolare della bottega, è un marchio di fabbrica. Tutto è possibile alla Cartoleria Prandelli, grazie anche e soprattutto alla gioiosa e creativa presenza della consorte di Maurizio: compagna di vita vera e di stampe doc.
Se parla milanes
Quand la sces l’è bassa ògni stupid la passa. Letteralmente: quando la siepe è bassa, ogni stupido la scavalca. Il detto non si riferisce ad imprese ginniche, ma piuttosto agli ostacoli ed ai problemi della vita. Quando questi sono da poco, chiunque è in grado di superarli. Ben altra faccenda quando i problemi sono grandi e difficili.